Per quanto possa comprendere le ragioni giornalistiche, il titolo è un po’ forte. Di certo però, “La folle guerra civile del credito cooperativo” che Fabrizio Patti ha pubblicato su Linkiesta mi ha risvegliato un certo appetito. E, dato che l’appetito vien mangiando, non mi sottraggo. Tanto più che l’articolo mi dedica qualche passaggio. Innanzitutto grazie a Fabrizio per il lavoro fatto. Mi è passato il disorientamento mediatico di qualche settimana fa. Fabrizio si è informato, ha chiesto approfondimenti, si è costruito un quadro generale e poi si è messo alla tastiera. Prima ha voluto conoscere; poi ha scritto. E lo ha fatto in maniera asettica, senza lesinare stilettate e ad indicare elementi di criticità. Alla fine – ahimè – è arrivato ad alcune conclusioni che non posso non condividere.
Chi mi segue conosce la mia posizione in merito a quanto sta avvenendo nel mondo del Credito Cooperativo. Sono sempre stato fautore del processo di riforma per le Bcc, in particolare di quell’autoriforma che è partita dal basso. Sono inoltre sempre stato un sostenitore della necessità di andare a costruire un unico gruppo. Nello specifico ho sempre creduto e appoggiato la proposta di ICCREA.
Chi mi segue conosce la mia posizione in merito a quanto sta avvenendo nel mondo del Credito Cooperativo. Sono sempre stato fautore del processo di riforma per le Bcc, in particolare di quell’autoriforma che è partita dal basso. Sono inoltre sempre stato un sostenitore della necessità di andare a costruire un unico gruppo. Nello specifico ho sempre creduto e appoggiato la proposta di ICCREA. Purtroppo non è andata così. Oggi ci troviamo con due gruppi che si contrappongono e si contendono le Bcc. In alcuni momenti pare proprio di trovarsi in piena campagna elettorale. E se si parla di campagna elettorale, mi ci tuffo.
L’autonomia è il tema caldo della campagna elettorale aperta da Cassa Centrale Banca. Ma, come dice bene Luca Erzegovesi (professore di Finanza all’Università di Trento) nell’articolo di Patti: «La promessa di dare maggiore autonomia alle banche locali può valere solo finché tutto va bene. In caso di crisi il clima non può che cambiare».
Innanzitutto, non rinuncio all’idea che un gruppo unico per le Bcc sia comunque meglio per tutti. Meglio sotto il profilo degli investimenti tecnologici e meglio dal punto di vista delle economie di scala che si potrebbero generare. Secondo: nel processo di adesione al gruppo bancario scelto, molta attenzione viene posta al tema dell’autonomia di ogni singola Bcc. L’autonomia è il tema caldo della campagna elettorale aperta da Cassa Centrale Banca. Ma, come dice bene Luca Erzegovesi (professore di Finanza all’Università di Trento) nell’articolo di Patti: «La promessa di dare maggiore autonomia alle banche locali può valere solo finché tutto va bene. In caso di crisi il clima non può che cambiare».
Terzo: sempre sull’autonomia, i margini di azione di ogni gruppo sono blindati. Sul patto di coesione, che le singole Bcc andranno a siglare con la holding, Banca d’Italia ha posto un paletto ben fermo: non potranno esistere patti diversi. Rivendico qui il lavoro che ICCREA sta facendo dando voce alle proprie Bcc per una costruzione “dal basso” del patto di coesione. Non nascondo che questa sia una strategia per mantenere la compattezza del gruppo, ma di fatto è un’operazione di partecipazione e non una promessa elettorale. Quindi di cosa stiamo parlando? Le sirene di Cassa Centrale Banca hanno la consistenza del borotalco.
Del resto, ben si confà al gruppo trentino il termine usato da Patti: è una start-up. Questo non significa che non abbia margini di crescita, ma dovendo scegliere una squadra per il proprio futuro chi scegliereste? Chi ha una storia consolidata, è riconosciuto dalla BCE e dalla stessa BCE ha avuto indicazioni su come strutturarsi oppure chi si affaccia sul campo oggi? È vero, CCB non è nata ieri: esiste da 15 anni nel campo della consulenza e ha già una sua società di credito al consumo. Ma anche un lillipuziano della finanza come me sa che questo è un capitolo di business piccolissimo per una realtà di quelle dimensioni. Per banche commerciali ordinarie come le Bcc la sfida è anzitutto sul credito. E qui CCB parte adesso.
La cooperazione, anche in ambito creditizio, ha dei principi che non possono essere bypassati o cancellati né con un gioco di parole né tantomeno di prestigio. Le Bcc sono dei soci. E il patrimonio che le Bcc hanno accumulato nel tempo è del territorio. In un momento difficile per il mondo cooperativo non abbiamo di certo bisogno di vane promesse
Una start-up ha necessità di avere una base solida. Parliamo quindi di patrimonio e torno su un mio post del dicembre scorso. Per poter arrivare al miliardo di euro di patrimonio CCB ha chiesto un contributo alle associate; ICCREA ha in cassaforte un miliardo e 700 milioni. Inoltre, diversi articoli di stampa riferiscono di una revisione dei calcoli da parte di CCB. Siamo seri, a che gioco stiamo giocando?
La cooperazione, anche in ambito creditizio, ha dei principi che non possono essere bypassati o cancellati né con un gioco di parole né tantomeno di prestigio. Le Bcc sono dei soci. E il patrimonio che le Bcc hanno accumulato nel tempo è del territorio. In un momento difficile per il mondo cooperativo non abbiamo di certo bisogno di vane promesse. Giochiamo pure col borotalco, ma sui numeri – per favore – non scherziamo.