Viene chiamata tweet-tempesta e mai termine fu azzeccato. Il presidente Trump – come il personaggio di un noto spot di un altrettanto integratore contro i disturbi alla prostata – si alza di notte vagando per la casa alla ricerca isterica di soddisfare il proprio bisogno. Ma – contrariamente al marito barbuto in pigiama – il sonno di Trump non è tormentato dalla diuresi ma da altro; e mentre il suo paese è ancora avvolto dalla consolante quiete onirica, lui pensa a come destabilizzarlo via social network, con una raffica di cinquettii che stenderebbero anche il più controllato degli spin doctor.
La tweetstorm sarebbe considerata infatti come un banalissimo gergale ad uso dei media , se non fosse che a provocarla seriamente è l’uomo più potente del mondo, colui che dovrebbe tenere in mano le sorti del pianeta. Nessuno può prendersela con i giornalisti americani se il loro presidente offre al quotidiano barbecue della polemica tutta la ciccia di notizie, conferme e smentite le quali impongono serie domande, per informare l’opinione pubblica americana sulle reali capacità di governo del loro comandante in carica. Da poche ore si stende nei cieli d’America persino la nube inquietante dell’impeachment (quello che costò la casa bianca a Nixon sul Watergate), un procedimento dagli esiti devastanti per tutto lo scenario globale.
Sorge quindi una considerazione : Trump probabilmente non si ne rende conto del gigantesco compito gli è stato affidato dagli elettori eppure sullo scacchiere del mondo il vero the apprentice sembra lui. E oltretutto è dannatamente grave il fatto fatto che l’apprendista Trump non abbia un Trump che lo elimini dal gioco, uno che gli dica “you are fired” mandandolo a quel paese in quanto inadeguato, approssimato, scomposto.
Con questa ultima penosa vicenda del Russiagate, cioè l’aver condiviso con il ministro russo Lavrov misure per la sicurezza nazionale, è la popolarità di Trump a soffrirne: siamo al 42% di consensi. E ne esce distrutto il suo staff che aveva precedentemente smentito lo scambio di informazioni sensibili con la Russia. E proprio a proposito dei collaboratori del presidente, si assiste ad un vero e proprio downgrade, un crollo di ogni credibilità, uno staff precipitato al livello di un condominio di borgata le cui mura sono spesse come sottilette, e dove tutti sanno del povero uomo che vaga di notte per i problemi di prostata. Nel caso della casa bianca però si sa di un pazzo che cammina di notte a twittare il suo ego ipertrofico e che provoca un prolasso, un cedimento di un modello di presidente americano che fu.
Per la strettissima cronaca sono oltre venti ore che Trump non twitta: che abbia preso finalmente la pillola del buonsenso?