TantopremessoSaviano e la sua scorta restino fuori dalla lotta politica

Mentre, a dispetto della canicola estiva, si scaldano i motori in vista delle elezioni, tutto fa brodo per la (legittima) propaganda politica. Argomento all'ordine del giorno, naturalmente, è quell...

Mentre, a dispetto della canicola estiva, si scaldano i motori in vista delle elezioni, tutto fa brodo per la (legittima) propaganda politica. Argomento all’ordine del giorno, naturalmente, è quello dei migranti, con la ormai decisa virata sulle organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo per salvare coloro che, su barconi, gommoni o mezzi di fortuna, si trovino in pericolo di vita. Non è questa la sede per entrare nella diatriba sulle Ong, francamente surreale, avendo molti individuato quale capro espiatorio di un fenomeno epocale e che investe milioni di persone e almeno un paio di continenti coloro che hanno la specifica missione di salvare vite umane. Quel che preme analizzare brevemente è la natura dello scontro che ha visto protagonisti Roberto Saviano e Matteo Salvini che, non solo sul tema migrazioni, sono su posizioni lontanissime. A seguito di un botta e risposta nel quale Saviano criticava il segretetario nazionale della Lega Nord per l’approccio seguito sulla questione migranti e Ong, Salvini ha risposto che, una volta al Governo, si sarebbe adoperato per togliere al giornalista la scorta, “di cui inutilmente gode da tempo”, invitandolo a farsi una vita, a spese proprie e non dei cittadini. E’, questo, un passaggio che merita un’attenzione particolare. Intanto, come ha ribattutto lo stesso Saviano, l’adozione o meno di una scorta per coloro che siano minacciati dalla criminalità organizzata, terroristica o di stampo mafioso, non viene decisa dal Capo del Governo, ma dalle autorità di polizia secondo precisi protocolli, venendo, peraltro, “affibbiata” alla persona che si valuta in situazione di pericolo senza possibilità di scelta da parte di quest’ultima. Si tratta, è di tutta evidenza, di temi sensibili che non è opportuno trattare in maniera superficiale, men che mai secondo il mero e presunto parametro della spesa. La polemica da parte dell’On. Salvini segna, però, un altro e più serio sfondamento dell’ormai sempre più labile confine entro cui dovrebbe svolgersi il dibattito politico, per quanto aspro. Alle critiche di Saviano, che può essere simpatico o meno, credibile o meno, andrebbe risposto nel merito: ciò non accade, spostando il piano della polemica, invece, sulla legittimità della protezione che a Saviano è stata concessa dalle autorità preposte. Si è allora costretti a evidenziare che sulla bae delle valutazioni degli inquirenti l’attività giornalistica di Saviano lo ha messo – giovanissimo, val la pena ricordarlo – in pericolo di vita: se una simile situazione è mutata o tale pericolo non esiste più e di questi fatti è circostanziatamente informato Matteo Salvini, egli dovrebbe notiziare subito le autorità del Ministero dell’Interno. Ove, invece, così non fosse, l’auspicio di eliminare la scorta appare grave sotto due profili: perchè rischia di screditare chi si oppone, facendo il proprio mestiere, alle Mafie, e perchè – cosa francamente inaudita – sembra profilare una tracotante minaccia a chi si permetta di criticare l’azione politica di un parlamentare, un segretario di partito, un capo di Governo, pure in pectore. Occorre essere molto chiari: non si tratta di essere pro o contro Saviano oppure pro o contro Salvini. Ciascun cittadino, politico, giornalista o quel che volete, ha pieno diritto di parola e di tribuna, piacciano o meno le idee espresse. Allo stesso tempo, tuttavia, quelle idee possono – devono, anzi – essere criticate, sezionate, messe alla prova dei fatti per far sì che, in ultima analisi, le pubbliche opinioni possano farsi un’idea e, conseguentemente, votare in modo consapevole. E in una democrazia il processo che porta a quel voto deve essere aperto alle idee di tutti, sempre e comunque, purchè esse restino nell’alveo democratico e costituzionale. Ecco perchè non è ammissibile che la libera critica di un individuo, in questo caso un giornalista, venga screditata non confutando le opinioni ed i fatti ma giocando sulla minaccia di eliminare – perchè. su quali basi e per quali analisi degli inquirenti non è dato sapere – la scorta di cui ha bisogno per la sua personale incolumità. Non può non tornare alla memoria il triste episodio che riguardò Marco Biagi, definito dall’allora Ministro dell’Interno un “rompicoglioni”. E’ noto come andò a finire. Esistono limiti invalicabili nella lotta politica: la lotta alle Mafie deve essere, senza se e senza ma, terreno di intesa comune sempre e comunque. E quella lotta viene portata avanti anche garantendo libertà d’azione a chi le Mafie le incalza a suon di parole. Ecco, a chi si candida, legittimamente, a guidare un grande Paese con problemi immani deve essere richiesto un certo passo, un certo modo di porre i problemi e proprorre soluzioni. Matteo Salvini, che non è uno sprovveduto, ne è senza dubbio consapevole. Per quel che mi riguarda, da servitore dello Stato, mi dico fiero di contribuire, col mio stipendio, a sostenere il lavoro delle donne e degli uomini delle forze dell’ordine che accompagnano le vite di Saviano e dei tanti altri che qualcuno vorrebbe silenziare con la morte. E qui la politica, cari lettori, non c’entra nulla.

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