Siamo alle solite. Nulla è cambiato. Il mantra è sempre: forte coi piccoli e debole coi forti.
Ma mi mordo fin da subito la lingua. Mi riprometto di stare calmo, di respirare profondamente e contare fino a cento prima di fare ogni commento sul tema. Un training autogeno necessario, al termine di una settimana che è stata, a dir poco, spumeggiante. Si è parlato di banche, ma soprattutto si è parlato di crisi delle banche. Non tutte però. Si è parlato delle sole crisi in cui “verterebbero” le banche “less significant”. Una questione di terminologia: le banche meno significative. Insomma, quelle piccole.
Beh, nessuna sorpresa. Chi se la prenderebbe con il vicino alto 2 metri e passa? Meglio mettere a nudo l’altro vicino, quello alto poco più di un metro e mezzo. Una scelta logica verrebbe da dire. Una scelta anche di opportunità, aggiungo io. Si passano al microscopio le banche “less significant”. Quelle che nella scala ‘ di importanza’ contano meno; cos’hanno, correntisti di serie “B”?.”
Il motivo ci è stato detto alla radio pochi giorni dopo: «Non creare panico». Certo, «non bisogna creare panico tra i risparmiatori». I correntisti «non devono andare in panico» se vedono la loro banca in classifica. No panic quindi. E meno male che ce lo hanno detto e ripetuto. Suvvia, andiamo … ‘cca nisciuno è fesso: così il panico lo generi di proposito. È una tecnica di comunicazione: negare per sottolineare.
Lo spunto è stato il lavoro fatto da Mediobanca sui bilanci 2015 utilizzando l’ormai famoso e famigerato Texas ratio, cioè il rapporto tra NPL e patrimonio. E i rapporti sopra il 100 evidenziano criticità. E più sali, più i rischi si fanno più grossi per le banche e quindi – ovvio – per i risparmiatori. Il principale giornale economico nazionale ha ripreso, giustamente, la notizia. Ma, osservando il “mare magnum” del mondo del credito, è rimasto affascinato da sardine, acciughe e ombrine. Balene, pesci spada e tonni sono passati inosservati. Problemi di diottrie? Così nell’articolo che ha fatto onore alla non certo onorevole classifica l’attenzione è stata tutta – e solo – per le Bcc. Quale onore! Ma non erano le banche “less significant”?
Il motivo ci è stato detto alla radio pochi giorni dopo: «Non creare panico». Certo, «non bisogna creare panico tra i risparmiatori». I correntisti «non devono andare in panico» se vedono la loro banca in classifica. No panic quindi. E meno male che ce lo hanno detto e ripetuto. Suvvia, andiamo … ‘cca nisciuno è fesso: così il panico lo generi di proposito. È una tecnica di comunicazione: negare per sottolineare.
Se l’obiettivo era far vedere che il Credito Cooperativo è diverso – grazie – ma lo sapevamo già. Bcc no panic. Non si può creare il panico. Le Bcc si sono risolte i problemi in casa con i propri (al plurale) fondi, senza chiedere nulla a nessuno. Inoltre, come sappiamo, hanno contribuito al salvataggio degli altri Istituti attraverso il Fondo di Risoluzione Nazionale. Squali e balene non possono dire lo stesso.
Comunque, bene hanno fatto a puntare tutte le luci disponibili sulle problematiche delle Bcc. Se l’obiettivo era far vedere che il Credito Cooperativo è diverso – grazie – ma lo sapevamo già. Bcc no panic. Non si può creare il panico. Le Bcc si sono risolte i problemi in casa con i propri (al plurale) fondi, senza chiedere nulla a nessuno. Inoltre, come è noto, hanno contribuito al salvataggio degli altri Istituti non cooperativi saliti agli onori delle cronache attraverso il Fondo di Risoluzione nazionale, lasciando tranquillo il contribuente perché noi al Fondo di Risoluzione Nazionale abbiano solo contribuito e non chiesto (www.linkiesta.it :Pagare chi ti fa concorrenza e una storia solo italiana). Il nocciolo della questione è sempre lo stesso: la cooperazione che fa rete, si autosostiene e sostiene il territorio facendo da scudo al risparmiatore e correntista. Ma anche lasciando tranquillo il contribuente, scusate se è poco…
Ecco, la cooperazione. Saremo pur chiamati “less significant”, ma di sicuro infondiamo tranquillità.
Punto.