E’ questo il tanto discusso claim della nuova campagna scelta da Convivio per promuovere la tradizionale mostra mercato a favore di Anlaids Lombardia. Un appuntamento biennale nato da un’idea dello stilista Gianni Versace nel 1992 e che da sempre coinvolge le più grandi griffe del patinato mondo della moda.
Per chi si fosse perso la querelle che è impazzata sui social network il volto di Donatella Versace e quello di Franca Sozzani sono stati affiancati alla scritta «L’Aids è di moda» sulla locandina apparsa su Instagram per cominciare a parlare dell’evento in questione. Immediata la reazione delle due protagoniste e mentre Donatella Versace si è dissociata dal messaggio (definendo la campagna agghiacciante), Franca Sozzani ha parlato di incomprensione ma ha comunque continuato a prestare il suo volto, sottolineando l’importanza della causa.
Al di là delle reazioni delle dirette interessate, il messaggio è, naturalmente, finito nel mirino dei commenti dei social network, scatenando una accesa polemica tra chi lo ha definito irrispettoso verso i malati di HIV e chi, invece, ha voluto sottolineare il sottile gioco di parole nel claim, dove il termine moda starebbe ad indicare qualcosa di presente ed irrisolto. Come l’Aids appunto.
Punti di vista, questione di background personale e sensibilità individuali ma a prescindere dal giudizio di ognuno è innegabile che la campagna Convivio abbia raggiunto l’obiettivo di far parlare dell’evento, scegliendo di farlo in modo non tradizionale ed utilizzando, in maniera indiretta, la provocazione come “arma” e i social network come “campo di battaglia”.
L’associare prodotti e marchi (soprattutto in ambito fashion) a tematiche di rilevanza sociale è spesso usato per attrarre l’attenzione del consumatore, come avviene nel cosiddetto shock advertising che punta sull’utilizzo di immagini e concetti crudi per creare un forte impatto nei confronti dei destinatari. Tutti ricordano sicuramente le campagne di Oliviero Toscani che ha lasciato un segno nel mondo della comunicazione, attraverso lavori che non si limitavano a pubblicizzare un oggetto bensì rappresentavano un’idea, un’opinione, anticipando i tempi attraverso immagini legate a temi sociali, dal razzismo, alla pena di morte, all’anoressia.
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