Banca(rotta)Banca d’Italia ed il vizio inveterato di mistificare la realtà: “le banche italiane non fronteggiano una crisi sistemica”

Sulla scia del precedente post dal titolo Fandonie di Stato: "Le nostre banche? Più che mai solide!" Così "solide" da non farcela a restare a galla... e affondare!, vorremmo concentrare l'attenzion...

Sulla scia del precedente post dal titolo Fandonie di Stato: “Le nostre banche? Più che mai solide!” Così “solide” da non farcela a restare a galla… e affondare!, vorremmo concentrare l’attenzione adesso sulle dichiarazioni dell’attuale Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco per capire se e quanto egli, nel suo ruolo istituzionale, sia uso ed aduso ad apertamente raccontare vere e proprie frottole o, addirittura, bugie belle e buone.

Per fare ciò andremo a rivalutare, alla luce degli attuali e notissimi accadimenti che interessano Monte dei Paschi di Siena e l’intero comparto bancario, le dichiarazioni da lui rese durante la lezione dal titolo “Banche, crisi e comportamenti” tenuta presso l’Università Bocconi in Milano un mese fa circa, più precisamente il 9 novembre scorso.

A favore dei lettori più curiosi specifichiamo che il testo integrale di tale intervento è liberamente scaricabile sul sito di Banca d’Italia a questo indirizzo web, anche se qui di seguito, per comodità di consultazione, riporteremo ampi stralci di tale documento, al fine di meglio commentarli.

Vediamo, dunque, di capire cosa dice l’Istituto di Via Nazionale, per bocca del suo Governatore, in merito alle origini e cause della crisi che sta travolgendo il sistema bancario nazionale ed eventualmente sulle responsabilità in tale ambito di Banca d’Italia.

Premettiamo che, per ragioni di brevità, non commenteremo parola per parola quanto affermato da Ignazio Visco, ma ci limiteremo ad estrapolare brani (seppur ampi) di tale intervento, cercando di evidenziare quale sia il filo conduttore del pensiero dell’Organo Vigilante bancario e se esso sia coincidente (o forse no) con la rigorosa – e sempre obiettiva – prova dei fatti.

Il Governatore di Banca d’Italia non ha dubbi nell’individuare il principale responsabile della crisi attuale attraversata dalle banche:

Contrariamente a quanto accaduto in altri paesi avanzati tra il 2007 e il 2010, da noi la crisi non ha avuto origine nel sistema bancario. (…) Dalla seconda metà del 2011, la crisi del debito sovrano ha determinato per le banche italiane un forte ridimensionamento della raccolta di fondi sui mercati internazionali e un corrispondente deterioramento delle condizioni di costo; in una fase di elevata instabilità finanziaria e di consolidamento dei conti pubblici, la contrazione del credito si è anch’essa riflessa sull’attività economica.
La doppia, profonda, recessione che ha colpito tra il 2008 e il 2014 la nostra economia ha inciso gravemente, a sua volta, sulle condizioni delle banche ed è stata alla base del rilevante aumento dei crediti deteriorati.

Aggiunge Ignazio Visco che:

Nel loro complesso le banche hanno mostrato una sostanziale capacità di tenuta, sorprendente per alcuni osservatori, e non fronteggiano, contrariamente a quanto temuto da altri, una crisi di natura sistemica. Le difficoltà di singoli intermediari, anche medio-grandi, restano circoscritte; la loro serietà non va minimizzata ed esse sono oggetto di attento scrutinio. In più casi l’impatto delle crisi è stato rafforzato da comportamenti fraudolenti e gravemente scorretti.

In buona sostanza, quindi, la tesi di Banca d’Italia non ci si discosta di un millimetro dalle solite “fandonie di Stato“, che culminano con il “mantra”, ripetuto fino all’ossesso, che così recita: “il sistema bancario italiano è solido; non c’è un rischio sistemico; le banche italiane sono molto più solide di quelle di altri Paesi“.

Peraltro il buon Visco si spinge ancora più in là arrivando ad affermare che:

Analisi di tipo controfattuale (sic, controfattuale!) condotte in Banca d’Italia mostrano che in assenza della recessione l’incidenza delle sofferenze lorde sul totale dei prestiti alle imprese non finanziarie sarebbe rimasta intorno al 5 per cento, una percentuale sostanzialmente analoga a quella osservata a fine 2007, pari a circa 50 miliardi, contro i 140 registrati alla fine dello scorso anno nei bilanci delle banche italiane.

Appena incidentalmente sottolineando il capolavoro dialettico dell’espressione “analisi di tipo controfattuale“, che arriva a vette mai sfiorate neanche dalle “convergenze parallele” di democristiana memoria, secondo il ragionamento di Visco, quindi, senza la crisi le banche sarebbero state solidissime, come a dire:

se una persona non fosse morta, avrebbe goduto di ottima salute. Siamo alle comiche!!!

Peraltro, dopo avere riaffermato la solidità del sistema bancario italiano (ricordiamo che è un discorso di appena un mese fa, non di un decennio fa, quindi ce ne vuole di faccia tosta!), il Governatore della Banca d’Italia ha (forse) un moto di consapevolezza che si è spinto troppo oltre nella mistificazione della realtà ed è costretto, suo malgrado – ma con toni decisamente “morbidi” e diplomatici – ad affermare che:

Vi è la diffusa percezione che le banche e gli operatori finanziari siano più vulnerabili delle imprese non finanziarie all’affermarsi di comportamenti scorretti che talvolta, soprattutto nei periodi di crisi, possono sconfinare nell’illecito.

Anche qui non sfugga l’ironia di Ignazio Visco che fa passare un messaggio neanche troppo velato:

le banche, quando tutto va bene (e nessuno ha voglia di lamentarsi), si comportano correttamente, ma, appena arrivano i tempi duri, si arrabattano ed arraffano come, dove e quanto possono, alla faccia di ogni scrupolo deontologico e legale!

Non c’è dubbio alcuno:

il Governatore di Banca d’Italia, aldilà delle sue intenzioni, dipinge un quadro raccapricciante del sistema bancario italiano!!!

E questo è avvalorato dalle ulteriori parole di Visco, il quale, senza troppo scomporsi, aggiunge:

In tempi di crisi, quando le risorse generate dall’attività corrente si riducono e i rischi aumentano, le tensioni divengono più acute e gli incentivi a perseguire interessi particolari, anche in modo illecito, diventano più difficili da contrastare. Per questi motivi, e in quanto l’attività delle banche ha dirette conseguenze in termini di stabilità finanziaria del sistema nel suo complesso, essa è soggetta a un regime di vigilanza stringente.
I danni arrecati dai comportamenti scorretti degli amministratori e dei dirigenti delle banche (come di quelli delle altre imprese) riguardano in primo luogo gli azionisti, i creditori e i clienti (…) e l’erosione della fiducia nell’industria bancaria nel suo complesso che da questi comportamenti può derivare.

Anche in queste parole non sfugga il messaggio (neanche troppo sub-liminale) che regge il pensiero del Governatore, il quale primariamente (se non esclusivamente) è interessato nel difendere l’operato suo e del suo Istituto, addossando le responsabilità non già al vigilante, ma alle “mele marce” del sistema bancario.

Ciò è facilmente evidenziabile nel seguente passaggio, che, sebbene un po’ lungo, è, peraltro, meritevole di essere letto attentamente nella sua interezza:

In Italia, con l’acuirsi della crisi economica, la situazione di alcune banche, non solo di piccola dimensione, si è fortemente deteriorata; all’impatto della recessione si sono aggiunte le conseguenze di gestioni azzardate e prassi operative non conformi ai principi regolamentari, amplificate a volte da una governance inadeguata che ha di fatto consentito una spiccata autoreferenzialità dei manager. In più casi i comportamenti hanno anche assunto rilevanza penale
L’azione di vigilanza ha contrastato queste anomalie con gli strumenti a sua disposizione. Esse hanno riguardato tanto il lato degli impieghi quanto quello della provvista di fondi; il confine tra le due attività è peraltro labile, come mostrano in particolare quei casi nei quali i prestiti venivano concessi dalle banche subordinandoli alla sottoscrizione di azioni in occasione di operazioni di ricapitalizzazione degli intermediari. L’individuazione di questi fenomeni è il risultato di minuziose ricostruzioni, che possono aver luogo solo in sede ispettiva. In diverse occasioni l’intervento della Vigilanza, che presidia la stabilità delle banche con l’analisi delle strategie, degli assetti organizzativi e dei profili tecnici, è stato agevolato dalle denunce dei sottoscrittori.
Alla radice delle anomalie nei processi di erogazione del credito si possono identificare alcuni tratti comuni, in particolare per aziende della fascia medio-piccola, tra i quali il tentativo di raggiungere in breve tempo obiettivi reddituali troppo ambiziosi e una crescita imprudente dei volumi del credito, con l’offerta di finanziamenti a segmenti di clientela precedentemente non servita o a grandi prenditori. Sono così cresciuti i rischi dovuti alla concentrazione delle esposizioni, per singolo cliente o per settore di attività economica, in particolare nel comparto immobiliare.
Nei casi più gravi la gestione delle grandi esposizioni è risultata appannaggio personale dei vertici aziendali; non è stata, quindi, adeguatamente bilanciata dai contrappesi e dalle dialettiche interne di controllo che devono normalmente caratterizzare la funzionalità organizzativa delle banche. Tali casi, portati alla luce dall’attività ispettiva della Banca d’Italia e prontamente comunicati, nel doveroso riserbo, all’autorità giudiziaria, hanno evidenziato un circolo vizioso di commistione di interessi tra esponenti bancari e clienti finanziati, spesso celato attraverso il ricorso a società di comodo. Al decadimento dei profili tecnici e alla rimozione dei responsabili delle condotte irregolari, determinata dall’intervento della Vigilanza, non sempre hanno fatto seguito tempestive iniziative di ristrutturazione.
L’inaridirsi di fonti di reddito tradizionali quali quelle rivenienti dalla forbice fra i tassi ha spinto talora gli intermediari ad adottare aggressive pratiche in cui l’offerta e la distribuzione di alcuni prodotti abbinati a quelli tipici bancari sono risultate poco attente alle reali esigenze finanziarie della clientela. Si fa riferimento, ad esempio, alla vendita di polizze assicurative congiuntamente all’erogazione di finanziamenti, caratterizzate da esclusioni, limitazioni e carenze tali da ridurre significativamente l’ambito delle garanzie, ovvero sottoscritte in assenza dei requisiti soggettivi cui è subordinata la garanzia.
Criticità sono emerse, altresì, con riferimento ai finanziamenti per dipendenti e pensionati, quali i prestiti contro cessione del quinto, risultati connotati da opacità informative e gravati da costi spesso eccessivi. Si sono in particolare rilevate condotte opportunistiche seguite dalle reti di agenti all’atto di estinzioni anticipate dei finanziamenti e di rinnovi contrattuali.

Ora, se questa è davvero l’idea che Banca d’Italia ha degli istituti bancari da lei vigilati il quadro è davvero desolante:

più che banche sembra davvero che Visco descriva delle articolate associazioni criminali, comandate e mosse solo dal “Dio Denaro”, in spregio ad ogni qualsivoglia minimo rispetto delle leggi e decenza deontologica.

La tesi sottostante a ciò è davvero limpida: di fronte ad un marasma così grande, specie dei piccoli operatori (perché i grandi, invece, sono più “virtuosi”, vero Governatore? I casi Banca Popolare di Vicenza-Veneto Banca e Monte dei Paschi di Siena insegnano quanto lo siano!!!), che può fare la povera Banca d’Italia?

Riprendendo e facendo nostre le parole di De André nell’immortale canzone “Don Raffae’“, Banca d’Italia:

si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità!

In effetti è questo il senso delle parole del Governatore Visco laddove afferma che:

L’ordinamento assegna alla Banca d’Italia poteri di controllo da esercitare avendo come riferimento due obiettivi: la stabilità del sistema bancario e la sana e prudente gestione delle banche (“vigilanza prudenziale”), la trasparenza e la correttezza dei rapporti con la clientela relativamente ai prodotti bancari (“vigilanza di trasparenza”). (…)
Anche se ostacolata in alcuni casi da comportamenti elusivi, la vigilanza prudenziale della Banca d’Italia è stata intensa e assidua; si svolge oggi in un contesto internazionale in larga parte armonizzato, sia per quanto riguarda le regole, dove la legislazione primaria è definita da un Regolamento, immediatamente applicabile, del Parlamento europeo e del Consiglio, integrato da norme di dettaglio elaborate dall’Autorità bancaria europea, sia per quel che concerne l’azione di supervisione, che si svolge nell’ambito del Meccanismo unico di vigilanza stabilito all’interno dell’area dell’euro. (…)
Se il processo di definizione delle attività di controllo può apparire complessivamente semplice e lineare, numerosi sono tuttavia i vincoli che esso incontra nel suo svolgimento. La Vigilanza non può che muoversi entro i confini delineati dalla legge per l’attività amministrativa, all’interno dei quali deve svolgersi l’esercizio della discrezionalità “vincolata” attribuita al supervisore.

In buona sostanza, quindi, Banca d’Italia, per voce del suo Governatore, dice che il suo potere è limitato e poco incisivo e che gli strumenti a sua disposizione sono carenti e, poco, efficaci per impedire comportamenti illegittimi e sanzionare gli istituti creditizi che lo meritano.

A controprova di quanto sopra, Visco cita. ad esempio, gli importi delle sanzioni che si possono comminare:

I limiti minimi e massimi delle sanzioni sono stabiliti dalla legge; all’interno di tali limiti la Banca d’Italia determina l’ammontare delle sanzioni tenendo conto della gravità, della diffusione e della durata delle condotte anomale accertate, nonché delle azioni correttive eventualmente poste in essere. Una recente modifica del quadro normativo, introdotta a seguito del recepimento della quarta direttiva sui requisiti di capitale (CRD4), ha significativamente inasprito l’ammontare delle sanzioni applicabili. In prospettiva esse saranno commisurate alla capacità finanziaria del responsabile o all’entità del vantaggio ottenuto attraverso la violazione.

Il che equivale a dire: “fino a poco te le sanzioni stabilite per legge erano non congrue, se non ridicole, e tali da non scoraggiare gli eventuali amministratori dal perpetrare atti illegittimi o addirittura penalmente rilevanti, ma che può fare Banca d’Italia se non applicarle?

Detto ciò, peraltro, Visco sembra contraddirsi perché rivendica con orgoglio tutta l’attività ispettiva dei funzionari di Banca d’Italia, elencando con vigore i successi della propria azione:

I vincoli di legge sul segreto d’ufficio e il divieto di diffondere informazioni sull’attività di vigilanza riferite a situazioni e interventi specifici non danno al pubblico l’esatta percezione dell’intensità dell’azione posta in essere e di come questa abbia evitato che numerose situazioni di difficoltà sfociassero in crisi conclamate. I casi oggetto di maggiore attenzione da parte dei media sono quelli per i quali agli effetti sfavorevoli derivanti dal contesto di acuta debolezza dell’economia si sono aggiunti comportamenti devianti, nella maggior parte dei casi individuati attraverso le ispezioni di vigilanza. (…)
Le misure di vigilanza sono state e vengono sempre graduate in base al grado di rilevanza delle problematiche aziendali; se le difficoltà si acuiscono, gli interventi diventano via via più intrusivi, e ciò li rende inevitabilmente meno accettabili da parte degli esponenti aziendali.

Tuttavia, come prima il Governatore aveva individuato una prima causa dell’inefficacia dell’azione di Banca d’Italia (i poteri e gli strumenti affidati ad essa dalla legge), nuovamente ora tenta lo scarica-barile su altro soggetto per i problemi attuali del sistema bancario.

Dice, infatti, testualmente Visco:

In presenza di problemi gravi, ad esempio, abbiamo sovente chiesto, insieme con il reperimento di nuovo capitale, il ricambio dell’alta dirigenza; per ottenerlo, tuttavia, è necessaria la volontà consapevole degli organi deputati a decidere (l’Assemblea, per la sostituzione del Consiglio di amministrazione; il Consiglio, per la sostituzione del capo dell’azienda, dell’amministratore delegato o del direttore generale). Spesso la presa d’atto dei problemi da parte delle strutture di governo societario è lenta; ciò contribuisce a peggiorarli, innescando un circolo vizioso: se il sistema di governo rimane debole, infatti, diviene più difficile reperire i capitali necessari al risanamento della banca. Il discrimine tra situazioni contenibili negli argini della normale attività di vigilanza e quelle da affrontare con strumenti non ordinari sta proprio nel grado di condivisione da parte dell’intermediario delle richieste della vigilanza e nella sua rapidità di risposta alle sollecitazioni ricevute.
Se non si verifica una soluzione cooperativa è necessario ricorrere agli strumenti non ordinari. A questo riguardo, solo recentemente il legislatore ha previsto il potere per la Banca d’Italia di rimuovere direttamente esponenti aziendali quando la loro permanenza nella carica sia di pregiudizio alla sana e prudente gestione. È uno strumento che rafforza i poteri della vigilanza; può contribuire ad accelerare la risoluzione di situazioni problematiche prima che esse degenerino in uno stato di crisi irreversibile. Ma non può, ovviamente, risolvere immediatamente i problemi di fondo dell’intermediario; si possono infatti rimuovere gli esponenti quando ne ricorrano i presupposti previsti dalla legge, ma non si può cambiare in breve tempo il “contesto ambientale” che li esprime e che permea il resto della struttura organizzativa e societaria.
Le sanzioni sono uno degli strumenti impiegati per disincentivare comportamenti scorretti. Nel triennio 2013-2015, sono stati avviati 251 procedimenti sanzionatori; di questi, 229 sono terminati con l’irrogazione di sanzioni pecuniarie, per un ammontare complessivo di circa 65 milioni di euro, che affluiscono direttamente al bilancio dello Stato. Le condotte sanzionate hanno sovente riguardato pratiche non corrette nell’allocazione dei finanziamenti e, in particolare, carenze nel processo di selezione del credito, nell’attività di gestione e monitoraggio dell’andamento delle relazioni creditizie, nonché nella classificazione dei crediti e degli accantonamenti per le posizioni deteriorate.

Di nuovo, quindi, il Governatore getta esclusivamente sulle banche la responsabilità di tutti i comportamenti scorretti e/o illegittimi che hanno portato il sistema bancario all’attuale situazione.

Ciò è tanto vero che si dilunga ad enumerare candidamente quanti e quali siano stati i casi in cui i suoi “vigilati” si sono macchiati di azioni riprovevoli ed assolutamente da condannare:

Vi sono stati casi di disallineamento tra le condizioni pubblicizzate e quelle inserite nei contratti o effettivamente applicate e di non corretta applicazione della disciplina relativa alla remunerazione di affidamenti e sconfinamenti. (…)
Per quanto riguarda la raccolta, a fronte dei significativi interventi di ricapitalizzazione chiesti dalla Vigilanza, talune banche, piuttosto che ricercare il supporto di investitori professionali, hanno trovato più agevole collocare quote di capitale presso la clientela al dettaglio. Nel caso di alcune banche popolari, finanziamenti ai clienti sono stati erogati in coincidenza con l’acquisto da parte loro di quote di capitale dell’intermediario, talvolta con l’impegno di quest’ultimo al riacquisto delle stesse quote a prezzi predeterminati.
I finanziamenti accordati in occasione dell’acquisto di azioni da parte della clientela sono legittimi se autorizzati dall’assemblea straordinaria secondo le norme del codice civile; in questo caso, tuttavia, le regole prudenziali stabiliscono che le azioni non possono essere conteggiate nel patrimonio di vigilanza.(…)In alcuni casi, invece, abbiamo riscontrato in sede ispettiva che il capitale raccolto a fronte di finanziamenti erogati ai clienti sottoscrittori non era stato dedotto dal patrimonio di vigilanza. Le conseguenze di questi comportamenti, che si configurano in tutta evidenza come ostacoli all’esercizio delle funzioni di vigilanza, sono state in alcuni casi assai gravi.
Comportamenti elusivi sono stati talvolta adottati nel collocamento presso la clientela al dettaglio di strumenti di debito “subordinati”, emessi per soddisfare parte dei requisiti patrimoniali.

Banca d’Italia, quindi, nelle parole di Visco, è immune da ogni censura, in quanto nel suo lavoro, pur ingente e meticoloso (sempre a suo dire!), ha dovuto fronteggiare un mare di ostacoli alla sua attività di vigilanza, nell’ordine:

► i “limitati” poteri a lei concessi dalla legge;

► gli strumenti (i.e. le sanzioni) poco efficaci;

► il comportamento irresponsabile delle banche vigilate.

Peraltro, in questo quadro tratteggiato a tinte così fosche dal Governatore, è a dir poco stupefacente leggere come, in un campo così pervasivo e delicato quale il riciclaggio, i “numeri” dell’azione di vigilanza di Banca d’Italia siano così straordinariamente positivi.

Sentiamo, infatti, cosa dice testualmente Ignazio Visco:

Il caso del coinvolgimento diretto di banche in attività illecite e nel connesso reato di riciclaggio è estremamente raro, circoscritto a intermediari di minori dimensioni, legato a infiltrazioni criminali negli organi amministrativi. Grazie anche all’intensa azione dell’Unità di informazione finanziaria (UIF) e della Vigilanza della Banca d’Italia, vi è stata una adesione crescente del sistema bancario alle richieste di innalzamento dei presidi e di collaborazione attiva; il numero di segnalazioni alla UIF di operazioni sospette è salito da circa 72.000 nel 2014 a 82.500 nel 2015 e intorno a 100.000 nelle stime per l’anno in corso. Sono altresì migliorate la capacità di individuare fenomeni significativi e la qualità delle analisi, anche se alcune debolezze organizzative ancora presenti presso singoli intermediari – essenzialmente di tipo organizzativo e procedurale – possono tuttora determinare varchi per la canalizzazione di flussi finanziari di origine illecita.

Un comportamento davvero anomalo: secondo la ricostruzione di Visco, da una parte le banche ostacolano la vigilanza e cercano di impedire a Banca d’Italia di svolgere la sua attività d’ispezione, ma dall’altra (versante riciclaggio) la cooperazione è forte e pressoché totale.

Come si può spiegare questo comportamento “schizofrenico”?!? Forse che quanto affermato dal Governatore sui “pochi poteri” di Banca d’Italia non sia, usando una perifrasi, così “aderente al vero”?

La risposta potrebbe essere data da un qualsiasi funzionario bancario delle centinaia di banche italiane, perché:

chi abbia mai lavorato in banca sa con quale preoccupazione (quasi “sacro terrore”) viene pronunciata la frase: “ho Banca d’Italia in casa”, i.e.: “ho in corso un’ispezione di Banca d’Italia”, che si tratti di funzionario di agenzia, struttura centrale o direzione generale.

Già questo sarebbe un indice molto più accurato di quanto vasto ed ampio sia il potere di Via Nazionale, che non arriva al potere di “vita o di morte”, concesso all’imperatore in epoca romana, ma poco ci manca!

In ogni caso Visco, per non farsi mancare nulla alla propria “auto-assoluzione”, dopo avere addossato qua e là le colpe delle malefatte degli amministratori/dirigenti bancari al legislatore ovvero alle banche stesse (in altre parole a tutti tranne che a se stesso), effettua la famosa “quadratura del cerchio“, con una non insolita “stoccata” ai clienti bancari e risparmiatori ignoranti ed inetti.

Il Governatore ricorda, infatti, che:

Anche ai clienti è richiesto un ruolo in prospettiva più attivo. Ciò non significa scaricare su di loro carenze della regolazione o risultati di comportamenti opportunistici, ma trasformarli in alleati in un percorso di innalzamento della qualità di prodotti e servizi finanziari. Ciò implica la disponibilità ad aumentare il proprio livello di competenze finanziarie di base e ad accrescere la consapevolezza dei propri diritti e degli strumenti di tutela esistenti.

La cosa non sorprende, perché già molte “autorità” si erano espresse in tali termini, ad es. Giuseppe Vegas, Presidente di Consob (cfr. il precedente post dal titolo I guai di Veneto Banca con l’A.G.C.M. e la reputazione delle banche ai minimi storici: di chi la responsabilità maggiore? “Dei clienti ignoranti”: parola di Consob (ma non solo)), quindi la posizione del Governatore non è una novità assoluta nel panorama italiano, ma costituisce uno degli altri “mantra” del sistema bancario:

se tu, cliente, sei ignorante, poi non ti lagnare se noi banche ti rifiliamo qualche solenne fregatura“.

Giunti a questo punto ci chiediamo: come si può sinteticamente riassumere tutto quanto sopra esposto?

In effetti, secondo la (molto opinabile) ricostruzione del Governatore Visco non ci sono dubbi:

la crisi di alcune banche (non del sistema bancario) è esogena (la recessione a livello sistemico dell’economia globale), ma, nonostante tutto, il sistema nel suo complesso ha reagito molto bene, anche grazie a tutti gli sforzi di vigilanza profusi da Banca d’Italia.
Se in pochi “casi isolati” alcune “pecore nere” hanno ostacolato l’attività ispettiva, ciò è dovuto non a colpe di Banca d’Italia, ma semplicemente a due fattori:
1) i poteri e gli strumenti di cui il legislatore ha dotato Via Nazionale sono insufficienti e spesso poco incisivi;
2) le banche sono state molto agevolate nei loro comportamenti scorretti e illegali in quanto i loro clienti sono ignorantoni e, quindi, molto facili da fregare/raggirare.

Parola di Ignazio Visco…

e questa volta – ahinoi! – non siamo su “Scherzi a parte”!!!