Sono passati poco più di quattro anni eppure ci ricordiamo dell’rrituale tweet – scritto ancora nel backstage del palazzo del Quirinale – con il quale Matteo Renzi (al grido sussurato di “arrivo, arrivo!) annunicava via social la nascita del suo governo. Ebbene, Luigi Di Maio non poteva che superare il suo avversario eliminando in qualche modo persino questo step annunciando il suo governo (potenziale) prima ancora di salire al colle. Praticamente un capolavoro della decostruzione rituale della politica così come l’abbiamo conosciuta finora, il fendente alla prassi consolidata, un colpo di grazia che il candidato premier grillino definisce clamorosamente come “garbo” istituzionale.
https://twitter.com/matteorenzi/status/436919907989868544?ref_src=twsrc%5Etfw
C’è da chiedersi quale sia l’area semantica dentro la quale il candidato del movimento cinque stelle traduce il termine cortesia considerato che si declina per un verso in una mail al presidente Sergio Mattarella e per l’altro lanciando il cast-ministri a puntate lungo i palinsesti televisivi.
Strepitosa la battuta sentita oggi in edicola da un cittadino “per il Movimento cinquestelle è sembrato come il proverbio “Parlare a nuora, perché suocera intenda… nel senso che per i grillini i giochi sono fatti e il Quirinale è (e sarà) obbligato al risultato elettorale senza margini di manovra e di meditazione visti i numeri che si prefigurano.
E questo sarebbe garbo ? Se la Milly Carlucci lo ha fatto per il prossimo Ballando con le stelle diciamo che ci sta; ma l’esecutivo prima del legislativo, ovvero il governo pentastellato che si presenta come un reality qualsiasi prima delle urne (e dei risultati) ancora non si era visto sotto il cielo plumbeo dell’attuale politica.
https://twitter.com/luigidimaio/status/968565819499274240?ref_src=twsrc%5Etfw
Questa surrealtà di una terza repubblica senza una grammatica e una sintassi comincia davvero ad inquietare per mancanza di ritualità e di contenuti: già abbiamo assistito ad una campagna elettorale che definire mediocre è un eufemismo o se volete una concessione di clemenza lessicale. Giustamente è stato scritto – neppure giorni fa – che dopo un primo tempo fatto di mirabolanti promesse proferite sfacciatamente anche se non realizzabili, la ripresa del match si è lasciata imprigionare dalla cronaca e giù via di neofascismi contro i centri-socialismi con le relative pseudo equazioni di basso profilo. Per questi motivi l’informazione è riuscita a fatica nel dettare l’agenda dei temi, a fare le pulci ed essere una spina del fianco dei contendenti. Una spossatezza aggravata sopratutto da una legge elettorale (bruttissima) che possiede un cuore vero proporzionale ma si propone con una maschera di maggioritario e illude intrinsecamente gli elettori che si vota in ordine alla governabilità quando alla lunga non è così.
Tutti motivi che giustificano l’opportunismo dei leader ad evitare i confronti televisivi in quanto l’attuale “sistema” non ha il coraggio di proporre un progetto di governo concreto. E in mancanza di una bussola si va in ordine sparso sparando e sparigliando tutto. Da qui quindi la disinvoltura con cui i cinquestelle scrivono mail con liste di ministri (strano non ci siano i sottosegretari) e parlano di redditi di cittadinanza come se piovessero polpette d’oro dal cielo senza pensare al debito pubblico; così come nel centrodestra dal 5 marzo pagheremo meno tasse senza pensare ai servizi erogati dalla fiscalità e in barba alla questione giovanile chi può avrà pensioni fino a 2000 euro. E nel PD si torna tardivamente al realismo attingendo al pantheon delle origini e allo stile sobrio di Gentiloni per non rischiare di fare peggio di cinque anni fa.
Insomma è un gioco a rompere. E poi ti chiedi perchè ci siamo rotti gli “schemi”…