I capelli corti color argento scuro e gli occhi che richiamano le nuance di un fiordaliso. A cinquant’anni, Luciana Pennino è una sintesi di fantasiosa femminilità, fresca e lieve, e di una saldissima consapevolezza di sé. Alla prima curiosità che le rivolgo, in merito a che bambina sia stata, questa artista oggi trasversale e indipendente, con la sua vita costellata di scelte coraggiose, non esita a rispondere così: “La mia è stata un’infanzia molto ‘abbracciata’, felice. Però a sedici anni la mia famiglia è stata ferita da un dolore profondissimo: la scomparsa, per un incidente d’auto, di mio fratello che aveva solo 24 anni. Era il mio eroe: il mio primo riferimento maschile che non fosse mio padre – spiega – e dunque una perdita che mi ha richiesto del lavoro su me stessa per anni; ma che per fortuna non mi ha sottratto equilibrio, né calore alla mia famiglia, ai miei genitori cui restavamo io e le mie due sorelle”.
Luciana è una studentessa brillante, che, nonostante l’estro creativo, sceglie le strade del Libro, della facoltà di Scienze Politiche (“non esattamente il mio mondo, ma volevo fare la giornalista e all’epoca lo ritenevo un percorso adatto”); si laurea con lode, sebbene quegli studi non le somiglino molto, sebbene non li ami più di tanto, e dopo la laurea comincia con successo a lavorare nell’organizzazione dei congressi medici, nella sua Napoli. Lì dove è nata e cresciuta. Mette su una ditta nel settore e diventa imprenditore. “Ma a un certo punto si è rotto qualcosa, tra me e quel lavoro. Mi sentivo sola e a disagio, sovraccaricata di stress, infelice: ho deciso di chiudere la mia agenzia”, racconta. Un salto nell’incerto, proprio a cavallo tra il 1999 e l’inizio del nuovo millennio. L’alba dei fermenti vitali per molte generazioni di professionisti, l’inizio di investimenti e aspettative che, ben lo sappiamo, non hanno incontrato un futuro semplice quasi per nessuno. “Ma io racconto quella stagione della vita come l’incontro felice con la parte creativa di me”. In particolare, il fortuito incontro con una persona che si occupava di un artigianato (gioielli congegnati e prodotti con materiali poveri) che le avrebbe cambiato il destino. “Ho imparato i segreti del mestiere e creato uno stile tutto mio. Le mie creazioni si basavano soprattutto sul lavoro di piccole gocce di resina, la cui elaborazione e assemblaggio crea un effetto suggestivo. Io sono una frana nel disegno (per cui non chiamatemi ‘disegnatrice di gioielli’!) ma ho scoperto di adorare gli esercizi creativi legati alla manualità.” Nasce così un’attività redditizia e squisitamente femminile: le “gioie” inconfondibili di Luciana. Quello che diventerà un marchio solo tra qualche anno, ma che porta Luciana a collaborare con un importante atelier: l’artista dà “nuova vita a materiali come le camere d’aria delle ruote di biciclette (che io trasformo in collane), e perfino i tappetini antiscivolo per le stoviglie, che nel mio mondo diventano orecchini…”. Una cosa, Luciana ci tiene a metterla in chiaro: “Poco, ben poco è invenzione pura, oggi come oggi. Moltissimo però si può rielaborare e proporre in uno stile tutto nuovo”. Un giorno del 2007, però, viene meno la collaborazione più continuativa e proficua per le opere di Luciana (“un atelier, una fucina di artigianato per cui lavoravo tanto”). Una fase di profondo sconforto; un dolore che le impone di rimboccarsi le maniche e ricominciare daccapo nella ricerca di un lavoro.
“Ho capito che dovevo cedere, ridimensionare le mie aspettative, le mie ambizioni. Ricomincio da zero, accettando un segretariato in un ufficio legale. E non è stato facile, ma per un paio d’anni l’ho fatto e l’ho fatto incenerendo completamente il mio estro creativo, risucchiata solo dalla necessità di lavorare e fare bene quel che mi era richiesto”.
Ma, come un vulcano, il desiderio di tornare a creare le sue particolarissime gioie riemerge; Luciana lascia quel lavoro e ricomincia a investire tempo ed energie nei suoi gioielli. Stavolta crea un marchio: “Le gioie di Marisol”. Dalle piccole bancarelle per strada fino a importanti showroom, vetrine griffate, attrici di famose fiction televisive che sfoggiano i gioielli di Luciana in video. Roma, Parigi, strade ed eventi importanti.
Dalle piccole bancarelle per strada fino a importanti showroom, vetrine griffate, attrici di famose fiction televisive che sfoggiano i gioielli di Luciana in video. Roma, Parigi, strade ed eventi importanti.
Non solo un’attività artigianale rigenerante, ma anche una filosofia di vita: cercare di portare la “gioia”, che ha il suo simbolo in un sontuoso accessorio venuto fuori da materiali poveri o riciclati, anche nei posti più insospettabili. È il caso del progetto ContaGIOIAmoci, di cui Luciana è ideatrice nel 2013: assieme a un team di insegnanti, Luciana Pennino propone alle detenute del carcere femminile di Pozzuoli (casa circondariale tra le più conosciute in Italia, anche per ragioni come il sovraffollamento), di portare in scena, a teatro, la loro personale visione della gioia. La possibilità che anche e perfino nella detenzione, quelle piccole schegge di felicità possano prendere vita esattamente come le schegge di resina sintetica che, nelle sue collane, sembrano gocce di diamanti.
La possibilità che anche e perfino nella detenzione, quelle piccole schegge di felicità possano prendere vita esattamente come le schegge di resina sintetica che, nelle sue collane, sembrano gocce di diamanti.
Quest’anno, un progetto analogo Luciana lo ha intitolato “L’Araba Felice”, puntando su un gioco di parole che cerca già nelle pareti del carcere gli elementi di una riabilitazione, di una cultura del benessere che fuori, secondo lei, potrebbe cambiare la vita di queste donne.
Ma come vive oggi Luciana? Impossibile sradicarla dalla sua Napoli, dove svolge un lavoro di dipendente in ambito amministrativo, consentendo a se stessa una stabilità professionale (“e anche la soddisfazione di essermi adattata felicemente a un lavoro in cui ho dovuto imparare moltissime cose nuove”), e poi la dedizione a un mondo sempre più rigoglioso di creazioni artistiche.
La più recente è un romanzo, Primule fuori stagione, edito da Iuppiter Edizioni poche settimane fa. Una storia maturata nel suo cassetto proprio in quel complicato momento in cui perse il lavoro, e rispolverata, scritta e riscritta nel corso degli anni. “Un lavoro autobiografico ma che lascia tanto spazio alla fantasia.” Leggerezza e ironia, anche nel racconto e nell’esternazione di materia profonda, e, come Luciana, coltissima. Un lavoro che le somiglia tanto. “Vedi – conclude – attualmente sono single, seppure circondata da affetti e calore, e sebbene pensi che la mia felicità potrebbe essere ancora più completa con l’amore dell’uomo giusto accanto a me. La verità è che non ho messo al mondo figli, nella mia vita… ma ho partorito moltissime volte”.