Macron l’europeista e la superiorità del doppio turno francese

Le elezioni in Francia sono uno spartiacque per il futuro dell’Europa. Lo sapevamo da mesi. Ma ne abbiamo ancora più consapevolezza oggi che conosciamo il risultato del primo turno. Un panorama ...

Le elezioni in Francia sono uno spartiacque per il futuro dell’Europa. Lo sapevamo da mesi. Ma ne abbiamo ancora più consapevolezza oggi che conosciamo il risultato del primo turno.

Un panorama frammentato
In primo luogo, il popolo francese ha risposto nel modo migliore partecipando in massa al voto. Consapevole dell’importante passaggio storico, non ha fatto mancare il suo punto di vista. Gli elettori francesi hanno espresso un panorama politico frastagliato e controverso. Almeno quattro candidati girano intorno al 20 per cento dei voti. Il che significa che nessuno da solo è in grado di rappresentare una maggioranza ‘geometrica’ nel paese.

Il voto dei francesi è un voto che, in sostanza, destruttura il tradizionale sistema dei partiti francese: sembra sancito un addio a quel tradizionale bipolarismo che ha visto fronteggiarsi il socialismo storico e il gollismo nazionale, lasciando piccoli numeri ai centristi e agli estremisti di destra e di sinistra. Il panorama attuale è completamente mutato.

La frattura tra europeisti e sovranisti
Insieme alla frammentazione, va rilevata la frattura tra le forze democratiche, costituzionali ed europeiste e quelle radicali, populiste e nazionaliste. Espressione principale di queste seconde è certamente Marine Le Pen con il suo Front National, una forza di destra xenofoba che nulla ha da spartire con la destra democratica del Generale De Gaulle.

E’ difficile però non assegnare a questo schieramento populista e nazionale un candidato come Melenchon, espressione di un estremismo uguale e contrario a quello della Le Pen. In questo, il caso francese si discosta da quello italiano, in cui il M5S assomma in sé radicalismi diversi – di sinistra, di destra e di centro – unificati dallo scetticismo antieuropeo. Questa linea di faglia – politica e culturale – tra europeisti e sovranisti è ulteriormente confermata dalle dichiarazioni post elettorali: Melenchon non ha espresso un orientamento a favore di nessuno dei due candidati, in questo modo saldando di fatto la sua proposta populista con quella lepenista.

Viceversa, Hamon e Fillon, i rappresentanti del sistema politico tradizionale declinante, hanno lanciato un appello per il ballottaggio a favore di Macron, mostrando un minimo di buonsenso europeista. Quello che sta peggio tra i due, tuttavia, è certamente Hamon: il suo bottino elettorale è scarso e conferma la crisi del socialismo storico europeo e la necessità di cercare una nuova via.

Macron e il nuovo riformismo europeo
Sarà Macron questa nuova via del riformismo francese ed europeo? Probabilmente si.

Ma a condizione di riconoscere che il mondo è cambiato e che non esistono oggi le condizioni per la riproposizione della socialdemocrazia dei ‘trenta d’oro’ del Novecento. Macron esprime una leadership diversa, capace di incarnare la personalizzazione tipica di questa epoca mediatizzata fin dal nome di un movimento nuovo che condivide le iniziali del nome del suo leader (En Marche! – Emmanuel Macron).

Nel giro di appena un anno ha cambiato il volto della vita politica francese: da una parte, rottamando il socialismo storico a partire dal cliché fondamentale del tassa e spendi; dall’altra, incarnando una proposta squisitamente ed entusiasticamente europeista, assolutamente controcorrente rispetto al clima presente. Macron sembra in grado di fronteggiare la minaccia dei nazionalisti, senza rinunciare all’appello identitario alla patria francese e a quella europea. “Cerchiamo giustizia e uguaglianza perché ciascuno possa trovare il proprio angolo di cielo in Francia e in Europa”: al di là della retorica elettorale, questa frase del giovane candidato al ballottaggio, sullo sfondo della bandiera blustellata comunitaria, sembra, ben più che una vaga speranza, un progetto concreto di società aperta capace di rilanciare la costruzione europea. Come europei ne abbiamo assolutamente bisogno.

Doppio turno francese: una democrazia che funziona
L’ultima considerazione riguarda il funzionamento della democrazia francese. Il risultato elettorale odierno in un sistema ‘proporzionalizzato’ come quello italiano sarebbe un vero e proprio disastro. Assai difficile venirne a capo. Il sistema a doppio turno francese, viceversa, contiene i correttivi necessari per garantire anche la praticabilità di un impegno di governo. Ancora una volta dobbiamo riconoscere l’efficacia di quel modello elettorale: ulteriore dimostrazione che un sistema istituzionale che riposa su regole coerenti è una garanzia nei momenti di crisi.

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club