Le recenti scelte nella corsa per la carica di primo cittadino delle due più importanti città italiane, Milano e Roma, portano nuovamente alla luce il triste aspetto di una totale assenza di fiducia nella prestigiosa e ammirevole figura, già di weberiana memoria, del Politico di professione o, meglio ancora, di vocazione.
Nel caso milanese, le primarie dello scorso 6 e 7 Febbraio, hanno decretato come candidato Sindaco dell’area di centrosinistra, il dirigente d’azienda Beppe Sala, già eroe (o forse no, visto che ancora non vi sono dati oggettivi sul complessivo bilancio della manifestazione) di EXPO Milano 2015, in qualità di Amministratore delegato e Commissario unico della stessa esposizione universale. A Sala è stato prontamente contrapposto dal centrodestra l’uomo di impresa, con trascorsi anche nei dipartimenti economici di governo e in Confindustria, Stefano Parisi. Non due candidati espressione di vita partitica, o ancora meglio, politica tout court quindi, bensì due super manager dell’era moderna. Stesso discorso sembra valere per la Capitale, almeno per il centrodestra: il candidato proposto da Silvio Berlusconi, condiviso anche da Fratelli d’Italia, risulta essere Guido Bertolaso, figura dunque tecnica poiché già capo del Dipartimento di Protezione Civile.
L’elemento in comune che più si desidera evidenziare è proprio quello relativo all’entità di questi protagonisti in corsa, sia per la scranna di Palazzo Marino, sia per quella del Campidoglio.
Si è oggettivamente di fronte al rinnovato rifiuto o all’incapacità per la classe politica locale (e non solo) di identificare un politico professionale, cioè cresciuto, maturato per tempo a stretto contatto con l’ambiente istituzionale o di propaganda. Ambienti che, pur con i loro ovvi e variopinti difetti, portano teoricamente ad affidare la gestione della cosa pubblica a persone che vedono nella Politica la propria vocazione e attitudine.
Non sorge soltanto il quesito relativo al destino generale della classe politica italiana, con riferimento alla sua composizione e alla sua capacità attuale di guadagnarsi la credibilità, quindi la legittimità dei suoi cittadini. Avanzano anche tutta una serie di interrogativi circa le idee, i valori e le prospettive che questi candidati (pur meritevoli sul piano tecnico) potranno poi rappresentare. Quali prospettive politiche? Quali lungimiranti ed entusiasmanti visioni del futuro per Milano e per Roma si prevedono, oltre ai giustamente ricorrenti, ma al tempo stesso nauseanti, discorsi di sviluppo economico e produttivo? Quale identità e quale proiezione culturale possono derivare da questi pur eccellenti uomini del profitto? Quale visione ed essenza politica, insomma?
Certamente, il loro percorso è appena iniziato. Tanti e legittimi sono però i dubbi, nonché sicura e consapevole è la grave e rassegnata constatazione che la Politica, strettamente intesa come la nobile arte del bene comune che va oltre il solo benessere economico, registra nuovamente una reale sconfitta.
Loris Guzzetti