Una bella domenica porti tua moglie a far la spesa al supermercato e ti prendi tutti gli insulti di questo mondo, una dose massiccia di “vergognati” e lunghe spiegazioni degne di un ciclostile del ’77 sullo sfruttamento dei lavoratori nel settore retail con le aperture domenicali. Un bel martedì, dopo una settimana di indigestioni sulla “gogna del web” (espressione illetterata, insopportabile, chi usa la parola gogna meriterebbe di esserci messo) e la rincorsa collettiva a mettere alla berlina chi aveva messo alla berlina la povera ragazza napoletana schiacciata dalle conseguenze di un cyber harrassment mai visto prima in questo Paese, qualcuno sottrae alcune tue foto private, intime, e le pubblica, scatenando una tempesta di commenti ironici, battutacce, link a iosa dove scaricarle. Come se niente di tutto quanto blaterato per giorni e giorni si fosse depositato nella coscienza delle persone.
Lo vogliamo dire senza troppi giri di parole? Questo Paese è in caduta libera, a partire dal livello del suo dibattito pubblico. I motivi sono tanti e non certo legati soltanto ai social network: la nostra povera patria è già passata da queste regressioni culturali, negli anni Venti, negli anni di piombo, in un certo senso anche nel berlusconismo. Ha a che fare con quelle lacune che molti maestri del giornalismo hanno descritto benissimo (pensiamo a Montanelli) e gli storici hanno spiegato ormai in tutte le salse. L’influenza della chiesa cattolica ha inculcato nel popolo italiano l’idea che la coscienza sia qualcosa da far gestire in esterna e i tanti passaggi di potentati stranieri hanno selezionato i nostri comportamenti da pecore indisciplinate. In Italia è davvero tutto poco serio e a buon mercato. Anche e soprattutto la coscienza. Se c’è da dire a qualcuno “vergognati!” non si tira indietro nessuno, perché è l’unica occasione in cui il cittadino italiano sperimenta un’etica, non sottoponendo mai alle stesse regole il comportamento personale.
La Rete ha aggiunto un’amplificazione quantitativa che è diventata anche qualitativa. Però chi insiste a darle delle colpe specifiche non coglie l’errore di fondo, cioè ignorare che Internet si è sovrascritta alla realtà fisica e all’esperienza umana, quindi somiglia sempre più, fino a rappresentarne una mappa dettagliatissima, all’umanità stessa. Può darsi, anzi è probabile, che promuova una certa desensibilizzazione, ma dopo tonnellate di letture al riguardo non ho ancora trovato una dimostrazione davvero convincente dell’esistenza di uno “specifico” della Rete rispetto ai comportamenti delle persone, ai loro convincimenti. È tutto molto più presupposto di quanto sembri: anche le odiose parole di razzismo non sono mai dovute al contatto col razzismo promosso dai troll o dal rumore di fondo; ci sono studi americani che dimostrano come l’influenza ambientale – a partire dalle famiglie e dall’educazione – è assai più decisiva (e scatenante), spiegando molto meglio la distribuzione di queste opinioni rispetto all’analisi del web pura e semplice.
Insomma, pur dovendo stare attenti a eccedere nella semplificazione, si può tranquillamente affermare che la gente è orribile indipendentemente da dove mostri di esserlo e che nessuno peggiora o migliora a seconda delle idee od opinioni a cui assiste, perché tanto è impossibile che cambi le proprie a favore di quelle di qualcun altro.
Perciò, cari Gianni Morandi e cara Diletta Leotta, e con voi tutti quelli che ieri e oggi avete provato e sicuramente anche domani proverete sulla vostra pelle la stupida aggressività dei leoni da tastiera, dei pontificatori che non sanno proprio iniziare un commento con “credo che ti sbagli, secondo me…”, dei fanatici dell’ironia a buon mercato che diventa in un attimo scuoiamento crudele, meritate tutta la solidarietà e qualche verso della canzone di Battiato:
Non cambierà, non cambierà
sì che cambierà, vedrai che cambierà.
Voglio sperare che il mondo torni a quote più normali .