Il CorsivistaLa politica della concordia

Qualche anno fa ebbi l'occasione di intervistare il Senatore Gabriele Albertini. Discutemmo dei temi trattati in un suo libro e ricordo che verso la fine dell'incontro gli chiesi quale fosse, secon...

Qualche anno fa ebbi l’occasione di intervistare il Senatore Gabriele Albertini. Discutemmo dei temi trattati in un suo libro e ricordo che verso la fine dell’incontro gli chiesi quale fosse, secondo lui, la soluzione per riformare l’Italia.

Ci pensò due secondi e poi mi rispose che “nel nostro Paese c’è la necessità di una riforma della concordia. Bisogna riacquistare i valori di fraternità, di comprensione”- mi disse. “La Germania, continuò- è incappata in disastri che tutti conosciamo, ma allo stesso tempo è riuscita a volere un’egemonia fino a realizzare i più grandi successi economico-politici”.

Quella risposta, ad essere sincero, mi sembrò un condensato di frasi di circostanza, perché l’antitesi concettuale tra ciò che è politica e ciò che è concordia è così evidente, che a chiunque risulterebbe difficile immaginare una politica basata su quei valori.

Eppure, guardando alla stessa Germania presa ad esempio da Albertini, oggi si apprende che è stato siglato un patto per formare una Grande Coalizione, mirata alla creazione di un governo stabile e che quindi, con tutta probabilità sarà in grado di governare bene, nonostante le differenti correnti di pensiero.

Pensare che si realizzi uno scenario del genere in Italia è davvero improbabile. In un editoriale del 2006 Mario Monti si interrogava su come fosse possibile creare una forza politica solida, capace di fare le riforme e far progredire il Paese e che fosse capace, in virtù della sua forza, di contrastare le lobby.

Monti giungeva alla conclusione che da noi una grande coalizione non potrebbe funzionare perché l’Italia non è la Germania: “eccessiva è la denigrazione reciproca dei due poli (ora ce ne sono anche di più! n.d.a.), troppo eterogenei sono questi al loro interno, e poi mancano opinioni comuni su come affrontare le riforme”.

E a proposito di eterogeneità, la sinistra italiana ha molte colpe. Non è capace da troppo tempo di trovare una vera identità comune. Probabilmente in vista del 4 marzo si ricongiungerà per tentare di incassare un risultato competitivo contro lo spauracchio a due teste del Movimento 5 stelle e del ritorno di Berlusconi, ma sarà, eventualmente, un processo lento e che certamente non sarà alimentato dalla concordia, ma dalla volontà di ottenere un posto in Parlamento, da cui ci si lamenterà di un’Italia sempre più debole assoggettata ad una Germania che detta legge in Europa.

Fare politica in questo modo delegittima qualsiasi dispensazione di consigli elettorali. E così ogni invito a non farsi abbindolare da demagogia e populismo, perde di valore, entra da una parte dell’orecchio e esce dall’altro.

La politica della concordia in Italia al momento non è pervenuta. Al massimo possiamo aspirare agli esempi di un’altra Concordia, quella di Schettino, simbolo di una fragilità totale e della totale assenza di responsabilità.

Albertini aveva ragione, ma non è ancora arrivato il momento.

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