Ringraziamo il Professor Roberto Orsi (University of Tokyo), che, anche in risposta a Michele Boldrin, esprime il suo punto di vista su Italia e immigrazione (e torna su ‘Giovine Europa Now’…).
In un recente pezzo dall’eloquente titolo “L’Italia si sta suicidando per proteggere la sua mediocrità” il noto economista Michele Boldrin illustra l’assurda situazione dei flussi migratori in Italia sia entrata sia in uscita, attraverso un modello di incentivi e disincentivi. Il “sistema Italia”, fatto in gran parte di “mediocrità, fancazzismo e parassitismo diffuso”, protegge in fin dei conti chi è incarnazione di tali tratti e inclinazioni, è da questi perpetuato, ed espelle o espellerà tutti coloro che non rientrano in questi parametri, mentre attrae e attrarrà sempre di più “i furbetti, i fancazzisti ed i mediocri” da tutto il modo. Quest’analisi ha indiscussi meriti, ma si potrebbe andare oltre. Vorrei qui offrire alcune riflessioni.
- In linea generale, è sempre riduttivo pensare ai flussi migratori come semplici numeri di operatori economici (lavoratori, beneficiari di stato sociale o altro). L’economia è molto, ma non è tutto. Il “migrante”, ammesso e non concesso che “contribuisca all’economia”, è, se moltiplicato per centinaia di migliaia e milioni di unità, anche un attore politico, con il quale bisogna avere a che fare. L’esperienza avrebbe dovuto insegnare che lo spostamento di masse incalcolabili di persone da un paese all’altro è un processo con rischi politici colossali e che il successo della cosiddetta “integrazione”, concetto alquanto chimerico, dipende sia dalla distanza in termini etnico-culturali tra migrante e popolazione autoctona, ma anche e crucialmente dai numeri coninvolti, ormai completamente fuori misura per vari ordini di grandezza.
- Come ho cercato di sostenere in un altro pezzo, l’involuzione dell’Italia in un paese di posizioni di rendita, legate a doppio filo alla spesa pubblica e allo sfruttamento senza limiti di coloro i quali ancora si ostinano a lavorare e a fare impresa, nasce dal problema di creare consenso politico. Come si può creare consenso politico in un paese come l’Italia? Lo si crea comprandolo attraverso il denaro pubblico, e dunque il debito. Il “furbetto” non nasce a caso, ma è a sua volta prodotto di certe circonstanze storico-politiche. Le alternative ci sarebbero ma solo in teoria. In pratica, nella sua attuale conformazione, lo stato italiano è condannato a essere sempre più corrotto, e/o a trasformarsi sempre di più in una forma di dittatura, oppure a dissolversi nel caos (come sta accadendo) e successivamente disintegrarsi anche da un punto di vista geopolitico, qualora ve ne saranno i presupposti a livello internazionale. La questione del consenso politico è interessante anche perché, se già l’Italia è originariamente un paese eccessimente frammentato necessitante massicce dosi di clientelismo al fine di creare consenso, l’immigrazione non fa altro che rendere la frammentazione sempre più estrema, con vaste comunità che sono spesso del tutto incompatibili non solo con il paese ospitante, ma anche tra di loro, e alienando tutti dal pensiero che l’Italia sia ancora un progetto politico valido, per il quale valga la pena lavorare e sacrificarsi.
- Il punto di Boldrin circa la qualità del capitale umano del paese implica una capacità di pensare in termini strategici che l’Italia, insieme a quasi tutti i paesi occidentali, non ha più. In generale, non esiste alcuna concezione strategica del futuro del paese, ma non solo: abbiamo eliminato la possibilità culturale di pensare in termini strategici. Non solo non possediamo alcuna forma di pensiero strategico, ma all’interno dell’attuale panorama ideologico pensare in termini strategici è semplicemente impossibile. Detto in altro modo: alle élite italiane non gliene importa nulla del futuro del paese (non perdono occasione per dimostrarlo), anche perché non sono assolutamente in grado di concettualizzarlo. Ed è paradossale che intellettuali e opinionisti stiano a discutere di idee per il futuro quando la dirigenza politica non ne ha alcuna. In qualche modo, stiamo solo sprecando del tempo.
- L’emigrazione del capitale umano dell’Italia non è solo determinata dalla dittatura di “furbetti, fancazzisti, e mediocri”, ma anche proprio da politiche palesemente suicide come quelle dell’immigrazione-invasione degli anni dopo il 2014. Proprio il fatto che il governo possa imbarcarsi, tra il plauso di quasi tutti, in una politica folle come quella di traghettare fiumi di immigrati in violazione di ogni legge e buon senso, anche a costo di distruggere la credibilità delle istituzioni e della stessa democrazia come sistema di governo, nonché di danneggiare in modo irreversibile Schengen e quindi l’UE che pur tiene in vita finanziariamente il paese, è il massimo incentivo all’emigrazione. Se oggi fanno questo, domani cosa faranno? Mitraglieranno i passanti per la strada? Ormai la dirigenza italiana ha dimostrato di essere capaci di qualsiasi cosa. Essi sono, con un’espressione mutuata dal movimento sessantottino, la “follia al potere”. Lo stato garantisce ormai l’assoluta insicurezza del cittadino, se non direttamente la sua rovina e quella della sua famiglia (emblematico nel caso Kabobo). Da un paese così bisogna andarsene e tagliare i tutti ponti, a meno che uno non sia disposto a battere i sentieri di iniziative radicali con tutte le conseguenze del caso.
- Più insopportabile dell’invasione, è la teratologica campagna mediatica a suo sostegno, che personalmente denunciai in un articolo di oltre due anni fa, con la deformazione senza limiti di concetti come “solidarietà” e “accoglienza”. Questo rivela a mio avviso due aspetti. Da un lato, come in altri paesi occidentali, la polarizzazione ideologica è ormai tale da rendere impossibile, inutile, e persino indesiderabile qualsivoglia forma di dialogo. Dall’altro, più in generale, siamo in presenza di un fenomeno di autodistruzione con evidenti tratti psicopatologici, che esula da ogni possibilità di scambio razionale di argomenti.
Infine, vorrei ribadire la mia opinione che in questo ambito la dirigenza politica sta giocando con forze storiche di cui non è in grado di comprendere la portata. È davvero deprecabile che stuoli d’intellettuali si ingegnino a spiegare che tutto questo è “inevitabile”. E anche se lo fosse, è troppo comodo pensare che l’inevitabile si fermi a ciò che essi vogliono favorire. Se l’invasione è inevitabile, è inevitabile anche il collasso dello stato italiano e del suo ordinamento costituzionale che da questa verrebbe comunque causato nel caso in cui tale follia dovesse protrarsi, come molti sostengono, indefinitamente nel futuro. E se l’invasione è inevitabile, bisognerebbe anche ricordarsi che nella storia, a ogni invasione corrisponde “inevitabilmente” una lotta di liberazione dall’invasore, e nel caso di successo, la punizione dei complici. La dialettica storica non procede mai solo in una direzione, ma anche in quella opposta.