Qualche settimana fa, la senatrice dei Verdi Esther Benbassa giustificava in maniera cristallina l’utilizzo del velo sulle pagine del quotidiano Libération: “Il diritto di fare ciò che si vuole del proprio corpo appartiene a tutte le donne. Qualunque sia la loro confessione”. Secondo lei, non solo il diritto di portare il velo in pubblico dovrebbe essere sacrosanto, ma non sarebbe poi così tanto diverso dall’uso della minigonna, che rappresenta – sempre secondo lei – la prova tangibile della sottomissione della donna al desiderio maschile. Altro che simbolo di emancipazione femminile. Quella era solo una scusa, una trappola dei maschi: i soliti furbi; i soliti porcelloni.
Eh sì, le femministe sono cambiate. Ci sono altre priorità.
In effetti, a voler guardare le nuove collezioni di moda “velata” proposte dalle grandi marche, quella della senatrice non è una similitudine così ardita. Il hijab sta diventando proprio come “la minigonna” dell’epoca: un segno di libertà e non di oppressione. O al limite un semplice capo vestimentario come un altro da ostentare con orgoglio, come si fa con una borsa Louis Vuitton; un simbolo completamente svuotato del suo significato culturale. La legge del mercato sta riuscendo in un tipo di operazione che – purtroppo – in molti non riescono ancora a identificare: cancellare la storia degli oggetti per ampliare la fetta di mercato. Per poter vendere di più. Nel frattempo le femministe, intente nelle loro stupide battaglie sui dettagli insignificanti di tutti i giorni – tipo le pubblicità sessiste in cui la donna porta i piatti in tavola – neanche se ne accorgono. Anzi, ci abboccano.
Oggi, all’università di Sciences Po, a Parigi, è il Hijab Day. Alcuni studenti, ispirati dal fratello maggiore – il Hijab World Day dello scorso febbraio – hanno invitato tutte le studentesse ad indossare il velo per sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti della stigmatizzazione subita quotidianamente da chi lo indossa – e forse anche per prendere le distanze dal Primo ministro Manuel Valls, che invece vorrebbe vietarlo anche nelle università. Chissà, magari qualche ragazza – che non ci aveva mai pensato – ci prenderà gusto e comincerà ad indossarlo tutti i giorni. Da H&M te li buttano dietro.