Il caffè (s)corretto di Severino NappiLa partita non è chiusa

Le riforme sulle regole del lavoro che si sono susseguite in questi ultimi anni hanno lasciato a bordo campo anche un’altra vittima di cui si parla troppo poco, il lavoro autonomo e il popolo delle...

Le riforme sulle regole del lavoro che si sono susseguite in questi ultimi anni hanno lasciato a bordo campo anche un’altra vittima di cui si parla troppo poco, il lavoro autonomo e il popolo delle partite IVA. Spesso autonomi per necessità, quasi mai per scelta, questi lavoratori oggi non soltanto sono ancora tra i meno garantiti, ma sono pure costretti a convivere con meccanismi talmente complessi e penalizzanti che il ricorso alla partita IVA oggi è una rogna da cui quasi tutti vorrebbero fuggire a gambe levate, se solo potessero. Il Jobs Act degli autonomi, ultimo intervento sbandierato da Matteo Renzi, ha introdotto soltanto misere quisquilie che appaiono più uno specchietto per le allodole che uno strumento per offrire garanzie reali, aumentare opportunità di lavoro e innanzitutto disboscare la selva burocratica di regole e codicilli. E se questi cinici governanti prima di fare le leggi uscissero per strada e parlassero con le persone lo avrebbero già scoperto da soli. Oggi i lavoratori indipendenti si vedono tassati per oltre il 50% compensi che spesso sono molto modesti, vivono la precarietà di rapporti che possono risolversi da un momento all’altro e precipitarli senza rimedio e senza paracadute, pagano contributi che non si trasformeranno mai in pensioni degne di questo nome. Addirittura i dati della cd. Gestione Separata Inps segnalano uno squilibrio tra quanto questi lavoratori sono costretti a versare e quanto percepiranno quando (e se) andranno in pensione. Insomma, questi lavoratori sono addirittura dei silenziosi quanto involontari finanziatori delle sciagurate politiche del nostro tempo, fatto di ingiustizie, note e nascoste. E accanto al pesante macigno di un futuro senza garanzie, questi milioni di lavoratori vivono anche un presente costellato dal peso di continue vessazioni per accertamenti fiscali, controlli, giustificazioni, ecc. senza avere neppure diritto ad un welfare degno di questo nome. Basta dire che soltanto lo 0,72% di quanto versano gli autonomi in contributi si traduce in strumenti a tutela di chi si ammala, si sposa, ha un lutto, insomma vive. E partorisce. Perché per le donne va pure peggio. Le donne che fanno un lavoro autonomo hanno letteralmente paura di partorire perché sanno che dopo saranno ancora più sole. Terminati i quattro spiccioli delle indennità, le madri devono combattere persino una nuova battaglia, quella per rientrare nel mondo del lavoro. Il peso della loro maternità non lo pagano (soltanto) a casa ma ancora di più fuori casa, quando sono chiamate a superare i timori delle imprese e la gracilità del mercato senza strumenti, senza progetti, senza sostegni da parte delle Istituzioni. Insomma il lavoro autonomo non è un tema che finisce sulle copertine patinate dei giornali o in prima serata nei talk show ma è una delle grandi questioni che brucia la pelle di tanti italiani. Noi di Forza Italia lo sappiamo e ci stiamo lavorando perché il nuovo Parlamento dovrà metterci mano con competenza e serietà, dando vita ad uno Statuto delle partite Iva, non a formule e slogan ammiccanti. Uno Statuto di libertà che conceda una boccata di ossigeno a quella che nei fatti è tra le parti di più produttive e meno sostenute del Paese. Perché per noi non possono continuare ad esistere lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. E l’obiettivo non può essere quello di rendere più difficile la vita alle persone, ma di semplificarla. Lo dobbiamo alle donne e agli uomini del nostro Paese e ancora di più ai nostri giovani che meritano un discorso a parte. La ripartenza del Paese non può prescindere dall’abbattimento del muro delle regole costruite con indifferenza, superficialità e incompetenza. Lo abbiamo detto e manterremo fede al nostro impegno, perché la Partita non è chiusa. Perché la buona politica ha il dovere di prendere appunti quando sono in campo gli altri e disputano le loro peggiori partite, e ricominciare dagli errori e correggere gli sbagli per non commetterne di nuovi. Noi ci siamo e col Presidente Berlusconi in campo – in attacco o da allenatore – la nostra sarà una squadra nuova e migliore.

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