Una traiettoria ben precisa la quale punta tutta a destra. Si registra infatti la voglia di arrivare sulla soglia del burrone come la sfida senza appello di uno sport estremo. Solo che non si tratta del performer adreanlinico che riprende tutto con la sua telecamerina e rischia nel peggiore dei casi la propria pelle, ma è una nazione intera a dirigersi verso un bivio che implica una scelta simile ad un punto di non ritorno della storia.
Accade perciò che si va anzitutto in Francia (ma non solo) verso una presidenza di estrema-destro e a velocità rapida: perché questa neo-estremadestra dilaga inglobando pezzi di società precedentemente orientate persino a sinistra? E’ la prima e laconica domanda che si pongono i sociologi Luc Boltanski e Arnaud Esquerre, nel loro saggio Verso l’Estremo per i tipi della Mimesis Edizioni. Luc Boltanski e Arnaud Esquerre analizzano questa deriva “verso l’estremo” con grande lucidità, sottolineando come essa, da un lato, radicalizzi le posizioni della destra classica, dall’altro, intercetti il consenso di elettori che nel passato si schieravano a sinistra. La crescita degli estremismi è la spia di una crisi più profonda della politica a cui urge rispondere
Questo libro , scritto nel 2014, al culmine dell’ascesa del Front National a primo partito alle europee dello stesso anno, è un’analisi sulla “problematica” svolta a destra in una Francia a cui manca da tempo il terreno (politico) sotto i piedi aggravato – secondo i dati del primo turno presidenziale – dallo sfarinamento sia della Sinistra di governo che della destra dei conservatori esclusi dal ballottaggio e con consensi da prefisso telefonico. Se le urne sono sempre e comunque l’effetto di una causa etico-sociale vuol dire che vi è una crisi della rappresentanza o quantomeno uno smarrimento di pensieri. Il vuoto di “collocazione” e di appartenenza viene pur sempre riempito da qualcos’altro e in Francia si ha l’urgenza di ri-scrivere una nuovo dizionario politico, indurre ad un “orientamento” da cui far discendere le azioni conseguenti. In questa corsa a colmare il vuoto della distruzione sociale ed economica, mentre la Sinistra è priva di un’agenda e un leader, la Destra estrema sembra aver costruito (seppur con inevitabili contraddizioni ) uno “spazio” comunicazionale efficace attraverso un glossaire di termini e relativi concetti (popolo, nazione, identità, confini, sovranità economica, moneta, scetticismo ) che attecchiscono nell’elettorato. Secondo Boltasnki ed Esquerre, si riattivano schemi già sperimentati nei tempi dell’Action Francaise (né sinistra né destra ma altro…), slogan tutt’altro che post-ideologico ma una maschera che cela in segreto ossessioni in progress contro immigrati e musulmani. Insomma trova un nemico e acquisti il consenso.
L’humus che fa da nutrimento al terreno delle paure nella società è la crisi economica, la madre di tutte le destre attuali. E laddove c’è infatti la crisi, che inizia ogni volta dall’ambito economico per poi propagarsi fino a coinvolgere la sfera etica, si è meno disposti a condividere, ad aprirsi all’altro, si ha paura di perdere quel poco che si ha. All’Europa maca certamente la crisis managment, l’incapacità a controllare la crisi dei suoi cittadini. Se si aggiunge l’immigrazione il cocktail è perfetto e così il diverso che viene da te (profughi, immigrati economici etc) fa paura, orrore, genera antipatia, disprezzo, odio.
Il libro ha il merito di essere “discorsivo”, quindi fruibile e agevole nella sua lettura. Un saggio quindi di strettissima attualità considerato che questi sono i giorni della sfida all’Eliseo cioè l’ulteriore tappa della via crucis della politica europea. La domanda degli autori (e anche nostra) è se in tutto questo i progressisti riusciranno a balbettare qualcosa. «Se non si vuole vedere la sinistra spegnersi– scrivono gli autori – « e scomparire dallo spazio politico […] è urgente approfondire l’analisi della sua condizione attuale, elaborando un’autocritica paragonabile a quella che fu necessaria alla fine degli anni Cinquanta con lo stalinismo e che, attraverso i movimenti del maggio 1968 rinnovò la sinistra negli anni Settanta». Il libro non possiede i dati pervenuti giorni fa alle presidenziali per cui (ahinoi) va tolto il “se” all’appello degli autori.
Ora c’è tutto il tempo per la sinistra (ferma un giro) di capire, sempre se ci riuscirà.