Lost in BusinessAvere “successo” su LinkedIn? Forse è la cosa peggiore che ti può capitare!

François de La Rochefoucauld ha detto: il desiderio di sembrare intelligenti spesso c’impedisce di esserlo. Vero, verissimo, verissimo un sacco di volte. Anche su LinkedIn. L'ossessione di apparir...

François de La Rochefoucauld ha detto: il desiderio di sembrare intelligenti spesso c’impedisce di esserlo. Vero, verissimo, verissimo un sacco di volte.
Anche su LinkedIn.

L’ossessione di apparire e la continua misurazione di ciò che si appare, ci blocca.
Ci riflettevo ieri guardando un post comparso nel mio feed ed anche se non si tratta di una notizia epocale o di una riflessione così profonda, beh…direi che è il caso di ragionarci.

Ragionandoci ad esempio colpisce anche un altro aspetto. Come mi ha detto in seguito Mirko: “stupisce non tanto che lei sia andata a guardare quanti contatti ho ma che abbia scelto quel numero e non invece per esempio il numero di post che ho scritto sull’argomento (116, dato più oggettivo per valutare se conosco o meno la materia) o il numero di recensioni (quasi 60) che le persone di proprio pugno mi hanno lasciato come feedback dopo aver partecipato ad un corso identico a quello a cui lei stava pensando di iscriversi. “

Per intenderci è come se scegliessimo il chirurgo con più operazioni fatte senza preoccuparci del tasso di pazienti guariti e di quelli deceduti 🙂

L’illusione delle conferme, le vanity metrics, il Nulla

La ricerca di conferme, di voti, attestati non è una cosa nuova. Da sempre ci misuriamo in questo modo, ci illudiamo di progredire o regredire in base a voti e pezzi di carta che ci vengono assegnati.
Così i ragazzi studiano per passare l’esame, per conseguire una laurea e non per diventare competenti in una materia o un settore. Alla soglia dei 18 anni si pensa a superare l’esame di guida, “prendere la patente” e solo pochi si preoccupano altrettanto di imparare a guidare.
Nei social dove tutto è amplificato, un meccanismo di questo tipo lo è ancora di più.

Un altro motivo è il fatto che ogni qual volta conosciamo poco un territorio ci affidiamo a segni e simboli che ci sono familiari.
E così su LinkedIn si finisce per guardare dalla parte sbagliata: numero collegamenti, like ad un post, numeri di un post, visite al profilo, ecc.
Non è tutto sbagliato, anche queste sono informazioni ma l’errore è farci affidamento in modo esclusivo. In questo caso il rischio, la certezza è quella di ritrovarsi in un mondo che non esiste, vivere nell’illusione e nella delusione che quasi sempre segue.

Come ha detto Eric Ries: “Qualsiasi imprenditore con un campo di distorsione della realtà decente può trovare metriche che ti fanno sembrare come se si sta avendo successo. Il teatro del successo. Vanno bene nella fase di costruzione del prodotto e di verifica sul mercato, ma in una fase successiva, quando metti in pratica l’idea per trasformarla in business, occorre altro.”

Eric parla di startup ma il concetto vale davvero in ogni campo, anche se sei un libero professionista, vale anche su LinkedIn.
Mentre like, followers e visite al profilo possono farti sentire bene e possono essere il segnale che “sta succedendo qualcosa”, che c’è interesse, il banco di prova è un altro.

Numero collegamenti/followers > quanti davvero sono attivi, con quanti hai avuto una conversazione, quanti ti hanno avvicinato ad un’opportunità?
Numeri di un post > quanto coinvolgimento ci è stato, cosa ti ha portato questo coinvolgimento?
Visite al profilo > quante di queste persone sono entrate in contatto, cosa ti ha portato di buono entrarci in contatto?

Siamo tutti fanatici (dunque scontenti)

Il fanatismo consiste nel raddoppiare gli sforzi quando si è dimenticato lo scopo. (George Santayana)

Un altro aspetto di questa storia, dell’illusione del successo, delle vanity metrics, è il fatto che tutti (o quasi) stiamo imboccando la strada del fanatismo. Abbiamo dimenticato lo scopo.
Leggevo ieri una dichiarazione di Michael Levin, uno dei più famosi ghostwriter degli Stati Uniti. A sentire Michael la richiesta più gettonata, confermata anche da Google, è “come diventare best seller amazon​?”
Ecco il punto: diventare best seller amazon è relativamente semplice, bastano un paio di acquisti in una determinata fascia oraria. Ma non significa molto.
Il vero obiettivo dovrebbe essere un altro, qualcosa tipo “come vendere migliaia di copie?” o “come farmi conoscere grazie ad un libro?”

E così in tanti altri settori, anche su LinkedIn.
Parafrasando un’altra frase di Michael, da capire c’è semplicemente questo:

Non si entra su LinkedIn per affermarsi su LinkedIn. Si entra su LinkedIn per affermarsi nel business.

Note: Ringrazio Mirko Saini per avermi autorizzato a parlare di questa “storia” ed averci riflettutto con me. Mirko è da anni tra i più attivi ed autorevoli LinkedIn Trainer in Italia. Ha pubblicato oltre 100 articoli sull’argomento. Certo, non ha un “pacco” di followers che lo rendono figo ma entrarci in contatto può valerne la pena!