Tema: la pressione commerciale.
Svolgimento. La pressione commerciale è un tema sempre caldo cui vengono imputati ambizioni, successi e risultati. È quella pressione che viene posta dai vertici al fine di vendere, vendere, vendere. È quindi un tema trasversale ad ogni ambito lavorativo (e scandisco: o g n i ambito lavorativo) ed ha sostanzialmente sempre valenza positiva. Del resto esistono pagine e pagine di saggi e approfondimenti su quanto sia importante tale applicazione quotidiana e costante per un’azienda.
l’8% dei risparmiatori non sa in cosa ha investito i propri risparmi ed il 20% non ha familiarità con alcuno strumento finanziario.
il Rapporto Consob 2016
Poi, c’è il mondo bancario. Un mondo a parte perché qui la pratica (ma dai?) assume connotazioni negative. Perché? Domanda pleonastica, ovviamente. Troppi, troppi i casi di risparmiatori “gabbati” che le cronache di questi anni ci hanno, dolorosamente, raccontato; troppi i casi di banche beccate, come si suol dire, “con le mani nella marmellata”, ingolosite dall’incondizionata fiducia dei clienti, che si sono rivelati, lasciatemelo dire, finanziariamente ingenui o attratti da miraggi di facili guadagni. Seguendo alla lettera il dantesco “non ragioniam di loro, ma guarda e passa”, la pressione commerciale ha fatto prevalere il risultato immediato, incurante delle inevitabili quanto puntuali conseguenze. Non è una novità quanto ci ha rivelato il Rapporto Consob 2016: l’8% dei risparmiatori non sa in cosa ha investito i propri risparmi ed il 20% non ha familiarità con alcuno strumento finanziario. Nulla di più facile per chi vuole propinare un vacuo paradiso del guadagno.
E inizio con l’autodenuncia: da banchiere di provincia lo so che posso aspirare solamente alla parte bassa del purgatorio (nel migliore dei casi), ma voglio anche oggi rimarcare una differenza che c’è nel lavorare nel Credito Cooperativo
Il 31 ottobre scorso, pochi giorni fa quindi, è stata celebrata la 93esima Giornata Mondiale del Risparmio. E allora è giusto, coi i riflettori dei media addosso, star sul tema. E inizio con l’autodenuncia: da banchiere di provincia lo so che posso aspirare solamente alla parte bassa del purgatorio (nel migliore dei casi), ma voglio anche oggi rimarcare una differenza che c’è nel lavorare nel Credito Cooperativo. Non è auto incensazione del Credito Cooperativo, ma l’ABF – l’Arbitro Bancario Finanziario – ci dice un po’ di cose sul nostro modo di fare banca. Ente istituito da Bankitalia nel 2009 per dirimere extra giudizialmente le controversie banca-cliente, l’ABF nella sua relazione 2016 ci dice che, purtroppo, i ricorsi all’arbitrato sono aumentati year su year del 56% (cinquantasei! Ragazzi, un problema le banche ce l’hanno). E gli aumenti non stati solamente in termini di volumi, ma anche di tipologia di ricorso.
…leggiamo, almeno, quanto di positivo il mondo delle Bcc riesce a fare: in rapporto alle quote di mercato, le Bcc hanno i ricorsi più contenuti ed in diminuzione , oltre alla quota di soccombenza (32%) più bassa
Niente di buono, insomma. Ma qua leggiamo, almeno, quanto di positivo il mondo delle Bcc riesce a fare: in rapporto alle quote di mercato, le Bcc hanno i ricorsi più contenuti ed in diminuzione , oltre alla quota di soccombenza (32%) più bassa; certo, non è la perfezione, ma ci proviamo, e certifichiamo così che nel mondo finanziario nazionale il Credito Cooperativo primeggia, positivamente, nell’avere ben poche criticità verso i clienti. Ciò, permetteteci, non stupisce perché è nel dna cooperativo avere una marcia in più nella relazione con i soci e i clienti.
“… fides”, avrebbe detto Virgilio a Dante. E chissà che anch’io non riesca a guadagnarmi un pezzetto di purgatorio migliore.