Il caffè (s)corretto di Severino NappiVedi Napoli, e poi…

A Napoli, puntuale come il 2 novembre nella livella di Totò, c'è l'usanza di aprire un dibattito sulla classifica relativa alla qualità della vita in Italia stilata dal Sole 24 ore. Ogni anno Napol...

A Napoli, puntuale come il 2 novembre nella livella di Totò, c’è l’usanza di aprire un dibattito sulla classifica relativa alla qualità della vita in Italia stilata dal Sole 24 ore. Ogni anno Napoli sprofonda agli ultimi posti e puntualmente si aprono le iscrizioni all’una o all’altra corrente. Gli attori, l’un contro l’altro armati, si dividono essenzialmente in due categorie: gli assertori della pizza e del mandolino che negano con forza che a Napoli si viva male, e gli assertori di Gomorra che, fosse per loro, uscirebbero in tuta mimetica e giubbotto antiproiettile. Ebbene, secondo me come al solito esiste una via di mezzo, l’unica possibile per capire ed interpretare la nostra città. Napoli segue la banalissima logica di tutte le altre città italiane. E un concetto va chiarito una volta per tutte: una cosa sono le bellezze naturali, archeologiche, artistiche, paesaggistiche e culturali. Un’altra è la vivibilità che si traduce nei servizi che una città è capace di offrire ai propri cittadini. È innegabile che Napoli sia una delle città più belle del mondo, ma è altrettanto innegabile che sia una delle città in cui è più complesso vivere. Criminalità a parte, vivere a Napoli comporta in se’ una serie di limitazioni che spesso si accettano senza neanche rendersene conto. A Napoli, più che altrove, per esempio, si perde tempo in macchina fermi nel traffico, anche perché ormai i mezzi pubblici o o merce rara. Capita a Napoli che una donna, mamma, non abbia un asilo nido in cui lasciare il proprio figlio e quindi al lavoro non ci può andare. Sarebbe da miopi non vedere che Napoli, nel complesso, è ormai una città senza servizi di alcun genere. Dal welfare ai trasporti, passando per le infrastrutture, siamo all’anno zero. Per non parlare di sicurezza, ma avevo promesso di non parlare della criminalità che meriterebbe da sola un capitolo a parte. E, a mio avviso, la sfida della vivibilità di una città deve essere commisurata proprio sui servizi, non certo sulla struttura morfologica. La classifica va letta, accettata e commentata proprio su questo. Senza continuare a giocare sull’equivoco. La verità è che a Napoli siamo ben distanti dagli standard di vita di una normale città europea. Ci sono interi quartieri che ormai sono praticamente dei dormitori, senza negozi, senza attività commerciali o punti di ritrovo di nessun genere, senza una palestra, senza un ristorante. E per forza i giovani sono costretti a spostarsi al centro anche solo semplicemente per vedersi con gli amici. E con questo non intendo assecondare la stucchevole, quanto razzista, polemica su quanto sta accadendo in queste settimane nella movida al centro della città, alimentata da chi vuole scientemente nascondere che in realtà questa è una città fuori controllo senza guida e senza meta. C’è ancora chi vorrebbe parlare di città di serie A e di città di serie B? Qui a Napoli l’unica cosa da serie A e da parte alta della classifica è la squadra di calcio (per fortuna!). Il resto arranca ampiamente in zona retrocessione. E scegliere come guida un sindaco imbarazzante come de Magistris, e riconfermarlo per la seconda volta dopo cinque anni assoluti disastri, svela il vero masochismo di una Napoli che – nella migliore delle ipotesi – è assopita, assuefatta e stanca. Ripiegata su se stessa, che si affida alla sorte, al Masaniello di turno e si aggrappa alla pizza. Insomma, se non fossero passati ormai più di trent’anni, direi che siamo fermi al tempo di Così parlò Bellavista e di Maradona che coi suoi magici dribbling copriva ogni scempio. Mentre tutto il resto del mondo è andato avanti e soprattutto…ha scalato le classifiche!

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