I nomi delle cime, dei passi, delle valli sui monti Sibillini sono di due tipi. Da una parte ci sono le gole dell’Infernaccio, il Passo Cattivo, il pizzo del Diavolo. Dall’altra la cima del Redentore, la Priora, il pizzo Tre Vescovi. Quasi che nella testa di chi ci abita su quelle montagne ci sia, al netto della religione, la coscienza dello scontro tra due forze contrarie che si fronteggiano da sempre.
I Sibillini non sono solo i “monti azzurri”, come li chiamava Giacomo Leopardi. Quei posti sono impastati di storie di negromanti, di maghe (la Sibilla, appunto), di incantesimi. E di fate non proprio benevole che scendono a ballare in paese e che – scoperte – tornano sulle cime a tutta velocità lasciando i segni del loro passaggio con lunghi sbreghi alle schiene delle montagne.
E se ieri mattina, quando Norcia, Preci, Castelluccio e tanti altri paesi tra l’Umbria e le Marche si sono sbriciolati, si fosse trattato di un maleficio? Se la regina Sibilla, che abita in una grotta da quelle parti – la “grotta delle fate”, appunto – avesse deciso di spedire il suo manipolo di incantatrici a squassare le montagne e a tirar giù case e stalle?
Se così fosse, che la facciata della basilica San Benedetto sia rimasta in piedi – solo lei, in mezzo allo sfasciume – è un buon segnale e, insieme, un avvertimento: questa è il mio viso, qui ci sono i miei occhi intatti e la mia bocca. Da qui si riparte, da loro si ricostruisce.
E voi tornatevene da dove siete venute, ché noi vorremo tornare lassù.