Ci metto sempre un po’ a digerire le interviste. Le leggo, le chioso, le rileggo, le confronto con altre. A volte trovo delle contraddizioni – come dire – storiche: per alcuni quello che valeva ieri non vale oggi.
Dell’intervista che D’Alema ha dato l’altro giorno a Cazzullo sul Corsera mi ha divertito soprattutto una cosa, però: il tono. Sì, perché nelle risposte dell’ex premier provate a cambiare il nome Matteo Renzi e inseriteci quello di Silvio Berlusconi. Al netto degli argomenti – necessariamente centrati sul presente – D’Alema pare stia raccontando la parabola di un avversario politico, non del suo segretario di partito.
Ma fin qui si può anche capire. Quello che non si capisce – anzi, che sconcerta – è invece una sorta di appannamento di analisi. Mettete vicine queste due risposte: 1) Lui (Renzi ndr.) insiste sui ballottaggi; ma oggi il Partito Democratico è un partito isolato; 2) (Il sistema migliore è) il ritorno del Mattarellum. Anche perché consentirebbe di ricostruire il centrosinistra a partire dai candidati nei collegi (per vincere ai ballottaggi ndr.)
Insomma, Renzi ha ragione o ha torto?