Torniamo ad occuparci di credito deteriorato del sistema bancario italiano prendendo spunto da un interessante studio di PwC (PricewaterhouseCoopers), pubblicato ieri sul sito istituzionale della società ed eventualmente liberamente scaricabile da chiunque fosse interessato al seguente indirizzo.
Ricordiamo che PricewaterhouseCoopers è un network internazionale, risultante dalla fusione tra la Price Waterhouse e la Coopers & Lybrand avvenuta a fine anni novanta, operativo in più di 150 Paesi, network che fornisce servizi professionali di revisione di bilancio, consulenza direzionale e strategica, nonché consulenza legale e fiscale ai suoi clienti.
La società fa parte delle cosiddette “Big Four“, ovvero le quattro più grandi aziende mondiali di revisione, insieme a Deloitte & Touche, Ernst & Young e KPMG, per cui è sicuramente interessante valutare le analisi ed i giudizi da essa formulati, specie in un settore delicato quale quello bancario.
Il documento è in inglese ed è intitolato: ” The Italian Unlikely to Pay Market – Ready to tackle the challenge?” (trad.: Il mercato Italiano delle Inadempienze Probabili – Pronto per affrontare la sfida?) e di esso commenteremo solo alcune parti di interesse funzionali a rispondere alla seguente domanda:
aldilà della demagogia, profusa a piene mani da politici ed alti vertici bancari, quale è la reale situazione in cui versa il sistema bancario attualmente?
Per inciso, infatti, per Governo, banchieri e vigilanti “tutto va ben’, madama la marchesa” ed il sistema bancario ha solo piccoli problemi, ma facilmente risolvibili, così come puntualmente analizzato in precedenti posts, quali, ad es., solo per citare gli ultimi due in ordine cronologico, “Banchieri, vigilanti e politica hanno mentito per anni sulla vera situazione delle banche”: buongiorno “dottor House”! e Il disco rotto del Ministro Padoan: sistema bancario solido, problemi per poche banche e risparmiatori molto ignoranti!, ai quali si rimanda per le valutazioni del caso.
Lo studio PwC è, quindi, molto interessante e sconfessa in gran parte la ricostruzione da “Alice nel Paese delle Meraviglie” della crisi del sistema bancario da parte dei vari rappresentanti del Governo Italiano, degli Organi di Vigilanza, nonché degli alti vertici delle Banche.
A pag. 6 di tale documento, infatti, si legge testualmente nel paragrafo “Asset Quality” quanto segue:
The NPE (“Non Performing Exposures”) volume in the Italian banking sector is the highest in the European market reaching the value of €324bn (GBV) at the end of 2016.
(trad.: il volume complessivo dei crediti deteriorati nel settore bancario Italiano è il più alto nell’ambito del mercato Europeo, raggiungendo il valore di 324 miliardi di € (valore lordo) alla fine del 2016)
Domanda diretta a Governo, Organi di Vigilanza e Banche: perché è stato permesso al credito deteriorato di arrivare a tali cifre senza praticamente nulla fare al riguardo, mentre gli altri Stati si sono azionati già da molti anni a questa parte, attuando anche politiche di “pulizia dei bilanci bancari” con contributi statali prima dell’entrata in vigore del burden sharing e del bail-in?
E’ stata grave insipienza, ingiustificabile incapacità o manifesta impotenza? O forse un democratico mix di tutte e tre? Qualcuno un giorno dovrà dare una risposta!
Nel documento di PwC si legge, inoltre, che:
After reaching the peak at the end of 2015, totaling €341bn, the NPE volume experienced a slight but firm decline during 2016 (-5%).
(trad.: dopo avere raggiunto il picco alla fine del 2015, con un ammontare di 341 miliardi di €, i volumi complessivi di crediti deteriorati hanno cominciato iniziato a calare leggermente, ma nettamente durante il 2016 (-5%))
Una nota curiosa: come fa un calo ad essere slight (leggero), ma firm (deciso, netto) allo stesso tempo? PwC sembrerebbe avallare l’idea che il massimo dei crediti deteriorati sia stato raggiunto e che da adesso in poi ci dovrebbe essere un graduale, seppur lento miglioramento degli scenari.
Questo sembra essere confermato nell’inciso seguente:
The declining trend of UTP, within the NPE, is mainly driven by lower inflows from performing and past due loans. At the end of 2016 the UTP reached €117bn vs previous year’s €127bn (GBV).
(trad.: l’andamento discendente delle Inadempienze Probabili, all’interno dei crediti deteriorati, è dovuto essenzialmente da flussi più bassi in entrata dai crediti in bonis e dai prestiti in past due. alla fine del 2016 l’ammontare complessivo delle Inadempienze Probabili hanno raggiunto i 117 miliardi di € contro il precedente dato di 127 miliardi di € dell’anno precedente (dati lordi))
Considerando che un grafico vale spesso più di mille parole si riporta qui di seguito l’andamento dei crediti deteriorati bancari dal 2008 al 2016.
Peraltro, se PwC sembra intravedere una tenue e debole luce in fondo al tunnel, nell’analisi successiva dei dati pare decisamente che la voglia attenuare, se non spengerla del tutto, con alcune valutazioni impietose sulle attuali condizioni del sistema bancario italiano.
Si legge, infatti, sempre a pag. 6 di tale documento, nel paragrafo intitolato “Our view“, i.e. “La nostra visione” o, meglio, “La nostra opinione“, che:
The volume of UTP, lower than bad loans in terms of GBV (€117bn vs €200bn) but higher in terms of NBV (€86bn vs €85bn), will require the adoption and implementation of a renovated strategic management and deleveraging approach by the Italian banks.
(trad.: l’ammontare di Inadempienze Probabili, più basso delle Sofferenze in termini lordi (117 miliardi di € contro €200 miliardi di €), ma più alto in termini di valori netti (€86 miliardi di € contro 85 miliardi di €), richiederà l’adozione e la messa in opera di una gestione strategica rinnovata ed una strategia di riduzione del livello di indebitamento da parte delle banche Italiane)
Perché questi timori sul sistema bancario italiano? Perché si avvicina una scadenza, rammentata anche nello studio di PwC, con la quale le banche italiane dovranno confrontarsi molto presto, fra qualche mese.
IFRS9, in place from 1 January 2018, will lead to an «early warning» and «looking forward» approach, which could likely result in higher reclassification of performing loans to NPE/UTP and overall higher provisions. Only by focusing the efforts in the proactive management of their UTP exposures, the Italian banks could aim at deleveraging their UTP, through higher collection, higher cure rates to performing loans, lower danger rates to bad loans.
(trad.: il principio contabile internazione IFRS9, in vigore dal 1° gennaio 2018, porterà ad un approccio più stringente di “avviso tempestivo” e “previsione”, che potrà condurre a riclassificare crediti attualmente performanti (con la normativa di oggi, nda) come Inadempienze Probabili, con conseguente necessità di più alti accantonamenti. Solo concentrando gli sforzi in una più efficiente gestione delle loro Indadempienze Probabili, le banche Italiani potranno depotenziare i rischi connessi a tali crediti deteriorati, attraverso ad un riequilibrio di tali posizioni, riportandole in massima parte a prestiti in bonis ed in minima parte postandoli a sofferenza.)
Pur nella complessità di un discorso molto tecnico, peraltro il concetto sotteso a tali affermazioni è comunque molto semplice e può essere così semplificato:
considerando che la normativa ad oggi consente di “occultare” discrezionalmente nel credito “in bonis” una parte del credito deteriorato (in gran parte “inadempienze probabili”) e che dal 1° gennaio 2018 tutto ciò sarà molto più difficile per l’entrata in vigore di una nuova normativa molto più stringente e molto meno “interpretabile”, le banche italiane si devono attrezzare per curare con più efficacia i propri interessi e monitorare più puntualmente e scrupolosamente i propri prestiti.
Il rischio, infatti, molto reale, è quello di dovere evidenziare fra breve in bilancio nuovi valori di credito deteriorato, riclassificando crediti attualmente “in bonis” (i quali – che sia ben chiaro! – performing non sono!) come “inadempienze probabili”, con ingenti accantonamenti che richiederebbero una nuova traumatica fase di ricapitalizzazioni del sistema bancario, che si andrebbe a sovrapporre a quella non meno gravosa attualmente in corso (vd. MPS, Veneto Banca, Banca Popolare di Vicenza, Cassa di Risparmio di Genova, etc.).
Senza entrare troppo nel tecnico, quello che qui preme evidenziare è che, sempre a pag. 6 della studio PwC, a chiosa del paragrafo intitolato “Our view” (i.e. “La nostra opinione“), dopo una serie di condivisibili valutazioni sui cardini di una accurata strategia di gestione delle Inadempienze Probabili, è riportata una domanda su cui Governo, Organi di Vigilanza e Banche dovrebbero ben meditare, perché dalla loro risposta (e dalle loro conseguenti azioni) dipende il futuro del sistema bancario:
Thus, are the Italian banks ready to tackle the challenge?
(trad.: alla luce di tutto questo, le banche Italiane sono pronte ad affrontare la sfida?)
Ci auguriamo che la risposta sia affermativa, anche se, poi, scorrendo tutto il documento PwC dubbi sulla solidità del sistema bancario italiano nel suo complesso emergono e non sono di poco conto.
Chi dice, quindi, che ormai il peggio è alle spalle o non sa leggere i numeri o non sa cosa sia la buona fede o forse, più correttamente, sapendo perfettamente cosa significano i numeri, mente sapendo di mentire, solo per un tornaconto personale, politico, finanziario o di altro genere.
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