Quando sono diventato Assessore al Lavoro della Regione Campania, il posto in cui sono nato, in cui vivo da 52 anni e dove ho scelto di far nascere e crescere mia figlia, i primi a non essere d’accordo con la mia decisione di accettare l’incarico furono proprio la mia famiglia e i miei collaboratori più stretti. Scevri da ogni condizionamento politico, trovavano semplicemente poco opportuno che io avessi a che fare con delle frange violente di disoccupati organizzati più vicini alla criminalità che al mondo del lavoro, seppur complesso e molto delicato. Non sto qui a raccontare le vicende che si sono susseguite e chi abbia “vinto” le diverse manche del mio costante braccio di ferro con loro. Per la prima volta voglio raccontare quello che c’è stato in mezzo. Quello che si prova ad essere soli, mentre non si tenta di fare altro che dire la verità. La verità di una Regione con le casse prosciugate da anni di mala gestio, che li aveva sempre illusi e fomentati. La verità che non sarebbero mai esistite, per mano nostra, corsie preferenziali sulla pelle e sul bisogno della gente. La verità che loro rappresentavano, tra le altre cose, un pacchetto elettorale che faceva gola a molti, ma non a me. La verità che quando la racconti in pubblico ti fa prendere complimenti ed applausi, ma poi ti lascia inesorabilmente solo, a pensare a quanta strada in più avrebbe fatto la nostra terra senza parassiti di ogni specie che, purtroppo, l’hanno più volte azzoppata e rallentata. Ma la verità va di pari passo col coraggio ed io mi sono sempre preso la briga di abbinarle queste due cose. Il primo prezzo da pagare è stato quello di finire sotto scorta e di diventare il loro bersaglio preferito. La prima conseguenza è stata quella della percezione di insicurezza da parte della stessa famiglia e degli stessi collaboratori che, come una profezia, su questo tema si erano già espressi. Appunto. Difficoltà nello spostarsi, nel partecipare a dibattiti pubblici o solo semplicemente a cene a casa di amici. Diventare quasi un problema per le persone che ti stanno intorno e una sola ed unica domanda ricorrente: MA CHI TE LO FA FARE? Poi dentro di me ho trovato la sola ed unica risposta possibile: L’AMORE PER LA VERITA’. Un prezzo altissimo che abbiamo scontato anche elettoralmente, perché qualcuno non ha gradito le nostre posizioni, ma in cambio grandissime soddisfazioni negli occhi delle persone perbene che hanno ricominciato a credere in un’altra politica: quella onesta, quella silenziosa, quella capace di dire NO e di non farsi calpestare dalla prepotenza. Ne parlo oggi, dai banchi dell’opposizione, dove sono fieramente seduto, perché non potrei essere altrove. Non condivido la linea morbida e gli arretramenti che al Sud, più che in ogni parte d’Italia, trovo pericolosi nei confronti di chicchessia. Che siano disoccupati organizzati, che siano centri sociali o frange estreme di qualsivoglia movimento. Il dovere della buona politica è si quello di ascoltare, ma ancor di più quello di garantire eguali condizioni e uguali diritti a tutti. Specie a chi ne ha più bisogno. Un processo che avviene in un solo modo: dicendo la verità. Pagandone qualche conseguenza ma raccogliendo più di qualche frutto!
6 Novembre 2017