Banchiere di provinciaNel Credito Cooperativo tiriamo una riga.

Eh già, è arrivato il momento di tirare una riga. Chi non lo fa? Siamo stati abituati fin da piccoli. C’è chi lo chiama esame di coscienza, chi invece fa riferimento ad un più banale bilancio. In o...

Eh già, è arrivato il momento di tirare una riga. Chi non lo fa? Siamo stati abituati fin da piccoli. C’è chi lo chiama esame di coscienza, chi invece fa riferimento ad un più banale bilancio. In ogni caso fa bene ogni tanto fermarsi e tirare una riga per capire dove si è arrivati e quale la miglior strada da percorrere per proseguire nel viaggio. E il fine anno è una di quelle tappe obbligate; uno di quei passaggi necessari a riprendere fiato e riflettere. E poi, devo dire, mai come quest’anno il materiale sul quale riflettere abbonda. Per carità, faccio il banchiere di provincia e, se parliamo di esame di coscienza ben poche vie d’uscita mi restano. Come scriveva bene lo storico Jacques LeGoffes: il purgatorio fu “inventato” nella seconda metà del XII secolo anche per offrire ai banchieri camuffati da cambia-valute una scappatoia dal fuoco eterno. Se parliamo di bilancio, invece, mi sento un po’ più a mio agio. Guardo al mio Credito Cooperativo che, al termine di quest’anno, ha vissuto mille traversie. Buriane e uragani non sono mancati e di tutti ho provato darne conto su queste pagine.

A fine anno non solo è utile ma doveroso tirare una riga. Ed è la riga che separa in modo netto il modello del Credito Cooperativo da tutto il resto. È un solco netto. Per quel che mi riguarda non ho dubbi: la mia Bcc in Iccrea continuerà a fare la Bcc.

E vorrei nel ricordo vivido di quest’anno focalizzarmi sui temi che mi hanno – ci hanno – appassionato di più: l’Italia delle Signorie e la concorrenza, a dir poco, sleale praticata dall’ “Innominato”. Parto da quest’ultimo, e mi pongo ancora oggi una domanda: il “ciclone tropicale” mediatico contro cui il Credito Cooperativo ha dovuto lottare quest’anno a muso duro, cui prodest ???(http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2017/06/24/aria-viziata-cui-prodest/25802/ ) Eh sì, perché mai come nel 2017 gli articoli anomali sulla qualità del Credito Cooperativo, in senso lato, si sono sprecati. C’è stato indubbiamente un atteggiamento alquanto vile: “Forte coi piccoli e debole coi forti”. Nell’affrontare la crisi bancaria “qualcuno” si è concentrato solamente su quelle definite “less significant”. Perché? La notizia c’era tutta. Ma resta la domanda sul perché i piccoli istituti di credito siano stati passati da “l’Innominato” al microscopio mentre, negli stessi articoli critici, quelli grandi siano passati quasi inosservati.

E ciò che non rientrava nei modelli applicati è stato tacciato come “anomalo”. Ma anomalo rispetto a cosa? Che il Credito Cooperativo abbia altri principi e altri valori non è notizia di oggi. Che sia un modello vincente, soprattutto in tempo di crisi, non sono di certo io l’unico a dirlo. E allora, torna la domanda: cui prodest?

Evidenti problemi di diottrie li hanno avuti anche – vi ricordate? (http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2017/06/10/quando-sale-in-cattedra-la-polvere/25759/) – due esimi professori: Roberto Ruozi, della Bocconi di Milano, di cui è stato anche rettore, e Rinaldo Sassi, dell’Ateneo di Parma i quali hanno utilizzato strumenti e misure delle multinazionali del credito per guardare al Credito Cooperativo. E ciò che non rientrava nei modelli applicati è stato tacciato come “anomalo”. Ma anomalo rispetto a cosa? Che il Credito Cooperativo abbia altri principi e altri valori non è notizia di oggi. Che sia un modello vincente, soprattutto in tempo di crisi, non sono di certo io l’unico a dirlo. E allora, torna la domanda: cui prodest? Nell’attesa di una risposta non ci resta che affidarci al celebre verso del sommo Poeta, “non ragioniam di lor, ma guarda e passa”.

Ora passiamo alle Signorie. In uno scenario già messo sotto stress, non è che il mondo del Credito Cooperativo si sia comportato con dignità. Davanti ad una autoriforma necessaria (anche perché imposta) cosa ha prevalso? Le Signorie.(http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2016/12/29/la-cooperazione-perisce-nellitalia-delle-signorie/24992/) I campanili e gli orticelli hanno avuto la meglio su quella soluzione unitaria che tanti (a parole tutti) auspicavano. Come scrissi, però, tutto questo, almeno, è servito per separare la pula dal grano, cioè le pseudo-cooperative dalle cooperative. Del resto la controprova è stato il riferimento a Deutsche Bank. Il mio essere basito (http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2017/09/30/dimmi-con-chi-vai-e-ti-diro-chi-sei/26086/) davanti a chi, pur fregiandosi del titolo di cooperativa, è andato a chiamare l’istituto che ha fatto della turbo finanza l’asset fondamentale del proprio agire (chissà che non sia citata nell’Occasional Paper sulle SSM Banks UE e i titoli tossici, pubblicato questa settimana da Bankitalia) aveva e ha un fondamento.

Ma l’Italia delle Signorie non ha sposato solo la pula, si è anche privata del patrimonio che è il tono muscolare di ogni Bcc per riversarlo in un Gruppo Bancario che in realtà è una start up.L’approdo finale? Udite udite: la quotazione in Borsa. Ma qua siamo oltre la pula … qui siamo nel campo degli OGM

Ma l’Italia delle Signorie non ha sposato solo la pula, si è anche privata del patrimonio che è il tono muscolare di ogni Bcc per riversarlo in un Gruppo Bancario che in realtà è una start up: riporto testualmente dal Sole24Ore: “… un versamento che non sarà indolore ed è destinato ad avere un peso sul futuro delle piccole banche”. L’approdo finale? Udite udite: la quotazione in Borsa. Ma qua siamo oltre la pula … qui siamo nel campo degli OGM. Mi sovviene Leone Ginzburg: “una delle cose che più mi addolora è la facilità con cui le persone intorno a me -e qualche volta io stesso- perdono il gusto dei problemi generali dinanzi al pericolo personale”. A fine anno non solo è utile ma doveroso tirare una riga. Ed è la riga che separa in modo netto il modello del Credito Cooperativo da tutto il resto. È un solco netto. Per quel che mi riguarda non ho dubbi: la mia Bcc in Iccrea continuerà a fare la Bcc. Dov’è la novità? Dov’è il titolone sui media?, mi chiederebbe qualche amico giornalista. Di fatto non c’è. Ma è proprio questo l’elemento che scardina. Il Credito Cooperativo, almeno in una sua parte, non cambia anche se ragiona in termini di Gruppo. Stiamo camminando verso la “Prima Banca Locale del Paese”.

Questo cambia sicuramente la prospettiva, ma nulla o poco nel prossimo futuro del lavoro mio e di tutti i miei collaboratori. Buon 2018.

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