“Forse, più che al congresso del Pd vuole candidarsi a segretario di Ala? Sicuramente avrebbe più chance”. La risposta muscolare della Serracchiani a Roberto Speranza – che, dopo l’appoggio di Verdini alla legge sulle unioni civili, ha chiesto il congresso anticipato del Pd – rasenta la maleducazione.
Tanto che Speranza, replicando a stretto giro sul Corriere della sera, denuncia la “troppa arroganza nel Pd”. Nella stessa intervista l’esponente della minoranza dem risponde anche alla Boschi che aveva osservato (in maniera meno irrispettosa, diciamo) di trovare “singolare che Speranza, che non ha votato l’Italicum, si preoccupi di coalizioni e maggioranze spurie”. Cioè, qual è il problema? “E’ tutto in mano all’elettorato – chiosa la Boschi – non ci sono coalizioni possibili tra il primo e il secondo turno”.
Il sospetto di Speranza però è che l’appoggio di Verdini si possa trasformare in “prospettiva politica” e cioè che – per ottenere il premio di maggioranza con il nuovo sistema elettorale – il Pd a trazione renziana sia tentato di promuovere un patto preventivo con Ala e con i centristi, a discapito della minoranza dem. Che dovrebbe acconciarsi a un ruolo subalterno, a meno che non decidesse di uscire dal Pd, cosa che Renzi ritiene molto improbabile.
“Alle prossime elezioni – chiede infatti Speranza – andiamo come centrosinistra o come partito della nazione?” Eccolo il nodo: “Il tema non è la lista o la coalizione. Potresti fare una lista unica con dentro le persone sbagliate o una coalizione con le forze politiche giuste”. E Miguel Gotor, altro esponente della minoranza dem, esplicita il concetto: “Ho difficoltà a sostituire Vendola con Verdini”.
Insomma, la faccenda è tutt’altro che semplice e, messi tra parentesi i muscoli (spiacevoli) della Serracchiani, piacerebbe – invece – ascoltare il parere di uno come Massimo D’Alema che nel 1998 fu eletto capo del governo grazie all’appoggio dell’Udr di Cossiga. Scenari e personaggi diversi, va da sé. E contesti storici non equiparabili (c’era la guerra nei Balcani). Però mi chiedo, forse sbagliando: è mai possibile che la migliore tradizione del fu Pci, il realismo togliattiano, sia incarnata oggi da Matteo Renzi? Ecco, si facciano due domande, Speranza, Gotor e – sì – anche Bersani, il mentore della “ditta”.