Qualche giorno fa gli organi di stampa, chi più chi meno, hanno dato risalto (per la verità non troppo) ad un provvedimento sanzionatorio dell’A.G.C.M. (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), il cui Presidente, il prof. Giovanni Pitruzzella, in data 6 settembre ha irrogato una sanzione piuttosto salata alla Banca Popolare di Vicenza (n° provv. PS10363).
Sul sito stesso dell’A.G.C.M. è consultabile al riguardo un breve comunicato stampa dal significativo titolo: “COSTRETTI A DIVENTARE SOCI PER OTTENERE MUTUO AGEVOLATO: MAXIMULTA DA 4,5 MILIONI PER BANCA POPOLARE DI VICENZA“.
A ben vedere le analisi condotte dalle varie testate giornalistiche si sono sostanzialmente limitate a commentare (o semplicemente copiare) tale sintetico comunicato stampa, anche se è facile immaginare che più o meno nessuno si sia preso la briga di leggere tutto il documento relativo al provvedimento che, nella sua interezza, consta di 41 pagine.
Lo scopo, quindi, di questo contributo è di fornire al lettore uno spaccato guidato delle affermazioni e valutazioni dell’A.G.C.M. in merito alle censure sulla condotta seguita dalla Banca, censure che, a ben vedere, non riguardano solo la Popolare di Vicenza, ma si possono estendere molto facilmente alla gran parte delle banche italiane.
Per far ciò, quindi, prenderemo in esame le affermazioni contenute nel provvedimento sanzionatorio, citandone interi passi per esteso (laddove di particolare interesse) e commentandoli alla luce di tutto quello che sta purtroppo succedendo nel sistema bancario e della profonda crisi che esso sta attraversando.
Premettiamo che il documento è organizzato per parti (numeri romani), così strutturati:
I. LE PARTI
II. LA PRATICA COMMERCIALE
III. LE RISULTANZE DEL PROCEDIMENTO
IV. PARERE DELLA BANCA D’ITALIA
V. PARERE DELLA CONSOB
VI. VALUTAZIONI CONCLUSIVE
VII. QUANTIFICAZIONE DELLA SANZIONE
Ogni parte del documento è, poi, suddivisa in uno o più paragrafi, identificati con numerazione araba (dal §1 al §91) ed all’ultima parte segue il testo della DELIBERA assunta dall’Autorità Garante.
Diciamo subito che il provvedimento è interessante e piuttosto esemplificativo dello “stato dell’arte” del mondo bancario essendo la Banca Popolare di Vicenza S.p.A. attualmente la decima realtà bancaria in Italia per totale attivo (vd. §1), quindi un gruppo di tutto rispetto e piuttosto significativo.
Entrando nel merito del procedimento, fin dal §4 si legge chiaramente quali siano i comportamenti tenuti dalla Banca oggetto dell’indagine e della successiva sanzione. Leggiamoli insieme:
4. Il procedimento concerne i comportamenti posti in essere dal professionista consistenti nell’aver nei fatti condizionato l’erogazione di finanziamenti a favore dei consumatori – mutui immobiliari e di liquidità, tra i quali i cc.dd. “mutui soci” riservati ai soci – all’acquisto da parte degli stessi di proprie azioni od obbligazioni convertibili (di seguito collettivamente, “titoli”), con lo scopo di collocare questi titoli presso i consumatori. Tali comportamenti hanno avuto particolare sviluppo nel periodo in cui si sono svolte le operazioni di aumento di capitale della Banca negli anni 2013 e 2014, al fine di giungere al successo delle medesime e raggiungere gli obiettivi ivi prefissati. Gli obiettivi in questione si sostanziavano nel raggiungimento di determinati ratio patrimoniali in vista del passaggio della Banca alla vigilanza unica della Banca Centrale Europea e nella crescita dimensionale con la possibile acquisizione di altri istituti bancari.
5. Nel caso dei suddetti “mutui soci”, più precisamente, i consumatori e, in particolare, i consumatori non soci, sono stati condizionati, al fine di ottenere gli stessi: i) ad acquistare pacchetti minimi di azioni della Banca (pari a n. 100 azioni), necessari per diventare soci e poter accedere ai prodotti di mutuo de quibus riservati ai soci e ii) a non vendere tali pacchetti azionari, al fine di mantenere la qualifica di soci e conseguentemente non perdere le condizioni economiche agevolate. Inoltre, questi consumatori sono stati anche indotti ad aprire un conto corrente riservato ai soci con la prospettazione della necessità di detenere un rapporto di conto corrente collegato al mutuo e della possibilità di usufruire anche in questo rapporto dei vantaggi della qualifica di soci, senza essere informati, peraltro, circa la non obbligatorietà dell’apertura di un conto presso la medesima banca erogatrice del mutuo.
In buona sostanza, quindi, l’Autorità Garante vuole vederci chiaro sulla politica commerciale tenuta dalla Banca nel piazzare ai propri clienti consumatori (quelli, cioè, che per legge dovrebbero essere più tutelati dal sistema bancario) alcuni prodotti, in particolare i cc.dd. “mutui soci” e la collegata sottoscrizione di conti correnti.
Nella successiva parte III del documento viene ricostruito l’iter dell’indagine condotta dall’Autorità, di cui qui di seguito riporteremo solo alcuni passi particolarmente significativi, sebbene tale ricostruzione sia molto interessante nella sua interezza.
In particolare al §27, in merito alle politiche di collocamento dei propri prodotti da parte della Banca, si legge testualmente che:
27. Dalle risultanze istruttorie, con particolare riferimento alla documentazione acquisita in sede ispettiva, è emerso che il successo delle suddette iniziative di aumento di capitale è stato conseguito in gran parte con l’acquisto di azioni della Banca da parte della clientela sia retail sia corporate mediante la sottoscrizione di prodotti di finanziamento destinati a tal scopo e, pertanto, finalizzati all’adesione a queste forme d’investimento, le cc.dd. operazioni di tipo “baciato”. Sussisteva, infatti, nel periodo dei due aumenti di capitale, come sopra accennato, uno specifico prodotto di finanziamento per “aumento di capitale”, denominato “MiniAucap”. Questi finanziamenti correlati alle operazioni di acquisto di azioni della Banca sono stati, in particolare, oggetto, nel 2015, di accertamenti condotti da parte della BCE con il supporto delle funzioni aziendali della Banca e di successivi approfondimenti interni.
In buona sostanza, quindi, l’esito degli aumenti di capitale negli anni sottoposti ad indagine (2013 e 2014) è stato positivo solo in quanto i sottoscrittori hanno acceso dei finanziamenti specifici. In pratica la Banca prestava soldi ai propri clienti, finalizzati, poi, all’acquisto delle proprie azioni.
In merito a tale prassi, oltre a Consob e Banca d’Italia, si stanno cominciando ad esprimere anche i tribunali, ai quali i clienti di Banca Popolare di Vicenza si sono rivolti in numero sempre più cospicuo per difendere i propri legittimi interessi.
Per inciso facciamo notare come già si vedano le prime pronuncie a favore dei clienti, con la dichiaratoria della nullità di tali finanziamenti per violazione dell’art. 2358 c.c., che così stabilisce: “la società non può, direttamente o indirettamente, accordare prestiti, né fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni, se non alle condizioni previste dal presente articolo. Tali operazioni sono preventivamente autorizzate dall’assemblea straordinaria.” (vd. ordinanza del Tribunale di Venezia del 15/06 u.s.).
Aldilà degli esiti nei Tribunali, qui interessa sottolineare che l’Autorità Garante ha dimostrato, senza dubbio alcuno, come tutto nella Banca era preordinato al conseguimento di tali pratiche commerciali “poco ortodosse”, la cui organizzazione era – a dir poco! – capillare, tanto che ai paragrafi 29 e 31del provvedimento sanzionatorio si legge quanto segue:
29. Queste iniziative, tese al raggiungimento degli obiettivi sul capitale e indirizzate anche a consumatori nel corso degli anni 2013-2014 insieme alle operazioni baciate, come risulta da tale documentazione14, sono state oggetto di trattazione nelle riunioni indette dalla Divisione Mercati della Banca con le Aree ed i Direttori Regionali, con assegnazione di specifici obiettivi e relativi tempi di raggiungimento. Detti obiettivi sono stati monitorati in modo sistematico da parte di tale Divisione Mercati con interventi di richiamo nel corso delle predette riunioni collegiali (nota 15: Risulta, in particolare, che tali operazioni – come quelle baciate – venivano di fatto imposte alle Aree e ai Direttori Regionali.).
31. Inoltre, anche da altra documentazione acquisita in ispezione, consistente in appunti presi da partecipanti alle riunioni di Area con i Direttori di Filiale nel corso delle medesime19, è confermato che il conseguimento degli obiettivi di capitale e di accrescimento della compagine sociale è stato oggetto di forte spinta nei confronti dei Direttori Regionali e Capi Area in primis e dei Direttori di Filiale in ultimo, in particolare, sono state annotate indicazioni impartite da tali vertici di questo tenore: “Soci nuovi (su qualsiasi richiesta cliente)”, “Soci/ogni affidamento deve essere affiancato da soci” e “No fidi a non soci” (quest’ultima annotazione risale alla data del 6 marzo 2014).
Una brevissima nota merita l’ultimo inciso “No fidi a non soci“, che davvero stupisce e preoccupa non poco. La Banca nega la sua stessa “mission” di banca commerciale pur di conseguire i suoi obiettivi di breve periodo (i due successivi aumenti di capitale), disinteressandosi di eventuali clienti (i non soci) che avessero in quel periodo varcato le sue porte!
Se ciò non bastasse, l’Autorità Garante, nel suo resoconto, rincara la dose mettendo nero su bianco quello nel mondo bancario è noto alla pressoché globalità degli operatori:
42. (…) Dalle verifiche ispettive e, in particolare, da specifiche dichiarazioni rilasciate nell’occasione da alcuni dirigenti, infatti, è emerso che “la politica della banca [è stata quella di] erogare […] mutui ipotecari […], insieme alla sottoscrizione di [pacchetti azionari della medesima]”, con l’offerta di un mutuo ipotecario appositamente “strutturato […] per i soli clienti soci”, denominato “mutuo soci”, che riservava condizioni di prezzo agevolate a coloro che erano e diventavano soci della Banca. Attraverso tale prodotto “i soggetti che richiedevano un finanziamento erano incentivati a sottoscrivere non un contratto di mutuo generico ma lo specifico contratto di mutuo riservato a coloro che diventavano i soci” con il raggiungimento da parte della Banca degli obiettivi sottesi alle operazioni di aumento di capitale.
53. Nel corso dell’attività istruttoria è anche emerso che contestualmente alla sottoscrizione del mutuo soci avveniva, altresì, l’apertura di un conto corrente soci. Nel momento in cui il consumatore assumeva la qualifica di socio per sottoscrivere il mutuo soci, veniva anche indotto a sottoscrivere un conto corrente soci su cui regolare il mutuo stesso con la prospettazione della necessità di detenere un rapporto di conto corrente collegato al mutuo e della possibilità di beneficiare mediante la qualifica di socio anche in questo rapporto di condizioni economiche agevolate. Tali condizioni si sostanziavano rispetto ad un conto corrente ordinario, tra le altre, in un canone più basso o azzerato, carte di debito gratuite e prelievi su altre banche a costo zero.
54. Si tenga conto che nel citato sistema incentivante del 2013 per il personale dipendente della Banca, basato su un sistema di classifiche incentrato sul conseguimento degli obiettivi prefissati, tra di essi, assumevano rilievo anche i conti correnti detenuti presso la Banca. Pertanto, sussisteva nel periodo un forte interesse da parte dei dipendenti della Banca ad incrementare il numero di conti correnti, obiettivo raggiungibile anche con la proposizione degli stessi quali conti su cui collegare l’erogazione e il regolamento dei mutui sottoscritti con la Banca. Inoltre, in tal senso, risulta anche essere la seguente indicazione proveniente dai vertici ed annotata nei citati appunti presi da partecipanti alle riunioni di Area con i Direttori di Filiale: “Nuovi c/c (estinguere solo i necessari) propedeutici x le trimestrali/fare leva sui deboli”.
Fa veramente venire la pelle d’oca quell’inciso sul “fare leva sui deboli“, che davvero richiama da vicino fattispecie che nulla hanno a che vedere con i principi di buonafede, correttezza e trasparenza che dovrebbero informare l’intero comportamento delle banche a tutti i livelli!
Ad ogni modo, ciò detto ed alla luce di tale poco edificante ricostruzione dei fatti, risulta molto interessante verificare quale siano state le valutazioni conclusive dell’Autorità Garante (vd. parte VI del documento).
Seppure tali paragrafi siano abbastanza lunghi, cionondimeno è assolutamente fondamentale leggere per esteso quanto chiaramente ivi espresso:
77. Numerose evidenze (…) confermano come ai consumatori istanti mutui la Banca collocasse in modo forzoso propri titoli. Danno prova di tale comportamento:
• la documentazione relativa alle risultanze dell’attività ispettiva condotta dalla BCE nel 2015 e dei successivi approfondimenti interni effettuati dalla Banca, che evidenzia come da parte della Direzione Generale della Banca, più precisamente la Divisione Mercati, e dei Direttori di Area e Regionali vi fosse un’esplicita indicazione alla Rete di collocare al massimo i titoli presso la clientela, con assegnazione di specifici obiettivi e relativi tempi di raggiungimento;
• la documentazione rappresentata da appunti di partecipanti alle riunioni collegiali, in cui sono annotate indicazioni impartite dai Capi Area ai Direttori di Filiale di questo tenore “Soci nuovi (su qualsiasi richiesta cliente)”, “Soci/ogni affidamento deve essere affiancato da soci” e “No fidi a non soci”;
• le dichiarazioni di alcuni dirigenti di filiale acquisite in ispezione che confermano come fosse politica della Banca quella di collocare prodotti di finanziamento (in particolare, mutui) abbinati all’acquisto di titoli azionari;
• le segnalazioni di consumatori pervenute all’Autorità e alcuni reclami prodotti dallo stesso professionista nei quali risulta che condizione necessaria ed indispensabile al fine di poter ottenere la concessione di un finanziamento/mutuo fosse l’acquisto di azioni della Banca, e, in particolare, l’acquisto di un ammontare di azioni tale da far assumere la qualifica di socio;
• i dati relativi alla crescita della compagine sociale che negli anni 2013 e 2014 risulta essere pari addirittura al 59% circa;
• la disamina dei dati quantitativi prodotti dal professionista circa le vendite abbinate mutui – titoli avvenute nel periodo oggetto di accertamento istruttorio.
79. Sempre le risultanze istruttorie hanno, inoltre, fatto emergere che, soprattutto al fine di giungere al successo delle predette operazioni di aumento del capitale e raggiungere gli obiettivi prefissati con le medesime, veniva offerto ai consumatori/persone fisiche, nel caso in cui questi ultimi richiedessero un prodotto di mutuo – sotto la prospettazione di un prodotto particolarmente conveniente – il “mutuo soci”, che li obbligava all’acquisto di pacchetti minimi di azioni della Banca (pari a n. 100 azioni) per assumere la qualifica di soci e a non venderli per mantenerla e continuare a beneficiare delle agevolazioni connesse al finanziamento. Tale offerta è stata anch’essa – nell’ambito delle più generali sollecitazioni al collocamento dei titoli della Banca – fortemente spinta dalle strutture di vertice con riguardo alla clientela retail, tanto da far sì che giungesse a percentuali di sottoscrizione molto elevate sia che si considerino i consumatori che hanno stipulato tale contratto avendo la qualifica di socio (a prescindere dal momento dell’acquisizione di tale qualifica) sia che si tenga conto dei consumatori che hanno acquisito la qualifica di socio nei 6 mesi prima o 6 mesi dopo rispetto alla data della stipulazione del finanziamento pari rispettivamente al [70-80%] circa e al [60-70%] circa del totale dei mutui negli anni 2013 e 2014 ed ancora rilevanti, in particolare con riferimento ai consumatori già soci e pari al [60-70%] circa nei primi quattro mesi dell’anno 2015 (Cfr. TABELLE NN. 3 e 4). Più in dettaglio, nel 2013, ed in particolare negli ultimi mesi dell’anno, si sono riscontrati valori massimi di sottoscrizione dei mutui soci rispetto alla totalità mutui rispettivamente pari all’[80-90%] circa e all’[80-90%] circa e nel 2014 le percentuali in questione hanno superato in diversi mesi il valore dell’[80-90%] circa per i primi e il valore del [70-80%] circa per i secondi. Con riguardo al 2015, i dati sono significativi si registrano sino ad aprile 2015 e ciò trova spiegazione da quanto fatto presente in sede ispettiva in alcune filiali circa la circostanza per cui il prodotto “mutuo soci” non è stato più proposto ai consumatori a partire dal secondo semestre 2015 in ragione della consistente riduzione del prezzo delle azioni della Banca avvenuta nell’aprile 2015.
83. Pertanto, alla luce delle risultanze istruttorie e delle considerazioni sopra svolte, la pratica commerciale in esame risulta scorretta ai sensi degli artt. 20, comma 2, 21, comma 3-bis, 24 e 25 del Codice del Consumo, in quanto contraria alla diligenza professionale e idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio in relazione ai prodotti di finanziamento offerti dal professionista.
85. In base all’art. 20, comma 2, del Codice del Consumo la pratica commerciale in oggetto contrasta con la diligenza professionale che può legittimamente attendersi da un operatore nel settore bancario ed è idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio. In particolare, è da evidenziare che non si è riscontrato da parte di Banca Popolare di Vicenza, il normale grado di correttezza, competenza e attenzione che ci si poteva ragionevolmente attendere nelle condotte in esame, tenuto conto delle caratteristiche dell’attività svolta e del fatto che rappresenta un operatore importante nel contesto bancario italiano, capogruppo dell’omonimo Gruppo Banca Popolare di Vicenza, attualmente decima realtà bancaria in Italia per totale attivo.
Orbene, anche chi non sia particolarmente addentro alla normativa bancaria in merito alla collocazione di prodotti finanziari (Testo Unico Bancario, Testo Unico di Finanza, Codice del Consumo, Mifid, etc.) non può fare a meno di notare che le accuse alla Banca di condotta negligente da parte dell’Autorità Garante sono gravi e molto ben circostanziate e fanno sorgere un domanda assolutamente legittima: in che cosa si era trasformata la Banca Popolare di Vicenza? Forse in una illegittima rivendita di prodotti tossici ai propri clienti in barba ad ogni e più piccolo scrupolo deontologico?
Sembrerebbe proprio di sì, posto che, in merito alla gravità della condotta della Banca, la stessa Autorità Garante non ha dubbi, tanto che, nella quantificazione dalla sanzione (parte VII del documento), così si esprime:
88. Con riguardo alla gravità della violazione, si tiene conto nella fattispecie in esame della specifica dimensione economica del professionista, che ha realizzato nel 2015 un fatturato, calcolato applicando in via analogica i criteri utilizzati in materia di comunicazione delle concentrazioni nel settore bancario di cui all’art. 16, comma 2, della legge n. 287/90, pari a circa 3,7 miliardi di euro, e del fatto che rappresenta un importante operatore nel contesto bancario italiano ed europeo, come attestato dalla circostanza che è sottoposto alla vigilanza della BCE.
Va poi rilevata la natura particolarmente grave della pratica in quanto aggressiva e l’entità del potenziale pregiudizio economico complessivamente derivante per i consumatori nonché quello effettivamente arrecato ai consumatori stante il numero elevato di quelli coinvolti. Rileva altresì al riguardo la circostanza che l’ammontare minimo di azioni, al fine di assumere la qualifica di soci, acquistato da ciascun consumatore è stato pari a n. 100, con un esborso, quindi, minimo pro capite (considerato il valore di ciascuna azione all’epoca dei fatti di 62,5 euro) di 6.250 euro, nell’ambito di mutui ipotecari anche di rilevante entità. Pertanto, si è associato al rilevantissimo onere derivante dal mutuo anche il considerevole esborso per l’acquisto dei titoli, peraltro difficilmente negoziabili e liquidabili, stante la natura di società non quotata della Banca. Sempre avuto riguardo alla gravità della condotta, si consideri il grado di diffusione della pratica estesa, tenuto conto della rete di filiali della Banca distribuite in quasi tutte le regioni italiane, al territorio nazionale.
90. Sulla base di tali elementi, elementi, vista la particolare gravità e durata della pratica commerciale, si ritiene di fissare l’importo base della sanzione amministrativa pecuniaria applicabile a Banca Popolare di Vicenza al massimo edittale nella misura di 5.000.000 € (cinque milioni di euro).
Il massimo della sanzione (anche se, poi, viene ridotta del 10% per le difficoltà economiche della Banca, vd. §91) significa che le pratiche commerciali della Banche hanno raggiunto il massimo della scorrettezza e sono meritevoli della sanzione più severa.
Sia detto – per completezza d’informazione – che i comportamenti di tale Banca sono sotto il vaglio anche di Consob e Banca d’Italia, che hanno provveduto ad irrogare sanzioni anche piuttosto pesanti, peraltro soffermandosi non già solo sulla “politica commerciale” dell’istituto bancario, ma anche su altri aspetti non di competenza dell’A.C.G.M., quali il rispetto delle direttive comunitarie e delle leggi nazionali in materia di intermediazione bancaria.
Peraltro, alla luce anche delle sole contestazioni sopra riportate, già di per sé gravissime destabilizzanti per tutto il mondo bancario, a chiusura della presente trattazione è lecito porsi una più che legittima domanda, che affidiamo ai lettori:
in che cosa si stanno trasformando (o si sono già trasformate) molte banche, con la compiacenza di legislatori e organi di vigilanza, che spesso intervengono soltanto quando il danno è fatto ed irrimediabile?