Si scrive autonomia si legge diritti e servizi. Il vero senso del referendum, di qualsiasi consultazione popolare dovrebbe essere questo. E in parte così è andata anche per Veneto e Lombardia. Nessuna scissione, niente passaporto, niente frontiere, no. Anzi. Una serie di disposizioni che dovrebbero, una volta attuate, rendere autonoma la Regione rispetto a scelte complesse e delicate che riguardano i propri cittadini. Allora qualcuno penserà: si, però, sempre coi soldi di Roma? Certo, ma finché ci saranno Governi, come questo, incapaci di programmare per un intero Paese a seconda delle specificità territoriali, ben vengano le autonomie locali. Ben venga che una Regione voglia preoccupare dei propri cittadini, ben venga che si voglia avere l’ultima parola sulla programmazione scolastica, su quella formativa, sul sistema sanitario, sui trasporti. Insomma, aumentare l’autonomia per accrescere i servizi da redistribuire. Non una battaglia di retroguardia dunque, come qualcuno ha voluto far passare la nostra, di Forza Italia, nelle due Regioni del Nord. Non una deriva indipendentista. Noi siamo liberali ed europeisti convinti, figuriamoci se in questo tempo complicato ci mettiamo a rincorrere gli “scissionisti”. Ma una cosa è certa: dal Sud al Nord, il tema dei servizi ai cittadini, specie quelli che passano per i finanziamenti europei erogati dalle Regioni, va discusso eccome. Meglio ancora se di questo processo se ne rende partecipe il popolo. È chiaro e lampante che i patti di stabilità per i Comuni non sono sostenibili, così come tanti altri paletti che vanno solo a penalizzare gli investimenti e, specie al Sud, lo sviluppo. Dando una spallata alla ripresa. Perché, infondo, di cosa stiamo parlando veramente? Di scelte politiche? Non credo, perché un referendum per il Sud dovrebbe essere quanto più ampiamente condiviso e bipartisan. Di gestione di qualche miliardo in più? Neanche. A mio avviso la chiave di lettura deve essere quella di mettere in condizioni i cittadini del Sud, quanto quelli del Nord, di avere dei servizi il più possibile adeguati alle proprie aspettative di vita. Offrire alle imprese le condizioni ottimali per restare in Italia e non scappare calpestando diritti e persone. Dare almeno una possibilità ai giovani per rimanere qui. Insomma accendere una volta per tutte i riflettori su quello che prima in Giunta, in sede di Conferenza delle Regioni ed ora in Consiglio, questo centrodestra campano ha sempre rivendicato: non un euro in più di quelli che ci spettano, non un diritto in meno rispetto ad altri posti del Paese. I cittadini italiani, i cittadini europei, più o meno autonomi, siano tutti uguali.
30 Ottobre 2017