Dopo l’ennesimo scandalo legato ai concorsi truccati in università, non si può che essere d’accordo con la senatrice a vita Elena Cattaneo che scrive su Repubblica: “Un professore che invita un candidato di un concorso a ritirarsi perchè “non è previsto che vinca”, o affinchè sia abilitato un altro” meno meritevole, accompagnando l’invito con una minaccia – neppure velata – che “altrimenti la sua carriera universitaria sarà compromessa”, non è degno di ricoprire una carica pubblica”.
Qualche anno fa Luigi Zingales, costretto ad andare negli Stati Uniti perchè in Italia non avrebbe avuto lo spazio meritato – scrisse sul Sole 24 Ore un pezzo superbo dal titolo “Strass-Kahn e il primato dei più deboli” dove il messaggio chiave era di alzarsi in piedi, protestare e far valere la propria voce. In sintesi, “Speak out, stand up“. Lo portai a lezione e lo leggemmo insieme. Il passaggio rilevante è questo: “(In Italia, ndr) Prima di sfidare l’autorità, dovevamo chiederci «ma sei proprio sicuro?». Questo eccesso di zelo si trasformava spesso in sudditanza. Negli Stati Uniti ai miei figli viene insegnato il diritto-dovere di stand up speak out, letteralmente di alzarsi in piedi e alzare la voce per segnalare possibili errori: non solo dei compagni di scuola, ma anche dei professori. Questo non significa insubordinazione, ma diritto di chiedere contoanche ai propri superiori delle loro azioni”. Zingales chiudeva così il suo articolo: “Non sorprendentemente, in un ricerca pubblicata di recente, Guido Tabellini trova una correlazione tra valori insegnati e crescita economica. Le regioni d’Europa in cui il principio di obbedienza all’autorità è uno dei primi valori insegnati crescono meno. È giunto il momento che anche in Italia si insegni il diritto-dovere di stand up ai don Rodrigo” (18 Maggio 2011, attualissimo, “niente è più inedito della carta stampata”).
Già in passato ci siamo soffermati sull'”Università truccata“, così definita dal professor Roberto Perotti della Bocconi. Sono passati i tempi in cui un professore ordinario – cosiddetto “barone” – chiedeva a un suo assistente qualsiasi cosa. Ho ricordato su queste pagine l’esilerante (con gli occhi di oggi) richiesta del prof. Corrado Gini– ancora oggi è citatissimo per il suo indice sulla concentrazione del reddito e della ricchezza – che chiese a Franco Modigliani, già full professor negli Stati Uniti, di portare a riparargli l’orologio.
Tra le soluzioni pensate per ridurre lo scambio di favori in università alcuni propongono un codice etico. Balle, i codici etici servono solo per farsi belli. Aumentare le risorse, come propone il professor Tomaso Montanari? Giammai. Ci sarebbe ancora una maggiore lottizzazione delle risorse in più. Efficacia zero. Soluzioni possibili. Perotti ne propone una: “Assegnare una parte sostanziale dei fondi secondo la qualità della ricerca e dell’insegnamento di ogni dipartimento, in base a giudizi di esperti internazionali. In questo sistema saranno i colleghi stessi del barone che impediranno di tramare per assumere un candidato inadeguato, perchè alla lunga ciò si rifletterà sulle risorse disponibili a tutti i membri di quell dipartimento”. Vorrebbe dire cambiare mentalità. Ne siamo capaci?