Banca(rotta)Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle banche: bene. E a quando una Procura Nazionale contro i Reati Finanziari?

Prendiamo spunto dalle gravi notizie che stanno arrivando - ormai a cadenza giornaliera - dal fronte del sistema bancario per riportare agli onori della cronaca un dibattito che è ormai quasi scomp...

Prendiamo spunto dalle gravi notizie che stanno arrivando – ormai a cadenza giornaliera – dal fronte del sistema bancario per riportare agli onori della cronaca un dibattito che è ormai quasi scomparso in questo periodo dalle testate giornalistiche.

Un mese fa circa, esattamente il 10 gennaio, c’è stato il “via libera” da parte di Camera e Senato alla Commissione d’inchiesta sulle banche (cfr., ad es., al riguardo l’articolo su IlSole24Ore Banche, ok di Camera e Senato alla Commissione d’inchiesta) ed adesso si aspetta che venga presentato un disegno di legge, auspicabilmente condiviso fra maggioranza ed opposizione, da approvare nel più breve tempo possibile, che specifichi i compiti ed i poteri di tale Commissione.

Posto che non è mai troppo tardi, anche se una Commissione di tale genere sarebbe occorsa già qualche anno fa e – forse – è già di fatto superata dai fatti che incalzano, ci limitiamo a fare notare che sarebbe forse più opportuno ragionare in questo momento di qualcosa di diverso, che andremo appresso a specificare dopo un breve ragionamento logico.

Quello, infatti, che sta accadendo nel mondo bancario è assolutamente grave e pre-ordinato: lo Stato sta effettuando un vero e proprio colpo di spugna con soldi pubblici sulla cattiva gestione dell’intero sistema finanziario (a parte le 4 “banchette” risolte, di cui interessa soltanto ai relativi risparmiatori azzerati), partendo da Monte dei Paschi di Siena, ma preparandosi, successivamente, ad intervenire in molti altri casi.

Si cancellerà, quindi, a spese dei contribuenti il gravissimo e colpevole fallimento di un’intera classe dirigente bancaria e dei relativi Organi di Vigilanza (Consob e Banca d’Italia in primis, ma non solo), scaricando sulle spalle degli Italiani gli effetti dei dissesti creati dall’irresponsabile comportamento di molti (non tutti, fortunatamente) amministratori bancari.

In tale schema prima si andranno a colpire gli obbligazionisti subordinati (per la maggior parte ignari risparmiatori) con gli strumenti del “burden sharing” ed, eventualmente, del famigerato “bail-in“, parallelamente chiedendo ai contribuenti di “garantire” con le proprie tasse l’ingente massa di credito deteriorato che molti Istituti Bancari “too big to fail” (i.e. troppo grandi per fallire) hanno in pancia.

Peraltro non bisogna dimenticare che, come abbiamo avuto modo di dire in molti dei nostri precedenti posts, i crediti inesigibili, che stanno rapidamente affossando l’intero sistema bancario, non nascono né da fattori imprevedibili né da circostanze sfortunate, essendo per lo più i frutti scellerati di una mala gestio degli organi apicali bancari, come dimostrato ampiamente per tabula in un precedente post dell’agosto 2016 dal titolo La crisi delle banche e la soluzione di buon senso: brevi note sul Modulo 253.

In quel contributo scrivevamo testualmente (e sottoscriviamo a fortiori oggi) quanto segue:

nella situazione asetticamente rappresentata da Banca d’Italia, il 70,35% dello stock sofferenze è determinato in numero solo dal 2,63% dell’intera popolazione dei clienti in sofferenza, mentre il restante 97,37% dei clienti cumula nel complesso il 29,65% delle sofferenze di sistema.

Detto in parole molto più semplici: pochissimi grandi clienti (meno di 3 su 100) rappresentano i sette decimi di tutte le sofferenze bancarie italiane!

Domanda (retorica?): non sarà mica per caso stato sbagliato il processo decisionale che ha portato ad affidare tali clienti?

Partendo da questo dato di fatto ed alla luce della disastrosa situazione in cui versa il sistema bancario, complici svariati riforme (partendo da quella Amato-Ciampi) che hanno sostanzialmente costruito un capitalismo finanziario basato più sulle relazioni che sul merito creditizio di controparte, nel quale, cioè, gli amministratori rispondevano più alle “istanze” (richieste di affidamento) dei “compagni di merende” (ci venga concessa una battuta faceta!) che non agli obblighi deontologici e legali verso chi i soldi versava in banca a vario titolo (soci, azionisti, obbligazionisti, correntisti, risparmiatori), vogliamo qui di seguito ricordare sinteticamente alcune delle recenti crisi finanziarie che hanno colpito severamente interi distretti territoriali sul suolo italico:

► Montebelluna (TV) – Veneto Banca;
► Vicenza – Banca Popolare di Vicenza;
► Genova – Cassa di Risparmio di Genova;
► Arezzo – Banca Etruria;
► Jesi (AN) – Banca delle Marche;
► Ferrara – Cassa di Risparmio di Ferrara;
► Chieti – Cassa di Risparmio di Chieti;
► Rimini – Cassa di Risparmio di Rimini;
► Cesena – Cassa di Risparmio di Cesena;
► Siena – Monte dei Paschi di Siena.

Sotto la “coperta” della garanzia statale dei vari assets bancari (possiamo rinominarla come vogliamo ma la sostanza è che lo Stato si rende solidalmente garante con le banche nei confronti dei loro creditori) si sta procedendo sostanzialmente ad nuova “nazionalizzazione occulta” del sistema bancario.

Riaffermando, quindi, quanto già espresso nel precedente post dal titolo “Salvate il Soldato Banca”: note sulla meritevolezza di tale salvataggio e sulla sua inutilità senza riforma sistemica, vi è la necessità di chiedere con forza che, mentre si tutelano gli investitori, non ci si dimentichi delle cause e delle responsabilità della crisi bancaria attuale.

In questo senso, quindi, più che l’ennesima Commissione Parlamentare d’Inchiesta, della cui efficacia ci permettiamo fin da ora di dubitare (stante il forte intreccio banchieri-politica ancora oggi indubbiamente presente), servirebbe forse molto di più l’istituzione di una Procura Nazionale per la lotta ai reati finanziari (sul modello della già esistente Procura Anti-mafia o di quella Anti-terrorismo), purché dotata, ovviamente, di competenze umane, strumenti tecnologici e disponibilità economiche per svolgere adeguatamente il proprio compito, considerando come gli attuali “Vigilanti” (Banca d’Italia e Consob su tutti) si sono dimostrati palesemente carenti, se non addirittura inadeguati ad un tale compito.

Questa richiesta scaturisce, in fin dei conti, da un semplice fatto inoppugnabile:

se oggi ci si limita a garantire la sopravvivenza delle banche con soldi pubblici (e, quindi, in ultima analisi, con i soldi faticosamente messi da parte dai contribuenti) senza cambiare il modello che ha portato il sistema al collasso, alla prossima crisi le banche saranno di nuovo sull’orlo del fallimento, ma questa volta lo Stato non potrà più intervenire perché avrà di fatto inutilmente bruciato l’unica ricchezza che possedeva: il risparmio degli Italiani.

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