Altro giro, altro porco. Dopo il caso Bill Cosby – giusto per citarne uno – ecco che un altro uomo ricco e potente, il magnate di Hollywood Harvey Weinstein, viene investito da uno scandalo a sfondo sessuale nei puritanissimi Stati Uniti, dove tutto è great e amazing e dove tutti pensano (o fanno finta) di vivere nel Paese dei balocchi. E invece no, sorpresa! Non funziona così. Guarda caso, in tutti questi anni, non se n’era accorto nessuno. Neanche il premio Nobel per la Pace Barack Obama, che ha mandato sua figlia a fare uno stage dall’orco in questione; neanche l’ecumenica Hillary Clinton, che non ci ha pensato due volte a prendere un mucchio di soldi dal presunto stupratore seriale per finanziare la sua fallimentare campagna elettorale. Lei dei rapporti tra sesso e potere non ne sa niente, assolutamente niente, per questo è rimasta fedele al suo maritino. Ironia della sorte: è stata battuta da uno che è pure peggio di lui e che “afferra le donne dalla figa”, proprio, tout court. Un Presidente votato da quasi sessanta milioni di puritanissimi americani.
Fatto sta che ora, improvvisamente, tutti hanno aperto gli occhi. Tutti scandalizzati, inorriditi, disgustati, dopo essersi svegliati dal lungo torpore dell’ignoranza o dell’ingenuità. Tutti che scrivono #MeToo! #MeToo! Tutti che fanno a gara per raccontare al mondo la sventura subìta a causa del porco di turno. Prima o poi qualcuno twitterà pure #MeBeforeYou, come i bambini delle scuole elementari. Insomma, non ci sono più scuse: il mondo è una merda e nessuno se n’era accorto. Nonostante tutto, è una notizia positiva: meglio tardi che mai.
Eppure, anche di fronte all’evidenza, quella di un sistema in cui troppi uomini hanno troppo potere e fanno le regole, giocando (spesso in maniera scorretta) con i sogni di chi non conta nulla e vorrebbe legittimamente diventare qualcuno, le polemiche non sono mancate. Se in Italia, come abbiamo visto, la confessione tardiva di Asia Argento ha spaccato il Paese a metà, dividendo addirittura il fronte femminile (e quello femminista) tra chi dice che “si può dire anche no” e chi, invece, pensa che solidarizzare con le vittime debba essere una priorità assoluta, in Francia il dibattito si è concentrato su un altro aspetto: il confine tra liberazione della parola della donna e diffamazione.
L’iniziativa della giornalista francese Sandra Muller, che ha lanciato su Twitter l’hashtag #BalanceTonPorc (Sputtana il tuo porco), ha avuto un successo inatteso: più di 16mila testimonianze e più di 150mila messaggi postati su Twitter nel giro di tre giorni. Tutto molto bello. Il problema è che sono venuti fuori anche i nomi e i cognomi dei presunti aggressori. Questo, in una società che pretende di essere diversa da quella descritta da George Orwell, è un po’ meno bello. Così, nonostante la stampa sia stata più o meno unanime nel lodare la suddetta campagna social, anche qui in Francia, dove finora non c’era stata alcuna frattura, qualcuno sta cominciando a storcere il naso. Ieri, il filosofo francese Raphael Enthoven, ha pacatamente suggerito alle vittime di denunciare i presunti aggressori in tribunale, non su Twitter. Oggi, invece, il giornalista (conservatore) Eric Zemmour – conosciuto per le sue tesi anti-femministe – ha dichiarato alla radio che una campagna del tipo #DenunciaIlTuoEbreo avrebbe funzionato benissimo in epoca nazista. Poco fa, anche la giornalista femminista Elisabeth Lévy si è unita al coro dei critici: “Bisognerà forse ricordarsi di questo giorno di ottobre del 2017 in cui la parola “denuncia” è diventato sinonimo di “parola liberata””.
Ma l’effetto tsunami del caso Weinstein in Francia non guarda in faccia nessuno: né chi cerca solo di sollevare dei dubbi “metodologici”, né quei poveri maschietti che hanno provato a utilizzare l’hashtag #NotAllMen e che sono stati immediatamente bollati come insopportabili narcisisti. Perfino il giornale faro del politicamente corretto, Les Inrockuptibles, è stato messo alla gogna dalle femministe per aver pubblicato in copertina l’immagine dell’ex cantante dei Noir Désir, Bertand Cantat, condannato per aver assassinato la compagna Marie Trintignant nel 2003.
Intanto, sull’onda del caso Weinstein e di quella dell’altrettanto discusso caso Beaupin – una delle vittime, Sandrine Rousseau, ha da poco pubblicato un libro sulla sua esperienza – la segretaria di Stato per l’Uguaglianza tra donne e uomini Marlène Schiappa ha presentato un disegno di legge contro le molestie in strada, grazie al quale i comportamenti “scorretti” degli uomini nei confronti delle donne potranno essere puniti dagli agenti della cosiddetta “police de la sécurité du quotidien”, una sorta di Polizia di prossimità. Ma per le femministe francesi dell’associazione “Stop à l’harcélement de rue” non è abbastanza, visto che ritengono la legge inapplicabile nelle situazioni concrete. Bisogna fare di più.
A questo punto, credo che anche gli uomini possano rispettosamente e umilmente cominciare ad aver paura.