PromemoriaRenzi, Grillo e il dovere del dialogo

Come volevasi dimostrare, chi muove smuove. Sulla legge elettorale il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dato il giusto impulso all’agenda di fine legislatura ricordando a tutte le fo...

Come volevasi dimostrare, chi muove smuove. Sulla legge elettorale il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dato il giusto impulso all’agenda di fine legislatura ricordando a tutte le forze politiche la disomogeneità delle leggi elettorali per camera e senato risultanti – oltretutto – da due diverse sentenze della corte costituzionale.

Un monito – quello del Quirinale – rivolto sopratutto al Pd e ai cinquestelle, le maggiori liste-forze politiche nel paese, le quali provano clamorosamente a trovare un accordo di base per il dibattito e l’approvazione in Parlamento di un’organica legge elettorale. Uno spiraglio a cui il partito democratico deve dare seguito senza pregiudiziali. Fino ad oggi Matteo Renzi denunciava (e in qualche modo non a torto) la melina degli altri players su un testo base avanzando dapprima il Matterellum, poi l’abolizione dei capilista bloccati, poi un ritocco alle soglie eccetera, ricevendo quasi sempre dagli altri un sospetto “vedremo, vedremo”! Oggi l’obiezione è in qualche modo respinta dalla disponibilità dei pentastellati definita “sincera” da parte di Luigi Di Maio pochi giorni fa in televisione.

Terzo (e non intruso) invitato al tavolo dovrebbe essere Forza Italia con un Berlusconi che si dice intenzionato a dire la sua. Ma rimane – dentro il centrodestra – una contraddizione che profuma di peccato originale: contrariamente a prima, oggi Berlusconi opta per il proporzionale (un tempo parlava addirittura di bipartitismo, di un partito che dovrebbe governare con il 51 per cento e in alcuni frangenti di presidenzialismo…) ma adesso i giochi di forza sono altri e l’ex Cav è schiacciato alla sua destra dalla Lega che naviga con le stesse percentuali di FI e da Fratelli d’Italia che aumenta i consensi. Solo un listone di centrodestra compatto sarebbe competitivo ma la quadra – nel triumvirato – non si trova per il momento. Il legittimo opportunismo politico – di Berlusconi, dicevo – si scontra però con l’esigenza di governabilità della quale il paese ha un estremo bisogno. Lo scrive oggi Angelo Panebianco sul Corriere:” … ormai è chiaro che ci terremo per chissà quante altre generazioni ancora la democrazia acefala a cui siamo da sempre abituati (fatta salva la parentesi di imperfetti esperimenti semi-maggioritari durata circa un ventennio): un parlamentarismo congegnato in modo da assicurare governi instabili e precari, primi ministri deboli e ricattabili, una legge elettorale proporzionale senza neppure più i partiti forti di un tempo. Certo, quando, come in questo frangente, si vedono all’opera le istituzioni francesi, con la loro capacità di produrre stabilità politica e leadership solide, l’invidia è forte…”.

Per evitare al paese la sensazione frustrante delle grandi-forzate intese ecco dunque la possibilità di un accordo: ma su quale testo si parte, al netto dei paletti della Suprema Corte?

Si possono leggere tratti di novità nella proposta dei 5 Stelle attraverso – si legge su La Stampa – una sintesi tra legge attuale e il testo di Gian Mario Fragomeli, bollinato da Renzi e depositato alla Camera. È un proporzionale con effetti maggioritari: un doppio turno, senza ballottaggio, a cui possono accedere tutti i partiti che superano la soglia del 20% alla prima consultazione. La legge mantiene, per il primo turno, la soglia al 40% per accedere al premio di maggioranza, come l’Italicum, che si abbassa al 37% al secondo. Per i 5 Stelle, che hanno sondato gli azzurri in Parlamento, è una legge che piacerà anche a Berlusconi, perché, con qualche alleato, la lista di Fi potrebbe sfondare il muro del 20% anche senza Lega e giocarsi il tutto per tutto in una sfida a tre contro M5S e Pd, coalizzando di fatto l’elettorato. Al contempo, con questa proposta i 5 Stelle sperano di tentare Berlusconi e così disinnescare il pericolo di un Nazareno bis tra ex Cav e Pd su un sistema che tagli fuori i grillini.

Siamo in un inevitabile gioco delle parti ma è un varco che impegna principalmente Renzi dal punto di vista etico-politico: se vi sono i presupposti di un accordo con il movimento cinquestelle il neo segretario del Pd non può ma “deve” portare a casa le nuove regole del gioco. Sta agli atti (dalla elezione di Mattarella) che la fuga di Berlusconi dalle riforme lo inserisce nella lista degli “inaffidabili last minute” e forse (dicono dal Pd) è giusto dare credito ai pentastellati su un potenziale patto delle regole dando al centrodestra l’equivalente del proverbiale ” o mangi questa minestra o ti butti dalla finestra”.

Se Renzi si accorda con Grillo senza tranelli, segna positivamente il colpo politico dell’anno.