Il primo presidente del Consiglio della storia che si vanta di aver vinto un referendum grazie all’invito all’astensione è riuscito nel suo intento: non accorpare il referendum alle elezioni amministrative, facendo spendere a noi italiani dei soldi in più, pur di far saltare il quorum. Tutto questo per un referendum che ritenevano inutile.
Ovviamente la questione è un po’ più complessa, mi limiterò a dire che il barile di petrolio sta intorno ai 40 dollari e il compromesso raggiunto dal governo con le aziende petrolifere ha portato a non dare nuove concessioni entro le 12 miglia, permettendo loro però di sfruttare al massimo e illimitatamente quelle già ottenute, esplorando anche in tutta l’arera per nuovi giacimenti. Questo permetterà loro di risparmiare sulle royalty, soldi che dovevano pagare superata una certa soglia di idrocarburi estratti (così invece dilungheranno negli anni l’estrazione, non raggiungendo la soglia e risparmiando un po’ di soldi a danno nostro).
Pur di far fallire il quorum si è scelta la prima data utile, si è ridotta la comunicazione e l’informazione al lumicino, abbiamo avuto Sky Tg 24 e il programma Rai Tre Agorà che hanno inizialmente detto che il voto riguardava solo le regioni che hanno chiesto il referendum, correggendo poi in qualche modo l’informazione.
Il referendum è stato sciaguratamente trasformato in un plebiscito contro Renzi, in parte anche dallo stesso. C’è chi era per il sì contro il capitalismo, l’imperialismo e quant’altro. Non si può dare qualsiasi significato si voglia a un quesito referendario, ci sono solo due opzioni: la norma tecnica da abrogare, il principio di fondo di indirizzo politico-programmatico.
Ora l’augurio è che il rafforzamento dell’esecutivo dopo questa mancata spallata di chi, come parte del Pd e del centrodestra, cercava il colpaccio non faccia venir voglia a Renzi e ai suoi di trasformare il referendum costituzionale in un plebiscito su di sé (stavolta facendo propaganda per il sì confermativo anziché per l’astensione). E sicuramente Napolitano sarà con lui, perché tutto ciò che ha fatto Napolitano è servito per avere queste riforme.
Ironia della sorte: se passano le riforme istituzionali si potrebbero organizzare referendum su vari temi per raggiungere le 800mila firme, dopo il voto che sarà il 2018 o forse il 2017. A queste elezioni sarà difficile arrivare al 60 per cento dei votanti, quindi il quorum sarebbe inferiore al 30 per cento. Quanto sarebbe bastato per vincere il cosiddetto referendum sulle trivelle e quanto basterebbe per far vincere anche i prossimi, che costringerebbero quindi i sostenitori del no a invitare al voto anziché all’astensione.
Il collega blogger su Linkiesta Fabio Brinchi Giusti fa notare che il quorum è cosa buona e giusta, perché in Slovenia con un referendum è stato abolito il matrimonio gay, approvato con generosa maggioranza dal parlamento, con una affluenza del 36 per cento. Io gli ho fatto sommessamente presente che anche con la riforma costituzionale voluta da questa maggioranza guidata dal governo Renzi sarà possibile abrogare leggi con un quorum simile, poiché sarà legato alla partecipazione alle ultime elezioni politiche (se non si raggiungono le 800mila firme o se verrà proposto dalle regioni o dai parlamentari invece resta del 50 per cento più uno). Se già nel 2013 si era scesi al 75 per cento di votanti, ora ci si aggira tra il 50 e il 60 per cento.
Perché se le elezioni portano al voto meno del 50 per cento degli elettori non dovremmo a questo punto prevedere il quorum che non permette ai partiti di entrare in Parlamento e lasciare il governo a una sorta di commissariato nazionale?
Se non si accetta l’idea che una minoranza possa decidere per gli indifferenti alla partecipazione democratica per quanto riguarda i referendum per quale motivo si può accettare un premio di maggioranza, come quello del porcellum prima e dell’Italicum poi, che fa decidere una minoranza non solo su un tema referendario ma sul futuro del Paese? Perché se le elezioni portano al voto meno del 50 per cento degli elettori non dovremmo a questo punto prevedere il quorum che non permette ai partiti di entrare in Parlamento e lasciare il governo a una sorta di commissariato nazionale? Sicuramente perché perderebbe la democrazia, appunto.
Il quorum non è sbagliato in sé ma nel meccanismo che porta a dar lo stesso valore al no e all’astensione, come in Senato astenersi dal voto equivale al no. Questo meccanismo va svuotato. Io intanto ho proposto alcune proposte per democratizzare l’Italia più di quanto non sia ora, che è poco (altrimenti non sarebbe esploso il fenomeno Cinque stelle):
– se la legge di iniziativa popolare non viene discussa e votata dal Parlamento entro 12 mesi dal deposito della stessa allora si trasforma automaticamente in un referendum propositivo;
– se un referendum abrogativo raccoglie più del 3% delle firme degli aventi diritto al voto allora non vi è quorum;
– un referendum propositivo è fattibile qualora si raggiunga almeno il 5% delle firme degli aventi diritto al voto, con quorum del 25% (oppure del 33% rispetto ai votanti delle ultime elezioni politiche).La legge di iniziativa popolare sta perdendo di senso nonostante in teoria doveva essere uno strumento potente e di facile accesso per i cittadini grazie alle “sole” 50mila firme(proporre qualcosa di costruttivo al parlamento deve essere più facile che abrogare qualcosa deciso dal parlamento). Ma se il parlamento ritarda la scelta di discuterne e mettere in votazione o addirittura dimenticandosi di farlo sostanzialmente si svuota lo strumento oltre a mancare di rispetto a tanto lavoro svolto.
Democrazia, non dimentichiamolo, significa potere del popolo, non potere dei rappresentanti del popolo o delle oligarchie.
Twitter: ema_rigitano