Viva la FifaPerché giocare il derby di Milano alle 12.30 di sabato è la scelta migliore

Il prossimo derby di Milano tra Inter e Milan si giocherà di sabato. E fin qui. Alle 12.30. Ah no. Fine del mondo, che schifo, lo fanno per i cinesi, cosa c'entrano loro con Milano, eccetera. Ci si...

Il prossimo derby di Milano tra Inter e Milan si giocherà di sabato. E fin qui. Alle 12.30. Ah no. Fine del mondo, che schifo, lo fanno per i cinesi, cosa c’entrano loro con Milano, eccetera. Ci siamo talmente abituati all’idea di anticipi e posticipi, che ora spostiamo l’asse della polemica e dibattiamo sull’orario: negli ultimi anni, diciamo anche negli ultimi decenni, molto raramente abbiamo visto un derby di giorno: la sera è quando il calcio veste l’abito migliore, almeno secondo i rigorosi canoni della tv. All’inizio abbiamo mugugnato, qualcuno ancora oggi si lamenta dicendo “No al calcio moderno”, ma in generale si può tranquillamente affermare che ci sembra più strano un derby quando i raggi di sole trafiggono l’enorme cornice di ferro di San Siro, per posarsi caldi sul manto erboso al posto della fredda luce artificiale. E poi certo, domenica 16 marzo è Pasqua, mica si può giocare durante una festa religiosa.

Inter-Milan si disputerà il 15 aprile, sabato. Alle 12.30. Se prima comandavano le televisioni con i loro milioni – e lo fanno ancora, basta notare che più del 50% dei ricavi della Serie A dipendono dai diritti tv – ora tocca ai cinesi. E si gioca a ridosso dell’ora di pranzo, che orrore: nessuno potrà andare allo stadio a quell’ora. La Scala del calcio vuota, il pallone svenduto ai cinesi.

Così alla fine è colpa loro, che “con Milano non c’entrano nulla”. Così come non c’entrano nulla gli arabi, che si sono comprati mezza città, mentre noi eravamo impegnati a fare altro. Tipo guardare le partite in tv, a qualsiasi ora. Già, in Italia allo stadio si va sempre meno e non è certo colpa dei cinesi. Inter-Atalanta, che ha visto quasi 60mila spettatori per un match giocato alle 15, è una mosca bianca in quello che è diventato il nostro pallone: non andavano così tanti nerazzurri a San Siro dalla gara contro la Juventus del 2013 (oltre 70mila, sempre alle tre del pomeriggio). Quasi quattro anni. E di questa mancanza di pubblico si possono dire molte cose, trovare tante cause. Prima tra tutte, l’andamento della squadra. Inutile nascondersi: lo stadio è più facile da riempire, quando sei spinto a farlo, cioè quando la squadra va bene. Oppure, quando si crea il giusto contesto: quella contro l’Atalanta era una gara contro una diretta concorrente per l’Europa, guidata per giunta dal “poco gradito” Gasperini. Un po’ come “poco gradita” è la Juventus: quest’anno non a caso è stata fino ad ora la gara più vista in assoluto a San Siro, con 76mila spettatori, benché di sera. E poi ci sono gli stadi stessi, che a parte rari casi sono orridi, vecchi, scomodi. Lo sappiamo, lo diciamo e ridiciamo, ma poi facciamo finta di nulla e diamo la colpa alla tv se non ci andiamo.

Ci vengono in aiuto un po’ di numeri dell’ultimo Report Calcio, stilati come ogni anno dalla Figc. Cioè, sono numeri certificati dallo stesso calcio italiano:

I cinesi, in tutto questo, ci riportano alla realtà. Cioè al presente e al futuro. Cinesi sono i nuovi proprietari dell’Inter, cinesi anche i proprietari del Milan. Ci fa orrore sapere che finiamo in mano agli stranieri, dimenticando come trattiamo poi i nostrani. Negli ultimi anni, solo un nuovo grande proprietario italiano si è affacciato alla Serie A, ed è Squinzi con il Sassuolo: ha comprato uno stadio per diversificare i ricavi, ha investito nei giovani, recuperato il calcio femminile a Reggio Emilia, ma anziché valutarne l’impatto nel nostro asfittico pallone abbiamo preferito rompergli i coglioni perché ha “invaso” una città non di appartenenza alla squadra e perchè Berardi non gioca contro la Juve e bla bla bla. Per non parlare di Pallotta, allargando il discorso ai nuovi padroni del calcio stranieri: è arrivato con il progetto di un nuovo stadio e si è ritrovato ad avere a che fare con la Raggi.

E allora, benché il sospetto che siano ancora inesperti è forte, visto il quadro fosco teniamoci stretti i cinesi e le loro abitudini. Per loro è più comodo vedere il derby a una certa ora? Ok, adeguiamoci. Lo abbiamo già fatto, da tempo. Indovinate dove si giocherà anche questo il derby estivo?

 https://twitter.com/Inter/status/841551976001335297 

Lo si fa per soldi (che non puzzano), ma anche per i nuovi tifosi (nemmanco quelli maledorano, fidatevi): in Cina è pieno. Ma lo è anche nel resto dell’Asia. Altrimenti, l’Intre non perderebbe nemmeno tempo a fare tweet del genere (così come fanno molte altre big d’Europa).

 https://twitter.com/Inter/status/840887608305631232 

Lo fanno anche in Liga, dove hanno fatto del Clasico una partita a parte, in pratica un brand inglobato nella Liga stessa ma indipendente. Tanto forte da fare sì che la Internationa Champions Cup, il grande torneo estivo che si gioca in tutto il mondo tra i grandi club globali, è riuscita a organizzare una sfida tra Real e Barcellona a Miami oer il prossimo 29 luglio: per il disturbo, i due club prenderanno anche un gettone di presenza da 6 milioni di dollari. Una specie di Super Bowl del calcio, che rientra nella strategia di valorizzazione della Liga: la stessa che – udite udite! – ha fatto sì che il Clasico dell’ultimo dicembre sia stato giocato alle 16.15, per favorire gli orari cinesi, in particolare di Pechino, quando erano le 22.15 al fischio d’inizio. Il bello è che la partita non è stata trasmessa in Inghilterra, perché lì le regole vogliono che una gara di sabato tra le 14.14 e le 17.15 non venga data in tv, per fare sì che la gente eviti di andare allo stadio. Ma in Liga hanno fatto spallucce: se il nuovo mercato è la Cina, è in Cina che conta vendere il prodotto. Un prodotto di entertainment, che va pubblicizzato: è così che ad esempio sia il Real Madrid che la Liga hanno deciso aprire Cafè e Lounge tra Dubai e Qatar. Unendo questa strategia globale a quelle singole di Real e Barcellona, oggi il Clasico è un brand forte, identitario. Il derby di Milano lo è altrettanto? Perché?

Ultima cosa. Abbiamo fatto un accenno agli stadi inglesi. Cioè dove cioè il pubblico va volentieri, ma dove tanti protestano per il caro-biglietti, perché le squadre proprietarie degli impianti spendono per dare comfort e devono rientrare dall’investimento anche così: è la getrificazione, bellezza. Comodità è anche selezione di pubblico. Accadrà anche in Italia, se avremo gli stadi di proprietà come li desideriamo da tempo. E quando ci lamenteremo del caro biglietti, ci andrà bene la partita in tv a quasiasi ora. Tanto la gente allo stadio non va nemmeno ora, con i prezzi più bassi rispetto alle altri grandi leghe (sempre da Report Calcio, vedere tabella qui sotto):

E se lo stadio non ci piace, non lamentiamoci dunque. Meglio promuovere il prodotto all’estero, dove fare della Serie A un brand finalmente forte.

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