La City dei TartariAdhikara

Il ragazzo indiano che si ferma a parlare con me studia economia a Boston da qualche anno. Elegante, asciutto e con gli occhi fra il nocciola ed il verde. Ha la pelle ambrata e le mani affusolate d...

Il ragazzo indiano che si ferma a parlare con me studia economia a Boston da qualche anno. Elegante, asciutto e con gli occhi fra il nocciola ed il verde. Ha la pelle ambrata e le mani affusolate di una classe benestante e le spalle tornite di chi ha vissuto fra campus americani per anni. Indossa una maglietta verde e si appoggia ad una catasta di pesi e barre, nella palestra dell’universitá di Harvard, dove sono in viaggio di lavoro.

Nei primi cinque minuti di chiacchierata snocciola tutto il suo CV con una naturalezza particolare, come se mi mostrasse una sciabola decorata con scene di caccia e di battaglia, di qualche antenato principe o come se recitasse una giaculatoria di nomi di santi associati ad universita’ importanti. Quando dice Corpus Christi, mi viene da dirgli ‘Ora pro nobis’.

È un mondo che conosco, che risuona e che mi dice che il ragazzo si fara’, lo trovero’ sulle pagine di qualche rivista economica nei prossimi anni.

Siamo circondati da virgulti di ogni classe medio-alta del mondo o di borsisti con mille speranze, come le bollicine della bottiglia di gazzosa sugar-free che il ragazzo indiano tiene in mano, tamburellandoci sopra con le sue dita.

Parliamo per un po’ di cose del mondo, mi chiede se sia un punk come dice la scritta sulla mia maglietta sudata. Rido. Gli dico, che, si, forse lo sono, o lo sto diventando sempre di piu’. Sto cercando come ricostruire la mia morale personale, gli dico. Ogni giorno. Non mi accontento piu’ di quello che sento e leggo, trovo le convenzioni sempre piu’ assurde. Tutto e’ cominciato con le letture dei romanzi. Ho cominciato a provare difficolta’ a leggerli, perche’ sono finzione, non esistono, i caratteri e i personaggi che appaiono dalle pagine, se non in un mondo senza speranza di materializzarsi. Poi, ho cominciato a leggere solo biografie, libri dove si raccontava qualcosa di pratico, vero. Ed ho continuato, salvo rare eccezioni, i libri scritti dagli amici, a leggere saggi, filosofia, libri di finanza, economia, teorie musicali, apologie e sfoghi sullo stato del mondo. La parola e’ diventata per me desiderio di conoscere meglio il mondo, fuori dalle metafore dei romanzieri.

Anche la vita, anche lei, ho dovuto ristrutturarla non appena mi sono reso conto che viviamo in tempi dove è preferibile lasciarsi andare.

Gli chiedo: ma perche’ ti ha colpito la parola sulla maglietta? Sorride, con denti bianchissimi e perfetti. ‘Non era la maglietta, ma come esitavi fra due bilancieri di pesi diversi, come se tu fossi di fronte ad un’opzione finanziaria: scommettere sul bilanciere con peso minore, ma che si puo’ sollevare piu’ volte o prendersi piu’ rischio e alzare quello piu’ pesante, ma lentamente? Mi colpisce sempre, continua, quanto non solo cerchiamo di tenerci in forma, ma osiamo sempre qualcosa in piu’, sempre piu’ in alto con l’asticella. Ti ho visto indeciso, ma non era un’indecisione semplice, era complessa. Come se quello che tu stai facendo qui, in palestra, sia un percorso iniziatico. Ti ho visto anche prima, sollevare le gambe per gli addominali, lentamente, prendendo il fiato. Come un mantra di muscoli, se mi permetti’.

‘Mi immagino tu sia uno studente di economia comportamentale, allora. Non stai facendo altro che cercando un percorso, un profilo da comparare’. Siamo uno di fronte all’altro, lui sorseggia dalla bottiglia, io alzo il bilanciere un’ultima volta, lasciandolo poi scendere di botto, emettendo un ‘klang’ metallico.

L’angolo del suo occhio giada e smeraldo sorride.

‘Beviamoci qualcosa stasera se puoi’. Si, posso, gli dico, ma sul tardi, quando finiamo la cena del lavoro. Il ragazzo mi dice, ok, alle dieci, Harvard Square. Gli dico: ‘ Se non ce la faccio, come si fa?’ ‘Se non ce la fai, alle dieci e cinque torno al mio appartamento’. ‘Non hai un cellulare?’ ‘Si, ma lo uso solo per le emergenze, mi permette di stare piu’ concentrato e la nostra birra non e’ un’emergenza’. ‘Dipende da quale giornata hai avuto, amico mio’.

Gli occhi di tutti e due ridono.

Prendo il mio asciugamano e gli dico: ‘Fare esercizi non e’ solamente abituarsi a sforzarsi sempre di piu’, ma comporta anche la ripetizione di ogni gesto, la ripetizione ritmica e regolare che permette ai muscoli di scaldarsi e di funzionare meglio, che ogni volta la fibra si distende di piu’ e la pelle si stira e si rilassa contemporaneamente. Per quello due persone che fanno all’amore hanno la pelle splendida, emette una forma di energia particolare’. ‘E’ quello che dicono, si. Due forme di Adhikara l’esercizio fisico e il sesso’. ‘Adhicosa?, gli chiedo, mentre mi pulisco gli occhiali con la maglietta. ‘Te lo spiego stasera!’. Si gira, esce dalla porta e mi saluta con la mano, mentre inizia in un’altra stanza una classe di yoga. Da una porta semiaperta si sente un ‘Ohmmmmm’ profondo e quasi lacerante. Come se emesso dal basso di Bill Laswell.

Come prevedibile, tre ore dopo, sto camminando, in colpevole ritardo e velocemente, fra il campus della Business School e Harvard Square. I colleghi di corso mi hanno fatto dilungare a discutere di Brexit e di ritorni sui mercati dei capitali, framezzati da storie personali di trionfi, semifallimenti e cadute dai troni corporate su cui sedevano. Il passo e’ veloce, le scarpe di cuoio nere fanno tciak tciak sul pavimento coperto di sale. Gia’ so che dovro’ farle ripulire con l’aceto per eliminare le tracce della salgemma chimica che inonda ogni inverno i paesi freddi.

Sono dieci minuti alle dieci e devo fare ancora un chilometro, nel gelo artico che e’ sceso su Boston. Non posso far a meno di notare, alla luce delle illuminazioni elettriche, che le papere e i gabbiani sono in piedi sullla lastra di ghiaccio che si e’ formata. Sembrano sospesi sulle tenebre. Una sospensione simile alla mia. O la mia e’ piu’ una forma di lacerazione interiore ora diventata muscolatura piu’ forte. No pain, no gain, dice sempre l’istruttore della palestra. Niente dolore, niente risultato. Niente fatica, niente compenso, niente sacrificio, niente altro. Per un attimo, un attimo eterno, vedo gli anni passati di fronte a me, tutto quello che uno deve accettare per la carriera, l’abominio di vivere sempre velocemente, eliminando uno ad uno piaceri della vita, prima di tutto la lentezza dei sentimenti, le mattinate tranquille in letto, le notti in cui vai a letto prima e magari leggi un libro, magari fai all’amore, magari scrivi un libro nella testa mentre fai all’amore.

Velocita’ e ripetizione. Gli anni passano, senza provare la stessa fatica che prova una persona, perche’, in fondo, ogni istante e’ una nuova scommessa di un dio benigno, se solo sapessimo coglierlo quel momento di elissi del cuore. Se solo. Sapessimo. Amare. Il momento. Come Nuovo. Ogni Momento.

Arrivo all’angolo di Harvard Square e vedo lo studente indiano. DI cui non so neanche il nome. Sono le dieci e cinque, si gira e comincia a camminare verso la direzione opposta alla mia. Urlo: Hey! Te! Si girano almeno dieci persone, fra cui un senzatetto che vende monili in materiali riciclati, fatti da lui: ‘Hey Joe, volevi dire?’, come la canzone di Hendrix.

Il ragazzo si gira e mi vede. Ride di gusto e, appena siamo vicini, mi dice: ‘Ci siamo appena conosciuti e mi imbarazzi di gia’. In un attimo, siamo dentro ad un locale, due birre di qualche produttore locale, con grande spiegone del barman sul tipo di luppolo usato e un vassoietto di noccioline coperte di wasabi. Esitiamo a mangiarle, citando tutti e due degli studi che comprovano che, in media, in una ciotola di noccioline al bar, vengono trovati almeno dieci DNA diversi di urea umana.

Adhikara, cosa? Gli dico a bruciapelo. ‘Adhikara si traduce come ‘processo di crescita, di cambiamento. Nella religione indu’, e fra i praticanti di Yoga, indica come una persona diventi sempre piu’ adattabile alle circostanze, a far risuonare la sua essenza. E’ il cambiamento che la meditazione e la coscienza di se’ implica in chi prova ad abbandonarsi al presente, al gran flusso cosmico e comico delle cose.’ ‘Cosmico e comico? Come nella canzone di Elvis Costello, God’s Comic? Dove un commediante da strapazzo si trova di fronte a Dio e ne scopre il senso di devastante ironia nell’averci creati?’ ‘Qualcosa del genere. Non e’ l’ironia romantica, dell’accettare che l;ideale che perseguiamo non sia quello che troviamo. Pensa alla vita di una coppia,di amanti, di amici, a come spesso quello che desideriamo si infranga sui limiti dell’altro o di se stessi. O si accetta o si cambia tutto. Ecco, l’Adhikara, invece, ci dice che siamo in un processo di scoperta continua e che, se vogliamo, possiamo aprirci al mondo, come se cominciassimo a risuonare sempre di piu’ della materia di cui l’universo e’ fatto. Che e’, in realta’, morale. Adhikara vuol dire esperienza, diciamo pure competenza, conoscenza. E’ il percorso di salita verso altri livelli di coscienza attraverso il conoscere’.

Mi fermo un attimo di fronte ad una delle ennesime ‘Trust Banks’ che popolano la zona di Cambridge. ‘Quindi Adhikara come percorso personale e collettivo di migliorare quello che siamo, quello che abbiamo attorno. Migliorare, sia accettando gli errori che permettendo di perdonare gli altri. Allora, amico mio, te lo dico, mi piace questo concetto, o mi potrebbe piacere se mi permettesse di essere un nuovo me, ogni giorno. Dimenticando quelle versioni beta, non funzionanti, inutili, di un me stesso dal passato. Experiri placet, mi ripeto da quando sono ragazzo, da quando lo lessi su un libro di Herman Hesse. No, non Siddharta, lo anticipo ridendo. Era “Il gioco delle perle di vetro”. Ed era su un percorso iniziatico, di apertura ad una accettazione delle cose del mondo.

Questo e’ il dilemma, altro che quello di Amleto: ad un certo punto della vita, il sapersi poter rinnovare senza portarsi dietro il fardello delle cose fatte, degli errori, delle delusioni e delle rabbie fatte soffrire agli altri. Non esiste meccanismo naturale di eliminazione, ma una continua accumulazione di rimorsi, memorie spiacevoli e torti. Non si combatte fra essere o non essere, ma esser stati e voler essere qualcosa di altro, con la zavorra di quello siamo stati, di come ci siamo comportati. Una specie di Purgatorio od Inferno in terra. Lo conosci Dante?’

‘Si, lo conosco e, diciamocelo, aveva dimestichezza con il suo Adhikara. Non e’ forse la Divina Commedia il poema piu’ vicino possibile ad un ciclo di storie morali indu? Siamo indoeuropei, lo dicono i miei occhi appena screziati di verde ed i tuoi, marroni come una castagna’.

Tre ragazze accanto a noi ci sentono parlare e sorridono. ‘Discorsi difficili per un primo appuntamento’, ci dicono, mentre con camicie di flanella neo-grunge e una bottiglia di qualche vino bianco californiano, preparano liste di amici da invitare a qualche festa.

‘No, stiamo facendo filosofia spicciola, da palestra’ risponde il ragazzo.

Prendo la bottiglia, faccio un segno di saluto alle ragazze e brindo ‘Al nostro primo appuntamento!’. E, stranamente, la cosa non mi turba. Se non che il ragazzo dimostra bellamente almeno venti anni meno di me, e non vorrei passare male.

Mi viene da sorridere al pensiero, un pensiero leggero di assoluta e totale liberta’ del bene a cui appartenere, del decidere a chi voler bene, nell’istante. Nel presente. Senza remore e morali. Anzi, costruendone una nell’istante. Osservo il ragazzo negli occhi. Hanno degli spruzzi di verde acceso. Le labbra sono appena carnose e un piccolo baffo appare appena sopra. Leggero.

Essere presenti nel presente. Me lo ripeto sempre piu’ spesso. Lasciare che il processo di cambiamento e di rinnovamento abbia il sopravvento. Ma il pensiero passa, rimesso in fila con le altre cose che so non mi appartengono, come persona, e che non voglio provare a testare.

Il ragazzo torna a parlare: ‘Quando Dante entra all’Inferno e’ una persona curiosa, vuole capire cosa sta accadendo e, piano piano, mentre sale verso il Paradiso, accetta sempre di piu’ che i misteri non siano rivelati, mette sempre meno in discussione quello che vuole. Perche’ non poteva far altro, per la mentalita’ dell’epoca, o, forse, per lanciarci un messaggio? Diciamocelo, da meta’ Purgatorio in su, la Divina Commedia e’ illeggibile!’

‘Diventa teologia pura, dico, mentre faccio segno al barista di avere un’altra birra. ‘Diventa adesione ad un culto, ad una religione e non piu’ il dramma di un uomo che ha fatto tremila bischerate e vuole capire come uscirne. Un cammino solenne e solerte nel ventre dell’Io, prima di vedere Dio. Niente seconda stagione, purtroppo’.

‘House of Cantiche!’ ‘Si, 100 puntate e basta’.

‘Per quello studio economia, dice il ragazzo. Per capire quali sono i limiti dell’agire umano e come la finanza abbia una memoria che possiamo manipolare per avere sempre i risultati che vogliamo. Mentre, come esseri umani, limitiamok continuamente la simulazione di Montecarlo, perche’ vogliamo evitare alcuni eventi, non abbiamo propensione al rischiok personale.’

‘Quindi, studiando gli errori la finanza non si autocorregge, ma ne tiene conto. Gli esseri umani, invece, subiscono questo fardello del loro passato e non provano mai a cambiare completamente le condizioni attorno’.

‘Si, ci vuole sempre uno strappo. In una relazione, una delle due persone lascia l’altro e, spesso, non sulla base del presente, ma del passato. Quante volte esci con una persona, ci finisci a letto e la mattina dopo ti dice: ‘Non voglio che accada di nuovo quello che e’ accaduto uno, due, dieci anni fa. Ecco, mi dice, con gli occhi aperti, non deve accadere, perche’, se sei moralmente aperto a cambiare, non riaccade un emerito nulla. Accade qualcosa di nuovo. Sei libero nei sentimenti e nelle relazioni, non ti devi imporre remore morali o di costume. L’Adhikara e’ spostarsi, crescere e trovarsi nuovi’.

‘Insomma, l’Adhikara e’ la versione indiana o indu della filosofia punk, del do it yourself, del trova il tuo percorso, dentro l’alveo del possibile, il tanto di ogni opzione possibile dentro il poco della persona che uno e”.

‘Precisamente. E pensa come sarebbe questa idea nella societa’, nella politica. Nell’economia. Tutto diventa processo di miglioramento, di esplorazione, di osservazione del reale e di presa di posizione, nel presente. Perche’ vuoi migliorare, perche’ hai quello spirito di voler cambiare te stesso, prima di tutto, per il meglio.’

‘Lo so, lo capisco. Essere migliori per quello che ci compete. Ma il fardello rimane, il passato riaffiora’.

‘No, mi dice lo studente’, alzando la mano quasi a fermare le mie parole nell’aria. Le ragazze ci guardano non piu’ ridenti, ma assorte in qualche forma di sconcerto positivo. Sento una che dice all’altra ‘sono cosi’ carini’.

Il passato riaffiora, dice, perche’ non permettiamo al presente di esplodere. Come un orgasmo, un sapore forte ed acuto, ma delizioso, un raggio di sole che perfora la retina e ci fa vedere immagini da altri mondi, travestite da abbagliamento. Il presente non modifica il passato, perche’ non gli interessa proprio modificarlo’.

‘Quindi, cosa dobbiamo fare?’, permettendo alla nostra differenza di eta’ di vaporizzarsi e di sentirmi come di fronte ad un guru indiano di seimila anni di vita.

‘Comincia a controllare le tue paure, isolale. Nel passato. Non puoi controllare il futuro, cosa accadra’ domani, non sai se morirai ora o fra cento anni, ma sai cosa devi onorare, il presente che hai, le persone che ami. Onorale, senza opprimerle. Hai figli?’ ‘Si, due’. Ecco, permetti al loro Adhikara di esprimersi, di fare errori sapendo di farli, di sperimentare sapendo che potrebbero rischiare qualcosa’.

Ho le mani sul mento, ascolto il ragazzo. Si, la vita deve essere questo, un avere ipotesi, anche tante, ma seguirne alcune dentro un percorso che ci porti in posti sempre nuovi. Senza false morali, pruderie, preconcetti, ignoranza. Cosi’ si deve vivere, gli dico, chiedendo il conto.

Passeggiamo lungo una strada alberata, verso il campus. Un freddo ostile e velenoso si insinua sotto la pelle, anche attraverso il cappotto. Due conigli passano correndo accanto a noi. I coniglietti o leprotti di Harvard, con il ponpon bianco sul sedere. Sgambettano. ‘Non e’ il tempo degli accoppiamenti, mi dice il ragazzo. Ma, mi dice, in estate e’ abbastanza imbarazzante, sono a copulare ovunque. ‘Ripetizione ritmica’, dico. ‘Il sesso e’ energia che si libera, una forma di esercizio per il cuore. Quando ci sono altri sentimenti, diventa amore.’ ‘Anche quello cambia. Nella vita. Si scoprono cose nuove, inedite, su di se, se si rimane onesti ed aperti’. ‘Gia’, funziona cosi’, gli dico.

Siamo tornati oltre il fiume, verso il quadrante della Business School. Il freddo e’ atroce e la notte e’ illuminata da luci natalizie e dalle lanterne blu per le emergenze.

‘Esiste un dio per ogni cosa, nella mia religione’, dice il ragazzo, ‘ma, alla fine, il cammino lo facciamo noi, qui sulla Terra. E non conta da dove parti ma conta lo stare in transizione, ogni istante’.

Gli sorrido, e gli dico ‘Siamo sempre in un processo di passaggio, ma a volte, quel che conta e’ sedersi, qualche ora, con un’anima straniera e sconosciuta accanto, per scoprire che c’e’ qualcosa, dentro e fuori da noi, a cui dobbiamo render conto. E lo sai come? Non smettendo mai di fare esperienza nel tempo che ci e’ concesso. Chi si acccomoda, come nelle notti fredde, e’ perduto. Muore lentamente, pensando di essere felice. Per quello i coniglietti corrono nella neve, perche’ vogliono arrivare in forma ad un’altra estate di amori e calore’.

Ci separiamo e le strade diventano di nuovo due. Come accade spesso nella vita. Ma il passo diventa piu’ veloce per entrambi, piu’ sicuro.

‘So, here it is the miracle of modern creation’

Asian Dub Foundation – Buzzin’

https://youtu.be/X10wXIF6kfo

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