Non profumatevi. Se un giorno vi capiterà di andare a cena da Sukibayashi Jiro, la piccola grande sushiya di Jiro Ono, il leggendario sushi chef nonagenario – ha appena compiuto 92 anni – che nel 2008 ha ottenuto le tre stelle Michelin ed è entrato nel Guinness dei Primati quale chef pluristellato più anziano del pianeta, ricordatevi di non profumarvi perché Jiro Ono potrebbe rifiutarsi di servirvi. Da “Jiro”, d’altra parte, la degustazione è un’ esperienza totalizzante e tutto ciò che distrae non è il benvenuto.
Nel mio caso l’occasione di sedere al banco della sushiya più famosa del mondo è arrivata grazie a uno dei più grandi critici gastronomici giapponesi, Yamamoto Masuhiro, lo stesso che compare nel film documentario “Jiro e l’arte del Sushi” (Feltrinelli Real Cinema, 2013): è con lui che Jiro Ono ha firmato tutti i sui libri. Qualche giorno prima del mio arrivo in Giappone, Yamamoto-san ha organizzato l’incontro tra i due pesi massimi mondiali della cucina, Jiro Ono e Massimo Bottura e dell’ evento si è parlato anche in Italia. Ho comunque atteso anche io alcuni mesi prima di riuscire a trovare posto: “è molto difficile riuscire a prenotare da “Jiro” conferma Yamamoto-san. “Probabilmente è uno dei ristoranti al mondo nei quali è più difficile ottenere la prenotazione” : nel 2012 Sukibayashi Jiro si è classificato al secondo posto nella lista dei locali in cui è più difficile prenotare un posto.
D’altra parte per mantenere un’ altissima qualità del servizio Jiro Ono propopone una filosofia culinaria che lo porta ad optare per un limitatissimo numero di posti e un limitato numero di servizi. Nella sushiya di Jiro Ono vengono serviti solo dieci posti, tutti al bancone, e sebbene il locale abbia anche dei tavoli, essi sono inutilizzati. A questo si unisce il fatto che Sukibayashi Jiro offre solo tre servizi al giorno. Il primo è quello del pranzo alle 12.30, gli altri due sono dedicati alla cena: uno alle 17:30 e l’altro alle 19:30. Il servizio delle 12:30 è preparato dal figlio di Jiro Ono, Yoshikazu, perché il grande maestro arriva al ristorante solo al pomeriggio per i due servizi serali. E non finisce qui. Jiro Ono, infatti, serve solo sei delle dieci persone alla sua tavola: le altre quattro sono servite dal figlio. Ogni degustazione dura circa 40 minuti ed ha un costo fisso di 32,000yen (240euro circa).
Il giorno del tanto atteso appuntamento a Tokyo piove. L’incontro è fissato per le 18:40 ma decido di arrivare molto presto e per le 17:30 sono già davanti al ristorante. A quell’ora il primo servizio della sera è già iniziato e l’atmosfera fuori dal locale è calma. La sushiya di Jiro Ono è come appare nel film: un anonimo locale al piano interrato in un anonimo corridoio della metropolitana di Tokyo davanti al quale si passa per andare a prendere la Ginza-line. Difficile farci caso se non si sapesse che quella sushiya è un posto molto speciale, così tanto da vedere arrivare gente a sbirciare o rubare una fotografia davanti alla sua porta.
Man mano che l’orario dell’appuntamento si avvicina, iniziano ad arrivare gli ospiti di Yamamoto-san. Il nostro gruppo è formato da otto persone e io sono l’unica straniera. All’ingresso della sushiya di Jiro Ono consegniamo cappotti e borse a una giovane assistente e ci accomodiamo al bancone a mani vuote: niente foto-ricordo, solo le emozioni come bussola della memoria. D’altra parte sedersi alla tavola di Jiro Ono significa rimanere soli con noi stessi, confrontarsi con l’esperienza della degustazione. Guardando Jiro Ono preparare il sushi, si intuisce tutta la devozione di un maestro verso il suo mestiere, che è da sempre una missione: l’antica arte del sushi, ricerca infinita di equilibrio tra tecnica ed estetica (mai sottotitolo per il libro di Jiro Ono poteva essere più perfetto) sotto l’egida del rispetto della natura, gli ingredienti. A cena da Jiro Ono siamo tutti costretti a fare un passo indietro, ad assaporare fino in fondo il piacere eccelso di un panetto di sushi: effimero e perfetto, complesso eppure bellissimo come un fiore di sakura. Come è la vita stessa.
Yamamoto-san che in questa occasione riveste il ruolo di gran ciambellano della cerimonia di degustazione mi fa accomodare accanto a lui e la cena ha inizio. Solo allora compare Jiro Ono: sbuca dal retro del ristorante insieme ai suoi ragazzi. È piccolo e magro come nel film e si posiziona al centro della sushiya. Suo figlio Yoshikazu si mette alla sua destra, il primo aiutante dall’altra parte. Durante tutto il tempo della degustazione Jiro Ono non parla quasi mai, si limita ad annuire alla conversazione. A dirigere le danze della degustazione seguendo la musica di Jiro Ono, il suo menù, è Yamamoto-san. Il critico giapponese ci spiega che il menù di Jiro Ono è suddiviso in tre parti: il sushi di Edo (antico nome di Tokyo), il sushi classico e il sushi di stagione. A secondo del miglior tipo di pesce disponibile a Tsukiji – lo storico mercato del pesce di Tokyo – Jiro Ono crea ogni giorno la sua danza culinaria.
Per degustare adeguatamente il sushi, bisogna però saperlo mangiare, bisogna conoscere e rispettare le tecniche della degustazione. La prima regola è la più semplice e quella che ci dimentichiamo più spesso: il sushi si mangia con le mani. La porzione di sushi va afferrata tra il pollice e il medio, lasciando l’indice libero, senza toccare il pesce. La seconda regola riguarda le bacchette: si desidera mangiare il sushi con le bacchette, esse vanno sapute utilizzate nel corretto modo. Vanno appoggiate nella parte bassa del panetto, quasi a toccare il piatto e a sorreggere il riso: esse e non toccano mai il pesce. Infine la regola fondamentale: il sushi si mangia in un solo boccone. Sempre. È solo così che l’armonia del gusto può emergere in tutta la sua complessità e pienezza.
Jiro Ono spennella il proprio sushi con un leggero tocco di salsa di soia e non c’è necessità di pasticciare con intingoli o miscugli col wasabi. Ogni sushi viene appoggiato su di un lucido piatto nero. Una volta degustato il sushi, il piano viene ripulito da un assistente per permettere al sushi successivo di splendere in tutta la sua bellezza. La degustazione del sushi di Jiro Ono è, infatti, anche un’operazione estetica. Prima di degustare il sushi esso va ammirato nella sua armonia e nel suo equilibro: il pesce non è mai troppo lungo – Yamamoto-san spiega minuziosamente questo aspetto e precisa che tutte quelle sushiya che propongono un sushi in cui la fettina di pesce si distende ben oltre il panetto di riso commettono un grave errore – ma è proporzionato alla lunghezza del panetto di riso. Per ogni tipo di pesce che degustiamo Yamamoto-san racconta caratteristiche e unicità del pesce: è questa la via giapponese per onorare il cibo, il pesce che ci ha donato la sua carne e la natura per averci offerto questa prelibatezza. Prendersi cura di ciò che mangiamo e di ciò che facciamo mangiare è, per Jiro Ono, l’essenza della sua arte. “Il sushi è un piatto la cui semplice preparazione non è forse battuta da nessun altro piatto al mondo. E’ la pura combinazione di riso con pesce o crostacei. Ma, proprio per questa ragione, non v’è alcuna falsificazione e soltanto i veri maestri riescono a prepararlo.” spiega Jiro Ono nel suo libro.
Finita la degustazione ci intratteniamo con Jiro Ono. Ho la possibilità di raccontargli dei miei libri e di come è nato “Il Sushi” il volume che compare nel cofanetto che racchiude il DVD dedicato alla sua vita e dunque L’Arte del Sushi (Gribaudo 2015). Gli spiego che la casa editrice che ha publicato in Italia il suo libro “Sushi, Estetica e Tecnica” a cura di Masuhiro Yamamoto (Gribaudo 2016) è la stessa. Jiro Ono è molto felice di questa coincidenza e firma senza esitazione tutte le copie dei libro che ho portato dall’Italia. Quando Jiro Ono mi saluta, ho l’opportunità di stringergli la mano e rimango senza parole: le famossime mani di Jiro Ono sono così morbide da sembrare quelle di un angelo.
Degustare un cibo “etnico” significa avvicinarsi alla cultura a cui appartiene, averne rispetto e cercare di capirla. E’ per questo che nei libri che ho dedicato al sushi ho sempre cercato di inviare questo messaggio, che è particolarmemte vero se parliamo del sushi. Perché il sushi è il cibo giapponese per eccellenza: semplice solo nella forma ed estremamente complesso nella preparazione.