Qualche giorno fa sono stato a casa dei miei. Vivono a Pico, il paese dove anche io sono nato. Pico, per la cronaca, è uno dei 100 borghi più belli d’Italia e si trova in Ciociaria.
Mentre ero lì, di sera, verso le undici mi arriva un messaggio di mio cugino. Mi chiede se ricordo quale secchio della spazzatura si debba lasciar fuori casa, in vista della raccolta porta a porta che da anni ormai viene svolta con successo. Gli rispondo che non lo so, ormai vivo a Roma da troppo tempo e non so proprio qual è il giorno della carta o della plastica o ancora, dell’umido.
A Roma anche si fa la differenziata! Ma pensare che chi abita la capitale nutra un sentimento di fiducia verso la virtuosità altrui è assai pretenzioso. Quindi, magari non sempre, ma di tanto in tanto se in mezzo alla carta ci buttiamo il vetro chiudiamo un occhio. E se in mezzo all’indifferenziato ci buttiamo i televisori o le pile e chiudiamo due. In fondo, perché essere virtuosi quando gli altri non lo sono? Sprechiamo tempo e sciupiamo la nostra buona volontà.
Del resto, chi dovrebbe garantire un buon servizio si nasconde spesso dietro l’alibi dell’innocenza. La nuova amministrazione se la prende con la precedente, la precedente organizza manifestazioni di nicchia per inscenare una protesta, e la pantomima si ripete così, nei secoli dei secoli.
Per spiegare meglio come i rifiuti, appartengano a tutti i colori politici, basta dire che lo stesso Partito Democratico, che a Roma grida all’emergenza rifiuti, è d’altro canto d’accordo a portare l’immondizia capitale in altri siti.
Tra i siti che subiscono questa violenza puzzona c’è anche la Ciociaria.
Lo scorso 28 giugno i sindaci del Frusinate avevano approvato la decisione di non accogliere più, a partire dal 31 dicembre 2017, i rifiuti provenienti da fuori provincia. Un provvedimento che, però, l’emergenza di Roma sta al momento rendendo inutile. Ieri sono stati concessi altri due mesi di proroga e i camion dell’Ama, di fatto non hanno mai smesso di arrivare a Colfelice, dove è situata la Saf, un impianto di TMB.
La Saf -si legge dal sito- sta per “Società Ambiente Frosinone, ed è composta dai Comuni della provincia di Frosinone più l’Amministrazione Provinciale: ciascuno in quote uguali a prescindere dalla popolazione. Il suo scopo non è quello di fare speculazione economica, ma ricevere rifiuti prodotti dai Comuni, recuperare le materie prime (carta, plastica, metalli ecc…) e lavorare ciò che rimane, trasformandolo in combustibile dal quale ricavare energia”.
Eppure a sentire Lucio Migliorelli (PD), presidente della società, non si capisce se è speculazione, ma di sicuro la questione è tutta sul piano economico, visto che secondo lui senza rifiuti da fuori provincia è impossibile pareggiare i costi e bisognerebbe scaricare tutto sulle tasse per i cittadini.
In pratica, dice, per far sì che i cittadini ciociari paghino meno tasse, prendiamo i rifiuti fuori provincia e ricaviamo utili dai rifiuti degli altri, che pagano e pagano anche con regolarità.
Insomma i ciociari dovrebbero anche ringraziare.
Probabilmente però c’è chi avrebbe pagato anche più tasse invece di veder passare pr tutto il giorno davanti la propria abitazione camion e camion pieni di immondizia provenienti da fuori. Persone come chi ebbe la sfortuna di essere proprietario di una casa che dista solo qualche metro da quelli che sarebbero stati, soltanto anni dopo, gli impianti non solo della Saf, ma anche della Mad, la discarica dei 91 comuni ciociari. Quelle persone vivono con finestre e porte sigillate, perché l’aria in certe ore del giorno è irrespirabile. Una puzza vomitevole, che riesce a propagarsi in molti paesi nella provincia di Frosinone. Qualche anno fa, ingenuamente, chiesi ad alcune di quelle persone: ma perché non vendete casa? E la risposta mi fece sentire uno stupido: ma chi vuoi che se la compri?
Gli ambientalisti sostengono che gli impianti riescono a supportare in maniera efficace la produzione di rifiuti dei comuni ciociari, coadiuvati -tra l’altro- da una buona raccolta differenziata a monte. Il problema-sostengono- è l’enorme quantità che arriva da fuori. Fino a pochi giorni fa, ad esempio, da Roma arrivavano a Colfelice 250 tonnellate al giorno.
Duecentocinquanta tonnellate di simboli: il simbolo della grande città che finisce per sopprimere, o quantomeno gravare, sulla provincia, il simbolo dell’incoerenza politica, così abile a dribblare le responsabilità, il simbolo dell’incapacità e dell’inefficieza di una capitale europea arretrata, ferma e rassegnata a lasciar correre problemi che non finiscono mai.
Un vecchio detto dice che i problemi sono di chi se li crea. A volte-come in questo caso- i problemi sono, purtroppo, di chi li subisce.