Ebbene ci siamo: mancano poche ore alla nostra assemblea. Domani 4 ottobre, finalmente, sveleremo il mistero di queste liberalizzazioni del trasporto pubblico. Nella nostra immaginazione siamo convinti che, con il libero mercato, sia stata stravolta e in meglio la mobilità in Italia. Qualcuno ci spiegherà che non è proprio così. Permettetemi però di non dare altre anticipazioni. Se non soffermandomi su un concetto determinante per capire come andrebbero fatte queste benedette liberalizzazioni.
Contendibilità: chi era costei? La dottrina dice che un mercato è contendibile quando si creano tre condizioni. A) Tutte le imprese devono disporre di libero accesso al mercato in cui vogliono investire. Quindi: nessun privilegio per le imprese che già vi operano, trasparenza e certezza normativa. B) I costi devono essere recuperabili. Una new entry non può permettersi di investire nel nuovo mercato sapendo che le sue risorse andranno perdute, a vantaggio delle imprese che già vi operano. C) Infine, è necessario che il periodo di tempo che occorre a una nuova azienda per entrare nel mercato sia inferiore a quello che le imprese già presenti possono impiegare per adeguare i propri prezzi.
Questa è la teoria. Nella pratica sappiamo che sono davvero pochi i mercati contendibili a tutti gli effetti. Nel nostro settore, la contendibilità dovrebbe essere data dalle gare: lo strumento più adeguato affinché il trasporto pubblico locale possa considerarsi alla stregua di un mercato. E non come di un’altra entità – cui non saprei dare un nome – fatta di ente appaltante che distribuisce le quote di gestione secondo criteri non economici. Privilegi, favoritismi, interessi politici, fino ad arrivare alla corruzione.
Quindi, per noi una gara è contendibile se nessuna impresa che vi partecipa è avvantaggiata in partenza; se i lotti di servizio messi a gara non sono realizzati a misura di qualcuno e ad excludendum di altri; e ancora se l’accesso è possibile anche a imprese che, da sole, sarebbero troppo piccole per gareggiare, ma che riunite in un pool di soggetti potrebbero garantire il servizio alla pari di altri competitor.
A Milano, l’arma letale stava nei criteri riguardanti il trasporto su metropolitana. I partecipanti avrebbero dovuto dimostrare di aver svolto, nel biennio 2002-2004, almeno 20mila vetture/km su linee alimentate con terza rotaia. Si trattava di una caratteristica tecnica capace di escludere praticamente tutte le aziende italiane ed europee fuorché Atm
Ora, sulla base di questa lectio oeconomica, possiamo parlare di contendibilità per l’ultima gara indetta dal Comune di Milano, dieci anni fa ormai, con requisiti talmente elevati da restare aperta per tre anni, senza che nessuno potesse permettersi di parteciparvi? Eccezion fatta per Atm, che poi si è aggiudicata l’appalto. Non come vincitrice e miglior offerente, bensì perché, senza altri competitor, non c’è stata partita. Ed è contendibile una gara che ha abbracciato un intero territorio come la Toscana? Correva l’anno 2015. E ancora il caso del Piemonte, dove la gara dovrebbe essere celebrata senza che sia stato fatto un distinguo tra servizi di trasporto su ferro e quelli su gomma. Le differenze fra i tre esempi saltano agli occhi.
A Milano, l’arma letale stava nei criteri riguardanti il trasporto su metropolitana. I partecipanti avrebbero dovuto dimostrare di aver svolto, nel biennio 2002-2004, almeno 20mila vetture/km su linee alimentate con terza rotaia. Si trattava di una caratteristica tecnica capace di escludere praticamente tutte le aziende italiane ed europee fuorché Atm. In Toscana, a sua volta, l’area di servizio è dilatata fino agli eccessi. In Piemonte si vorrebbero mischiare pere e mele. Ciascuna di queste gare ha il suo specifico vizio di forma e contenuto. Mostra come un eventuale newcomer sia svantaggiato rispetto al gestore uscente, che guarda caso vince – vedi Milano – oppure ricorre al Tar e blocca tutto, com’è successo in Toscana. A giustificazione di tutto questo, c’è chi dice che un solo gestore sia più facile da amministrare e che i grandi lotti alimentano le economie di scala. Per la serie: meno gare, meno grane. Ma si tratta di scuse. E pure facilmente confutabili. Perché, senza passare da complottista, a me vien da pensare che tra l’ente appaltante e il gestore ci sia qualcosa di più della semplice regolarità della gara celebrata. Dicesi conflitto di interessi. Ma di questo ne parliamo in assemblea.