Quando Gino Paoli disse: comunismo e senso dello Stato sono la stessa cosa

Era il 9 settembre 2007. Poco più di un mese dopo sarebbe nato il Partito Democratico e non si poteva non chiedere anche a lui cosa ne pensasse. Gino Paoli fu deputato, eletto nelle file del Parti...

Era il 9 settembre 2007. Poco più di un mese dopo sarebbe nato il Partito Democratico e non si poteva non chiedere anche a lui cosa ne pensasse.

Gino Paoli fu deputato, eletto nelle file del Partito Comunista Italiano, dal 1987 al 1992. Come spiegò lui stesso, glielo chiesero Occhetto, D’Alema e Angius, dicendogli che bisognava mobilitare tutte le energie migliori per cambiare il Paese.

Durante il suo mandato parlamentare il PCI si trasformò in Partito Democratico della Sinistra. Un’operazione che il cantautore liquidò come “un eccesso di liberalismo”.

Non gli si poteva, pertanto, non chiedere un’opinione sul nascente nuovo miracolo liberale della sinistra italiana.

A sorpresa fu possibilista. “E’ un buon progetto – disse a La Repubblica in quell’intervista del 2007 – a patto che rispetti le promesse, che dia valore al merito della gente in ogni campo, tuteli la sicurezza e agisca nei fatti”.

Il meglio dellintervista riguardò, però, il suo pensiero politico.

“Sono sempre stato un anarchico che crede che la strada per il comunismo passi dall’anarchia», disse. «Credo di essere un comunista del Settecento, quando si diceva che i beni del mondo e dell’intelletto non devono essere di pochi. La mia è un’utopia, o se vogliamo, per me oggi comunismo e senso dello Stato sono la stessa cosa. Lo Stato si basa sulla solidarietà, chi è più povero ha il diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro. E poi c’è il senso della legalità”.

Si tratta dello stesso Gino Paoli che ha portato in Svizzera e taciuto al fisco 2 milioni di euro di proventi in nero, molti dei quali guadagnati alle Feste dell’Unità. Ogni ipotesi di reato ormai prescritta.

Sempre bellissimo fare i comunisti con i soldi degli altri.

Piero Cecchinato