Viva la FifaSe la colpa di una sconfitta è di RaiSport, il Napoli ha un problema di comunicazione

La Juventus ha battuto il Napoli per 3-1 nella semifinale d'andata di Coppa Italia. Una partita certamente sentita da entrambe le squadre, non solo per l'importanza del match in sè: tra azzurri e b...

La Juventus ha battuto il Napoli per 3-1 nella semifinale d’andata di Coppa Italia. Una partita certamente sentita da entrambe le squadre, non solo per l’importanza del match in sè: tra azzurri e bianconeri esiste un’accesa rivalità, accentuata dagli scontri diretti degli ultimi anni per la lotta per lo scudetto e per lo stesso trofeo nazionale. In una gara così, che è pronta a prendere fuoco per un niente, alcune decisioni arbitrali hanno fatto scattare polemiche francamente evitabili.

Come già chiarito in post precedenti, qui non si parla di arbitri, o meglio dei loro errori come unica e sola giustificazione per la sconfitta di una squadra. Questo non significa evitare di criticare l’operato dell’arbitro: così come si analizza un giocatore, lo si può fare anche per un direttore di gara. Il problema nasce quando la società che si ritiene parte lesa dopo una partita non ritiene di dover distendere gli animi, ma anzi sposta il fuoco della discussione verso una ulteriore polemica.

Analizziamo dunque la questione, concentrandoci sul tema: il Napoli ha un problema nella gestione della comunicazione. Finita la partita, sull’account twitter ufficiale del club è comparso questo:

 https://twitter.com/sscnapoli/status/836698171896184832 

A prima vista, può sembrare un’azione tecnicamente riuscita. Il soggetto in questione, che si sente attaccato, contrattacca provando ad intercettare il sentimento di rabbia che monta da parte dei propri tifosi sui social, creando un hashtag ad hoc provocatorio e per questo destinato ad essere ripreso dai tifosi stessi e dai media in maniera istantanea. Da una parte dunque si cerca di creare engagement contando sulla pancia del tifoso, dall’altra ci si difende attaccando non frontalmente la squadra avversaria, ma addirittura chi ha commentato la partita in televisione. Un modo come un altro per spostare il fuoco della discussione su altro, evitando di entrare nel merito: e cioè, ad esempio, che il Napoli ha semplicemente perso contro una rivale che ha azzeccato il cambio (quello di Cuadrado), mentre Sarri è andato più in difficoltà.

Cose che possono succede, certo. Quello che non dovrebbe succedere è il riunire i tifosi a raccolta in una protesta che poco ha a che vedere con il lato squisitamente tecnico. E il tweet del Napoli, in questo senso, riflette il modello di gestione della comunicazione di tutta la società. Dopo la gara, rompendo il silenzio stampa, il direttore sportivo del Napoli si è presentato ai microfoni di Rai Sport lamentandosi dell’arbitro e spiegando che non era ben accetto alcun contraddittorio. Secondo grave errore: se rompi il silenzio stampa, accetti il confronto. Altrimenti, un bel tacer non fu mai scritto: che senso ha criticare un certo modo di fare televisione, se poi però sfrutti quello stesso canale per infuocare la polemica?

L’errore della getsione della comunicazione nasce da un precedente errore, quello fatto in occasione degli ottavi di Champions. Non è la prima volta che si verifica una situazione di questo tipo, cioè dove chi amministra la società si trova a dover spostare l’attenzione su altro che non sia l’aspetto puramente tecnico. A Madrid, dopo la sconfitta contro il Real, è stato De Laurentiis ad assumersi questa responsabilità, prendendosela con il tecnico in diretta televisiva (la televisione qui gli ha fatto comodo) e accusando la squadra di avere poca “cazzimma”: anche qui, il presidente ha cercato la pancia del tifoso, anziché parlare con il tecnico in privata sede. In quel caso, la tattica non ha funzionato, visti gli striscioni pro-Sarri e contro De Laurentiis apparsi in campionato contro il Chievo.

E se la colpa non può essere di Sarri, lo è di Rai Sport. Niente di più falso. Si può contestare il modo di fare una telecrinaca, lo stile, la competenza della prima voce e della spalla tecnica, certo. Ma di recente, sono state sui social diverse le accuse lanciate a chi fa questo lavoro: dai commentatori Sky di Inter-Roma “troppo interisti” ad Ambrosini contro il quale è stata lanciata una campagna online per non farlo più commentare il Milan, fino a ieri sera. Se i giornalisti non possono più scrivere nulla perché servi di questo o di quell’altro, ora non si può più fare nemmeno una telecronaca in santa pace senza riceve accuse di faziosità. Il Napoli sta cavalcando questo mood, questo clima preoccupante: se perdi, è colpa dell’arbitro e di chi commenta. Non va bene.