Banca(rotta)Unicredit e l’allegra “banda (o banca?) del buco” di Banca d’Italia, Consob, amministratori bancari e revisori contabili

Non c'è davvero pace per l'intero sistema bancario che, già scosso dalla risoluzione delle 4 banche nel novembre 2015, dalla situazione critica - per dire poco - di Veneto Banca, Banca Popolare di ...

Non c’è davvero pace per l’intero sistema bancario che, già scosso dalla risoluzione delle 4 banche nel novembre 2015, dalla situazione critica – per dire poco – di Veneto Banca, Banca Popolare di Vicenza e Cassa di Risparmio di Genova, dal salvataggio pubblico resosi necessario per Monte dei Paschi di Siena (solo per parlare dei casi più noti al grande pubblico), deve adesso mettere mano al delicatissimo “caso Unicredit“.

Nella giornata di ieri, infatti, la Banca ha emesso un Comunicato Stampa, che riportiamo interamente qui di seguito stante la sua brevità:

Oggi il Consiglio di Amministrazione di UniCredit ha esaminato le stime dei risultati preliminari consolidati dell’esercizio 2016.
I risultati del Gruppo sono influenzati negativamente da poste non ricorrenti di cui circa Euro 12,2 miliardi erano stati comunicati il 13 dicembre 2016 in occasione del Capital Markets Day di UniCredit, nel contesto della presentazione al mercato del Piano Strategico 2016-2019 (“Transform 2019”).
Il Gruppo ha preso in considerazione una serie di ulteriori svalutazioni una tantum pari a circa Euro 1,0 miliardo, che si attende verranno contabilizzate nell’esercizio 2016. Tali poste una tantum derivano principalmente da una maggiore svalutazione della quota nel Fondo Atlante, di alcune partecipazioni e imposte differite attive (DTA) dovute a differenze temporali e dai contributi straordinari al Fondo di Risoluzione Nazionale.
Di conseguenza, nella stima dei risultati netti 2016 del Gruppo si prevede di registrare una perdita di circa Euro 11,8 miliardi.
Rettificato dalle poste non ricorrenti, il risultato economico netto del Gruppo 2016 sarebbe stato positivo.
In linea con le informazioni comunicate nel Documento di Registrazione pubblicato oggi e disponibile sul sito internet UniCredit www.unicreditgroup.eu, si prevede che il CET1 ratio al 31 dicembre 2016 non sia temporaneamente in linea per circa il 2% con il requisito di capitale applicabile alla stessa data (requisito Supervisory Review Evaluation Process (SREP) includendo i buffer Countercyclical e G-SIFI, pari complessivamente a 10,005%). Si attende che tale deficit venga completamente ripristinato dopo la sottoscrizione dell’aumento di capitale che, soggetto alle approvazioni da parte dell’autorità di vigilanza, dovrebbe concludersi prima del 10 marzo 2017 sulla base del calendario corrente.
Gli obiettivi finanziari del piano “Transform 2019” rimangono invariati: in particolare, l’obiettivo del CET1 ratio si conferma al di sopra del 12,5% nel 2019, in linea con la guidance comunicata durante il Capital Markets Day, in quanto la maggior parte degli impatti delle citate poste non ricorrenti erano già inclusi nei target.
Infine UniCredit conferma che i risultati preliminari consolidati dell’esercizio 2016 saranno sottoposti all’approvazione del Consiglio di Amministrazione e comunicati il 9 febbraio 2017.
Milano, 30 gennaio 2017

Al netto di un linguaggio tecnico, volutamente non proprio comprensibile a chi non abbia una cultura finanziaria medio-alta, traduciamo quanto sopra in “parole povere”:

► nel corso del 2016 dovranno essere messi a Conto Economico di Unicredit delle svalutazioni per un totale di 12,2 miliardi, dovuti a “poste non ricorrenti” (consistenti in gran parte a crediti inesigibili verso clienti in sofferenza, il “famigerato” credito deteriorato che tanti danni ha prodotto in M.P.S. e nelle banche “risolte”), ed 1 ulteriore miliardo, essenzialmente dovute ai contributi straordinari al Fondo di Risoluzione Nazionale;

► la perdita secca a bilancio 2016 (da approvare) sarà di 11,8 miliardi di euro;

► in conseguenza di tali perdite il patrimonio di vigilanza scenderà sotto la sogli limite imposta dalla Banca Centrale Europea (Unicredit è soggetta al suo controllo come “banca sistemica”) di circa il 2,0%;

► Unicredit ha assoluta ed impellente necessità, quindi, di ricapitalizzare per non essere sottoposta a commissariamento o peggio ed è già in atto un aumento di capitale che dovrebbe concludersi entro il 10 marzo 2017, ma il cui esito è tutto meno che certo, al pari di quello tentato da Monte dei Paschi di Siena e miseramente fallito.

Ora, posto che una svalutazione così massiccia di crediti deteriorati non si verifica da un giorno all’altro, ma nel corso di molti semestri/anni, formuliamo una domanda molto semplice:

dove diamine erano Banca d’Italia, Consob, gli organi tutti della Banca, compresi i revisori contabili, quando tutte queste cose avvenivano e la Banca continuava a postare nei propri bilanci “utili” sulla carta?!?

La domanda è seria, tanto è vero che nel suo Comunicato Stampa Unicredit si nasconde dietro alla solita “foglia di fico” (sempre usata un po’ da tutti nel settore) delle “poste straordinarie”, volendo con ciò significare che senza queste rettifiche/svalutazioni “inattese” (?!?) la Banca stessa scoppierebbe di salute.

Dice, infatti, testualmente il Comunicato che “rettificato dalle poste non ricorrenti, il risultato economico netto del Gruppo 2016 sarebbe stato positivo“, come a dire:

se non perdessi così tanto in quello che faccio (cioè prestare soldi), sarei in utile, come a dire che se non fosse una situazione seria, tendente al drammatico, sarebbe una barzelletta!!!

Perché, diciamocela tutta, fare banca è un mestiere serio ed il rischio di credito è connaturato ad ogni e qualsivoglia prestito. E’ tutta la vita “gestione caratteristica” una svalutazione dei crediti e non certo una “posta straordinaria” (come, ad esempio, una alienazione di beni o qualcosa di non ripetibile), perché attiene alla gestione operativa della banca che, prestando soldi, corre il rischio di non vederseli restituiti, specie se li ha dati in grande quantità (M.P.S. e le 4 banche “risolte” insegnano) a pochi clienti, non proprio meritevoli.

Peraltro:

► con bilanci bancari che hanno l’attendibilità che hanno (vd. il precedente post dal titolo Il vaso di “Bancora”: brevi note sul credito deteriorato delle banche e sui più che legittimi dubbi circa i numeri ufficiali );

► con indici di solidità che lasciano il tempo che trovano (vd. il precedente post dal titolo Fra un CET1 e un Cetto La Qualunque chi è il più affidabile? Note critiche sulla supposta solidità “ufficiale” delle banche);

► con revisori contabili che hanno l’utilità di una forchetta per bere il brodo (vd. il precedente post dal titolo M.P.S. e l’impossibilità dei revisori di esprimere un giudizio sul bilancio intermedio al 30 settembre: una tragedia vera o forse, molto più semplicemente, una grottesca farsa?);

► con Organi di Vigilanza che meglio sarebbe chiamare “Organi di Assenza” (vd. il precedente post dal titolo Banca d’Italia ed il vizio inveterato di mistificare la realtà: “le banche italiane non fronteggiano una crisi sistemica”);

► con Governi e Ministri che di soluzioni tampone ed abborracciate fanno la regola (vd. il precedente post dal titolo “Salvate il Soldato Banca”: note sulla meritevolezza di tale salvataggio e sulla sua inutilità senza riforma sistemica);

alla luce di tutto questo Unicredit ha tutto il diritto di dire quello che dice, anche se ciò non contribuisce minimamente a rasserenare i risparmiatori e gli investitori, che oramai non credono più alle “banche non fallibili”.

Anche in questo stanno le enormi ed irreversibili responsabilità dell’infausto Decreto Legge n. 183 del 22 novembre 2015 (quello della “risoluzione” delle quattro banche), quando molti Italiani capirono sulla proprio pelle che anche le banche potevano fallire e che i loro soldi non sarebbero più stati sicuri da quel momento!

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