Homo sum“Miracula” italiano

di Francesco Carini In un periodo storico in cui la crisi ha distrutto le speranze di migliaia di giovani costretti ad emigrare all’estero e di imprenditori che hanno dovuto chiudere le propri...

di Francesco Carini

In un periodo storico in cui la crisi ha distrutto le speranze di migliaia di giovani costretti ad emigrare all’estero e di imprenditori che hanno dovuto chiudere le proprie aziende, seppellendo sogni e speranze di una vita, a San Marco d’Alunzio, un delizioso borgo situato nei monti Nebrodi, la “San Lorenzo Confezioni” sembra non conoscere crisi e con i suoi 270 dipendenti (numero raddoppiato rispetto al 2012) si piazza fra i leader mondiali dell’alta moda. Cervello, cuore ed anima di questo autentico gioiello è Filippo Miracula.

Salve signor Miracula, come inizia la sua storia di imprenditore?

La mia storia di imprenditore è molto lunga. Comincia all’età di sette anni, quando coniugavo scuola e sartoria. A quattordici, mi sposto a Sant’Agata Militello, il paese più grande della zona e a 17 mi trasferisco all’estero, perfezionandomi in un’importante azienda del settore. Ventiquattro anni dopo finalmente torno in Sicilia ed inizia la mia avventura nell’alta moda.

Com’è stata la sua vita da emigrante?

La mia vita da emigrante è stata fin dall’inizio piena di speranza, legata al fatto di volermi migliorare per poi tornare nel mio paese, in cui non solo intendevo rimettere radici…

Volevo soprattutto riportare la speranza che io stesso avevo quando sono partito per la Svizzera.

Com’è riuscito a guadagnare la fiducia delle più importanti maison d’alta moda a livello internazionale? Si era già fatto conoscere in Svizzera?

No. Siamo partiti da zero quando siamo tornati qui in Sicilia e pian piano, attraverso il passa parola, complice anche Internet, siamo riusciti a farci conoscere in tutto il mondo. I nostri punti di forza sono: l’umiltà, l’impegno e la dedizione verso il nostro lavoro.

Quali sono le aziende di alta moda con cui collaborate?

Sono tante. Per citarne alcune, andiamo da: Armani, Zegna, Louis Vuitton, Dior fino ad arrivare ad importanti clienti giapponesi.

Come gestisce la sua impresa?

Nonostante abbiamo quasi 300 dipendenti, la nostra azienda ha mantenuto una gestione tipicamente familiare ed anche noi siamo rimasti operai, con il risultato che possiamo essere definiti come una grande famiglia.

Quindi conosce gli impiegati uno per uno?

Non solo li conosco uno per uno, ma il rapporto va aldilà di quello puramente lavorativo. Le relazioni sociali ed affettive con i nostri dipendenti sono le vere fondamenta della nostra struttura.

É un po’ ciò che le è mancato in Svizzera?

Più o meno la situazione era simile, però credo che, per fare impresa in Sicilia, tale modello sia imprescindibile.

Siamo lontani dai centri economici che contano, quindi dobbiamo sopperire con i rapporti sociali e i veri valori che contraddistinguono la nostra regione.

Quest’anno l’azienda compie trent’anni, pertanto lei è tornato in Sicilia in un periodo abbastanza turbolento per ciò che concerne la lotta alla mafia. Aveva un po’ di timore quando ha scommesso su questa realtà?

No, non ho mai avuto paura della mafia o di malavita di altro genere. Ho sempre pensato che la mafia realmente abbia interessi in altri posti. Noi ci troviamo in un tessuto umile, ma al contempo caratterizzato da piccoli centri laboriosi. Se riusciamo a creare lavoro ed occupazione, possiamo difenderci da tutto.

Come mai lavora per altre aziende e non ha deciso di puntare su un marchio proprio?

Ho deciso di non creare un marchio personale, perché fin dall’inizio ho stabilito un accordo di totale fiducia con i miei committenti, senza mettermi in concorrenza con loro. Una volta mi hanno chiesto cosa volessi fare da grande… Ed io risposi che volevo essere uno fra i più grandi imprenditori dell’abbigliamento nel settore della lavorazione per conto terzi.

Perché ha deciso di puntare proprio su San Marco d’Alunzio?

La San Lorenzo era partita a Frazzanò, paese dove sono nato. Mi dovevo spostare perché veniva a mancare la manodopera e così ho scelto San Marco per una questione legata proprio alle risorse umane. In principio è stato molto difficoltoso, però ho sempre amato l’entroterra siciliano con la sua storia e la sua cultura, ed alla fine, venticinque anni fa, le mie radici di contadino mi hanno fatto scegliere questo bellissimo borgo, dove credo si possa fare sempre di più.

Quali sono le attività collaterali alla San Lorenzo?

Fin dalla sua nascita, la San Lorenzo si è sempre occupata di sociale, prendendosi cura delle fasce più deboli della popolazione. Abbiamo creato due centri di riabilitazione, il primo qui a San Marco, Villa Pacis, il secondo a Capo d’Orlando e ce ne sarà un altro a Sant’Agata Militello, con l’obiettivo futuro di crearne uno diffuso, per una zona che merita tanto.

Ma queste iniziative legate al settore sociosanitario solo a favore della terza età?

Quelle sopracitate sì, ma per le fasce più giovani cercheremo di dar vita ad un centro di riabilitazione del disabile per dare sostegno alle rispettive famiglie. E ciò avverrà grazie al sostegno diretto della San Lorenzo.

Oltre a dipendenti dell’hinterland, lei ha impiegato anche cittadini rumeni. Qual’è il motivo di tale scelta?

Guardi, attorno al 2009, con la pesante crisi economica che ci ha colpito, abbiamo deciso di comune accordo con i nostri partner di attuare questa politica. Abbiamo creato integrazione portando manodopera e venticinque famiglie dalla Romania. E dopo sei anni, possiamo dire di aver rimesso in moto l’affitto delle case e l’asilo, ridando nuova vita a San Marco, un borgo che ha saputo mescolare per bene nella sua storia le eredità dei vari popoli. Peraltro, all’interno della Comunità Europea non possiamo neanche parlare di stranieri, dato che in certi settori sono più avanti di noi…

Quali sono gli step più importanti attraverso cui questi lavoratori si stanno integrando? E qual è l’effetto sul comune?

Questi cittadini si sono integrati bene grazie alla scuola e ai corsi serali di lingua e cultura italiana tenuti dalla scuola pubblica “Marconi” di Sant’Agata Militello su iniziativa nostra, all’interno della nostra azienda. Abbiamo proprio creato un’aula all’interno della San Lorenzo. I docenti si spostano e vengono qui per insegnare, facendo in modo che questi impiegati non debbano fare chilometri per imparare.

Il paese si sta rinnovando e arricchendo, dal momento che abbiamo organizzato scambi culturali e feste, mettendo a disposizione, di comune accordo con le autorità ecclesiastiche, la Chiesa di San Basilio, dove si celebra una volta al mese una messa secondo rito ortodosso. Si può dire che abbiamo realizzato una sorta di globalizzazione al contrario.

© Francesco Carini – tutti i diritti riservati

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