Oggi si festeggia la ricorrenza dei Defunti e non vorremmo che, assieme al de profundis dedicato alla memoria dei cari estinti di ciascuno di noi, si dovesse recitare anche quello a favore delle quattro banche “risolte” con lo sciagurato Decreto Legge n. 183 del 22 novembre 2015 (emanato di domenica notte, quindi, per augurare il “buon inizio di settimana” ai risparmiatori azzerati!).
Se è vero, infatti, che a distanza di un anno circa dalla procedura di risoluzione le quattro banche sono ancora in vendita (alla stregua de “la sòra Camilla, che tutti la vònno e nissuno la pija” di romanesca memoria), una qualche domanda in più sulla situazione reale del sistema bancario se la dovrebbe cominciare a porre anche il più inguaribile degli ottimisti.
Tralasciando di dare un resoconto, anche breve, di tutte le puntate della lunga “telenovela” fatta, nell’ordine, di:
► rassicurazioni profuse a piene mani da Governo, Banca d’Italia, Consob, ABI, etc. sulla solidità e liquidità del sistema bancario italiano (e sulla “gassosità” niente, visti i tanti risparmi “evaporati”?!?);
► offerte vincolanti che un giorno stanno per arrivare ed il giorno dopo non ci sono (ma d’altronde non è più vincolante neanche il matrimonio, perché lo dovrebbe essere una offerta?!?);
► acquirenti papabili che sarebbero disposti a mettere sul piatto poco più una manciata di lenticchie per comprarsi le quattro nuove banche (alla faccia di Giacobbe che dovette spendere un intero piatto di lenticchie per “comprarsi” la primogenitura dal fratello Esaù!);
► “inderogabili” limiti temporali, posti dalla Commissione Europea, oltre la quale la vendita non si dovrebbe perfezionare, limiti che – in effetti – ad oggi sono sempre stati derogati (nella migliore tradizione della sceneggiata napoletana, con tutto il rispetto per questa grande forma d’arte!)
► banche “precettate” da Banca d’Italia (per acquistare le “nuove” banche) che faticano non poco ad accollarsi i problemi altrui, oltre a gestire i propri (ricorda molto il motto “aggiungi un posto a tavola, ché c’è un amico in più” di un celebre musical di tanti anni fa);
pur tralasciando tutto questo, che in sincerità potrebbe appassionare solo chi ancora crede nel gioco pulito e trasparente nell’ambito della finanza (se i bambini credono a Babbo Natale, perché non lasciare la libertà a chiunque di credere anche nella Befana Bancaria?!?), quello che vorremmo qui di seguito fare è un semplice esercizio di memoria storica.
Spieghiamo subito quello che intendiamo.
Dall’inizio della crisi sistemica, che il mondo bancario ancora sta attraversando, si sono susseguiti discorsi pubblici, commenti di opinionisti, più o meno autorevoli, e dibattiti, più o meno interessanti, nei quali si è sentito spesso dissertare di tutto tranne che dei crudi e semplici fatti: i numeri.
Ricordiamo che le aride cifre sono testardamente “non politically correct“, volendo significare con ciò che, se qualcuno le vuole piegare ai suoi scopi e piccoli opportunismi di bassa lega, esse – pur tuttavia – cocciutamente dimostrano come le opinioni, seppur espresse da autorità ed accademici, siano di rango nettamente inferiore alla cruda e semplice verità oggettiva.
In questo senso, quindi, sarà interessante rileggere le prime dichiarazioni pubbliche del Dott. Roberto Bertola, A.D. di Nuova Banca Etruria (NBE), che in occasione del taglio del nastro della mostra “Andrea di Nerio – La Madonna Sarti di Arezzo” presso la Casa Museo di Ivan Bruschi di Arezzo (di proprietà della “vecchia” Banca Etruria), il cui video – se di interesse – è qui consultabile per intero.
Potremmo fare esercizio analogo anche sulle dichiarazioni dei vertici delle altre tre banche risolte, ma ci vorrete scusare se ci occuperemo della sola banca toscana per una pura e semplice “rivendicazione campanilistica”.
Ricordiamo, comunque, a scanso di equivoci, che le affermazioni virgolettate che riporteremo – assolutamente fedeli, parola per parola, a quanto pronunziato da tale dirigente bancario – sono datate tutte 2 dicembre 2015, quindi 11 mesi fa.
L’intenzione di questo post, quindi, è di rileggere tali dichiarazioni alla luce dei successivi avvenimenti, per verificare quale fosse il contenuto di verità in esse racchiuso.
Cominciamo ad analizzare le parole dell’A.D. di NBE da un primo passo in cui egli si trovò a dire testualmente che provava un sentimento di:
“(…) dispiacere, il dispiacere verso tanti clienti, per noi clienti importanti (mi riferisco ai possessori di obbligazioni subordinate e di quote societarie). é un dispiacere che, anche se non è sentimento che mi appartiene, è molto vicino alla rabbia, che condivido con loro.
Un sentimento che – mi permettete – estendo anche, questo dispiacere, questa rabbia, nei confronti dei colleghi che, attori inconsapevoli in questa vicenda, oggi si sentono additati come responsabili di quello che è avvenuto mentre, al contrario, erano attori in buonafede.“
A distanza di un anno circa da tale affermazione ci pare che il “dispiacere verso tanti clienti” (gli obbligazionisti azzerati, che hanno visto cancellare in una notte molti anni di faticosi risparmi) si sia trasformato in un distaccato disinteresse (perfinanco fastidio) nei loro confronti da parte della Nuova Banca Etruria.
Al contrario le numerose indagini della magistratura (anche a seguito, spesso, di querele ed esposti di molti investitori ed associazioni di consumatori) a carico di svariate figure professionali all’interno della “vecchia” banca (membri dei vecchi C.d.A., ex Direttori Generali e Vice D.G., alti dirigenti bancari, nonché “semplici” titolari d’agenzia e/o gestori retail), mettono fortemente in dubbio la “ricostruzione” del Dott. Bertola che la “vecchia” banca fosse gestita da poche “mele marce”, ma che il resto del tessuto connettivale della banca fosse onesto, trasparente e cristallino a tutti i livelli.
Sarebbe opportuno ricordare a tali illuminati alti dirigenti bancari il motto latino “piscis primum a capite foetet” ovvero “il pesce comincia a puzzare dalla testa“, con ciò intendendo che un “corpo” in cui la testa “puzza” prima o poi tenderà ad olezzare esso stesso, per i noti effetti della decomposizione che progressivamente si estende.
Attenzione: ciò sia detto senza alcuna vis polemica nei confronti dei dipendenti bancari, che, come detto in altri ambiti, riteniamo assolutamente i meno responsabili di tutto il dissesto sotto gli occhi di tutti (vd. il precedente post Il futuro del bancario ed il bancario del futuro: “la causa delle crisi bancarie risiede nei dipendenti”… ma è realmente così?).
Ciò puntualizzato, continuiamo ad analizzare il discorso dell’A.D. di NBE. Egli proseguì affermando qualcosa che, letto a posteriori, non può che fare pensare (e molto!) sul livello di trasparenza di tutto il mondo bancario:
“(…) adesso avete, abbiamo una banca solida, una banca liquida, una banca che può riprendere la sua vocazione precedente.
Ho alcuni dati: questi li leggo perché non li ricordo a memoria. Capitale sociale: 442.000 euro … milioni di euro.
Abbiamo 6 miliardi e 100 di affidi in bonis. Oggi i nostri impieghi sono tutti in bonis. (…)“
Non sappiamo se l’alto funzionario fosse davvero convinto di ciò che andava dicendo, ma era chiaro fin da subito che l’affermazione “oggi i nostri impieghi sono tutti in bonis” non potesse che generare fortissime perplessità, se non addirittura certezze di non verosimiglianza.
Al riguardo, già a pochi giorni da tale discorso pubblico, esattamente una settimana dopo, ci trovavamo ad esprimere in una trasmissione locale aretina quanto contenuto nel seguente video:
Sì, effettivamente i numeri non tornavano e prova ne sia che, a distanza di qualche mese, i potenziali acquirenti avevano già ben compreso come nei bilanci della NBE e delle altre tre banche “risolte” qualcosa non quadrava e che le “nuove” banche erano oberate da crediti deteriorati consistenti.
Delle due ipotesi, quindi, una: o gli impieghi erano in bonis al momento della creazione delle “nuove” banche e tali crediti si erano deteriorati ad un ritmo vertiginoso nel giro di pochi mesi o (molto più probabile!) gli impieghi iniziali non erano “tutti in bonis“.
Gli attuali vertici delle nuove banche sarebbero, dunque, a scelta: o poco efficienti (per usare una espressione soft) o palesemente “poco sinceri” (per usare un eufemismo). Al lettore la risposta che riterrà più congrua!
Ad ogni caso l’A.D. della NBE aggiunse anche un ulteriore paio di riflessioni che qui meritano di essere considerate:
“La nostra è una vocazione retail (…). Questo è quello che vogliamo fare con questa liquidità e recuperando una fiducia che oggi è compromessa: me ne rendo assolutamente conto.“
“(…) Io ho detto prima degli obbligazionisti subordinati e del mio dispiacere… è dovuto al fatto che questi, come gli obbligazionisti ordinari e come i soci, erano i nostri migliori clienti, i nostri clienti di riferimento, perché chi ha preso un’obbligazione subordinata o un’obbligazione ordinaria l’ha fatto purché il suo affetto verso la banca era superiore.“
Di una cosa, quindi, gli altri vertici di NBE e non solo (anche Banca d’Italia, Consob, il Governo, etc.) fin da subito si erano resi conti e, cioè, che il legame di fiducia fra cliente e banca (e perfinanco “affetto“, come dice l’A.D. di NBE, nel suo impeto retorico!) era, con tutta probabilità, irreversibilmente compromesso.
Viene, perciò, da chiedersi: cosa è stato fatto di concreto nell’arco di 11 mesi per cercare di ristabilire questa fiducia, condizione essenziale per il funzionamento ottimale del sistema bancario?!?
Il fatto, ad esempio, che:
► Governo, Banca d’Italia e Consob non abbiano fatto un minimo “mea culpa” di fronte a scelte come minimo incomprensibili, se non addirittura strampalate (ad es. anticipare la risoluzione a novembre 2015, prima dell’entrata in vigore del meccanismo del “bail-in” al 1° gennaio 2016);
► ancora la stragrande maggioranza degli obbligazionisti azzerati non sia stata rimborsata né in toto né in parte;
► ancora il Governo non abbia emanato il decreto sull’arbitrato per gli obbligazionisti azzerati;
► molte banche (notizia degli ultimi giorni), per recuperare parzialmente i costi del “salvataggio” delle 4 banche risolte, hanno “ribaltato” i costi sui clienti, alzando alcune spese e commissioni già di per sé molto elevate (vd. il precedente post dal titolo “La redditività delle banche ed i veri “tartassati”: note su uno studio della CGIA in merito alle commissioni bancarie“);
► tutto il processo di risoluzione delle quattro banche sia secretato e nulla si possa sapere se non a giochi fatti, in assenza totale di trasparenza e limpidità operativa;