Cosa stia succedendo nel mondo della genitorialità – e delle mamme, nello specifico – è un mistero che dovrebbe suscitare la curiosità della sociologia, la psicologia e dell’antropologia. Alludo alle recenti polemiche per lo spot di una nota marca di brioche in cui si vede una bambina (petulante) che chiede alla madre una merendina buona, sana, golosa e a momenti con poteri taumaturgici e la signora, giustamente, fa notare che non esiste una cosa del genere. «Possa un asteroide colpirmi, se esiste», chiosa ed ecco che il meteorite la centra in pieno. Uno spot che può divertire o meno (a me, personalmente, fa ridere), ma che non ha intenti misogini. Né vuole cancellare l’importanza della madre, come si è letto qua e là sulle bacheche dei vari social. Eppure la reazione è stata abbastanza scomposta.
Lo spot è divertente per due ragioni: in primis, è una denuncia ad una certa rappresentazione della famiglia nel mondo della pubblicità. La donna, ignara della catastrofe che incombe sul suo destino, è la classica “mamma” da reclame tv: elegante, in ordine, di classe medio-alta e sistema i fiori in un vaso, nella villa del suo giardino. L’esasperazione di tutti questi elementi rimanda ad un linguaggio che ben conosciamo e che molto spesso si critica per non essere verosimile. La famiglia “vera” – o meglio, le famiglie reali – vive un’esistenza sostianzalmente diversa da certe trasposizioni. In secondo luogo, l’arrivo del meteorite scompagina quella narrazione, creando un effetto comico e ribaltando i canoni del racconto pubblicitario. Il mondo rappresentato è finto e l’arrivo di un improbabile asteroide non fa altro che esaltare il carattere fittizio di decenni di famiglie perfette ma, appunto, artificiali. È stata fatta una cosa intelligente, insomma. Il nostro paese (o meglio ancora: una parte sostanziosa di esso) non ha capito. Com’era naturale, c’è da aggiungere.
Non sarebbe la prima volta che, di fronte a scelte intelligenti, il “mondo della genitorialità” si rivolta. Ricordiamo cosa è successo, di recente, con la polemica sui vaccini. In qualsiasi consesso di persone con la testa sulle spalle, scongiurare malattie ai propri figli dovrebbe essere una scelta di buon senso. E invece le cose sono andate come sono andate. O ricordiamo, ancora, la polemica sul gender a scuola? I libretti Unar, per fare un esempio, servivano per prevenire i casi di bullismo omo-transfobico e per avviare pratiche di pacifica convivenza in classe, tra identità diverse. Nell’interesse di tutti e tutte. E, la cosa forse non è mai stata spiegata a dovere, non erano rivolti ai discenti, ma al personale docente. Cosa è successo, invece? Qualcuno ha gridato al mostro, i genitori – le mamme erano le più tartassate, via sms – hanno fanno le crociate e quei libretti sono stati ritirati.
In tutti questi casi essere padre/madre diventa giustificazione per passare sopra a scelte altre e subordinarle all’imposizione di una propria volontà. I vaccini fanno male, per cui non li facciamo «perché siamo noi a dover decidere sui nostri figli». Il gender a scuola? Fa diventare gay i bambini e «siamo noi genitori a dover parlare di queste cose». La pubblicità della merendina in tv? Se la prende con le mamme, spaventa i più piccoli ed è tacciata di insensibilità: «Avete pensato cosa può provare un bambino che ha perso la propria mamma di fronte a uno spot del genere?», si interrogava qualcuno, sempre sui social. Come non pensare, appunto, a milioni di poveri orfani le cui madri sono stati uccise da corpi celesti in caduta libera? Il livello dell’argomentazione è questo. E qualsiasi tentativo di ragionamento si infrange sull’affermazione tipo: “solo chi è mamma/papà sa cosa significa”. Ciò escluderebbe, dunque, dal dibattito chiunque non è genitore, da una parte. E dall’altra mitizza una figura, elevandola a valore morale.
Si ha la sgradevole sensazione, insomma, di vivere in un mondo in cui le mamme ne sanno più dei medici e i papà più degli insegnanti dei loro figli, che hanno la colpa (gravissima) di non essere i genitori dei pargoli in questione. Forti di questa verità, certe persone possono dirci come curarci o meno, cosa insegnare e cosa evitare e, quindi, cosa possiamo vedere in tv durante la pausa pubblicitaria. Fanatismo familista a buon mercato, insomma. E relativi divieti. La soluzione? Forse recuperando un po’ di ironia e magari abbandonando l’idea della “sacralità” genitoriale, certa gente riuscirebbe a farsi una sana risata. Essere madri o padri non è un valore, è solo una scelta. Molto spesso casuale e nemmeno così felice, visti certi risultati.