L’Italia può essere un partner affidabile? O, addirittura, un paese leader nel cambiamento dell’Europa. Con la conferenza stampa di ieri, Maria Elena Boschi e Sandro Gozi, in rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, fanno ben sperare.
In tre anni e mezzo di lavoro i risultati dei governi Renzi e Gentiloni sembrano confortanti. Le procedure d’infrazione contro l’Italia erano 120 nel 2014. L’Italia era il fanalino di coda in Europa, ampiamente sotto la media comunitaria. Oggi le procedure ancora aperte sono ancora 65. Ma ciò significa che, in questo lasso di tempo, l’Italia ha dimezzato le violazioni al diritto comunitario rientrando nella media degli altri partner della UE. Perfino un gradino sopra Paesi come Francia, Spagna e Germania. Per fare un esempio: nel 2015 l’Italia aveva il record negativo di frodi accertate tra i grandi Paesi Ue, al quarto posto tra i Paesi partner, ma nel 2016 si è collocata al ventesimo posto (20 casi), con una riduzione di oltre il 60%, con una performance migliore rispetto a Francia e Germania. Qualcuno dirà: è ancora troppo poco. Sarà, ma visto e considerato come era nata (e rischiava di morire) la legislatura in corso, ci pare abbastanza.
Almeno per tre motivi.
In primo luogo, perché meno procedure di infrazione (che spesso si concludono con una multa salata) vogliono dire un forte risparmio per il bilancio dello Stato, pari a 1,3 miliardi di euro, che si sommano agli ulteriori risparmi sugli aiuti di Stato, con oltre 770 mln recuperati, e il lavoro sulla lotta alle frodi e all’irregolarità, con 220 milioni di euro. In pratica, secondo i dati della Presidenza del Consiglio, ammontano a circa 2 miliardi di euro i soldi trattenuti dall’Italia grazie alla linea virtuosa promossa dai Governi Renzi e Gentiloni.
In secondo luogo, perché quelle stesse risorse serviranno a coprire altre voci di bilancio. I soldi sprecati per le nostre inadempienze rappresentano le occasioni mancate per il miglioramento per la qualità della vita dei cittadini. Basti pensare al capitolo frodi comunitarie, da sempre una delle specialità del nostro paese in Europa. L’intreccio perverso di criminalità e amministrazione inefficiente o esplicitamente collusa ha fatto sì che l’Italia avesse un triste primato: il triplo di casi di frode rispetto agli altri paesi europei. In concreto, per i contribuenti italiani significava sottrarre sistematicamente risorse al bilancio per coprire le perdite da frodi. Oggi quei soldi potranno essere utilizzati, per esempio, per migliorare servizi o ristrutturare le politiche fiscali o investire sulla formazione e il lavoro dei giovani.
Infine, c’è il motivo del progressivo recupero di credibilità politica. Valore immateriale certamente, ma di grande peso effettuale quando si tratta al tavolo dei negoziati europei. Appare evidente che un paese creditore e corrotto fa molta più fatica ad imporsi nelle politiche comuni e a pretendere il rispetto degli impegni da parte dei paesi partner. Da oggi l’Italia, in virtù di una maggiore affidabilità, dovrebbe guadagnare qualcosa in termini di peso politico quando si tratterà di chiedere conto e ragione (e fondi) a chi viola lo stato di diritto, i diritti fondamentali, gli impegni assunti nella gestione delle frontiere esterne e nell’accoglienza degli immigrati.
Da questo momento, sarà necessario proseguire su questa strada virtuosa migliorando ulteriormente, senza mai tornare indietro. Anche così sarà possibile contare un po’ di più nel concerto delle politiche comunitarie.