Trasparenza e Merito. L'università che vogliamoDal sottosuolo del mondo accademico prende forma una nuova tensione morale e una forte richiesta di giustizia sul sistema di reclutamento universitario. Riflessioni a margine del primo convegno degli iscritti di TraMe

Inizialmente eravamo totalmente da soli, ognuno con sé stesso, dentro la sua incredibile vicenda. Poi, quando è nata l'associazione il 10 novembre, eravamo in pochi, per l'esattezza in 11. E già ci...

Inizialmente eravamo totalmente da soli, ognuno con sé stesso, dentro la sua incredibile vicenda. Poi, quando è nata l’associazione il 10 novembre, eravamo in pochi, per l’esattezza in 11. E già ci sentivamo meno soli. Alcuni dei nostri casi eclatanti sono andati sui giornali e in tv, sono stati fatti appelli alle istituzioni affinché fossero censurate, quanto meno sul piano dell’etica pubblica, comportamenti palesemente irregolari nell’ambito dello svolgimento di alcuni concorsi universitari. Adesso che sono trascorsi circa 3 mesi dalla nascita di TraMe – Trasparenza e merito. L’università che vogliamo, (www.trasparenzaemerito.org) abbiamo deciso di fare il punto , il 24 febbraio, con il primo convegno degli iscritti, intitolato “Raccontateci la vostra storia”. Non ci crederete, ma da 11 siamo già diventati ben 130, tra docenti ordinari, associati, ricercatori strutturati e non, giovani studiosi precari, provenienti da quasi tutti gli atenei italiani e da tantissimi e diversi settori scientifico-disciplinari. 830 sostenitori attivi in rete che condividono, appoggiano e sostengono l’associazione. Un pool di avvocati e giuristi che già seguono e che seguiranno sempre nuovi casi. 5700 firme per la petizione per un reclutamento universitario più giusto da portare al Presidente della Repubblica. Abbiamo registrato l’associazione e aperto un conto corrente (che presto renderemo noto sul nostro sito e sulla pagina facebook) in modo, per chi volesse, da poter ricevere donazioni volontarie finalizzate alla causa comune (con il crowfunding), secondo le finalità dello statuto. Ai casi mio, di Giuliano, Pierpaolo, Filippo, Adamo Domenico, Pierluigi, Cecilia, Antonella, Paolo si sono aggiunti ora quelli di Annamaria, Nuccio, Agnese, Beniamino, Luigi, Saverio, Marco, Alice, John, Marco, Riccardo, Antonio e tanti altri.

Durante il corso del convegno abbiamo ascoltato tanti casi, sempre più diffusi, di irregolarità a vario livello – sui concorsi locali, sull’Asn – denunciati con ricorsi alla giustizia amministrativa ed esposti in tribunale. Avevo preparato per l’occasione un intervento da fare, ma visto che il mio caso è ormai fin troppo noto, ho preferito dare spazio agli altri, ai nuovi arrivati. E’ in questo gesto, credo, lo spirito stesso dell’associazione: solo dall’unione delle energie, dalla coralità di azione, e mai dalla singola individualità dei casi, può scaturire quella forza dirompente per mettere in discussione l’attuale sistema di reclutamento.

Al convegno abbiamo sentito raccontate storie di isolamento, ritorsioni, mobbing. Molte e variegate sono state le tipologie di abusi e irregolarità portate all’attenzione dell’associazione: 1) il cosiddetto bando “sartoriale” o “fotografia” costruito ad hoc dalla commissione per il vincitore predestinato si ripropone nel 75% circa dei casi segnalati; 2) il “conflitto di interessi” tra candidato e commissari (dovuto, ad esempio, a pubblicazioni in comune valutate o sopravvalutate) è presente nel 45% circa dei casi; 3) la commissione (anche più di una) che riconferma i punteggi irregolari e non tiene conto delle sentenze dei giudici che in precedenza hanno accolto ricorsi, avviene in circa il 35% dei casi; 4) le denuncia penale, a seguito di procedimenti amministrativi già attivati, è presente nel 25% dei casi; 5) l’autocertificazione falsa da parte di candidati (sia per concorsi locali, sia per ASN “pilotata”) presa per buona dalla commissione, avviene in circa il 20% dei casi segnalati; 6) l’esclusione arbitraria da bandi di concorso avviene per circa il 10% dei casi.

Tutti questi aspetti evidenziano, in buona sostanza, due cose: la mancanza di merito e trasparenza nella valutazione da parte di molte commissioni di concorso e, in alcuni casi estremi, perfino il non rispetto della legalità da parte degli atenei nell’esecuzione delle sentenze dei giudici. E’ stata poi posta, dal palco al pubblico dei tanti iscritti giunti a Roma per l’evento da ogni parte d’Italia (dal Milano alla Sicilia, passando per la Sardegna), una domanda assolutamente retorica: chi mai può interferire all’interno del santuario del sapere per eccellenza ovvero gli atenei? Da sempre, infatti, le università godono, sostanzialmente, di una autonomia pressoché totale (aumentata ancor più con la riforma Gelmini): ragion per cui le varie commissioni, fiancheggiate dai dipartimenti e dagli atenei che bandiscono i concorsi, se pure richiamate alle regole dalla giustizia amministrativa, letteralmente se ne infischiano e riescono perfino ad evitare di eseguire le sentenze definitive della magistratura. La realtà, infatti, è che in Italia esistono zone assolutamente franche, come le università, in cui, in certi casi, vengono sospese le norme giuridiche, le leggi morali e persino le regole del buon senso.

Ma da quando è nata l’associazione TraMe questi comportamenti non saranno più tollerati, nel senso che non passeranno più sotto silenzio, non rimarranno nell’indifferenza generale e nel silenzio del mondo accademico. Non più. L’associazione ha iniziato e proseguirà, sempre con maggiore forza e decisione, ad intervenire ad “adiuvandum” nei processi amministrativi pendenti dei casi più eclatanti dei suoi iscritti, a pubblicare “ex post” sul sito casi di bandi sartoriali (vietati dalla legge) e a segnalare, costringendo a fare lo stesso , nei siti istituzionali degli atenei, tutte le deliberazioni dei consigli dei dipartimenti, agendo con segnalazioni alle procure qualora questo non dovesse avvenire.

Detto questo, vorrei fare due riflessioni a margine dei tanti interessanti interventi del convegno.

La prima. Storie di così tante gravi irregolarità, tutte insieme, balzano agli occhi in modo davvero eclatante e non dovrebbero lasciare nessuno indifferente, a partire dalle istituzioni e dalle autorità preposte ai controlli del caso. A differenza infatti di altri casi, le irregolarità perpetrate da docenti universitari colpiscono particolarmente perché laddove più alta e delicata è la funzione istruttiva svolta, maggiori dovrebbero essere le aspettative di moralità e di giustizia. Che siano poi addirittura gli atenei a calpestare perfino le regole stesse e le sentenze della magistratura, con atteggiamenti elusivi, deve indignare più di ben altra comune scorrettezza.

La seconda. Denunciare un concorso universitario è una scelta difficilissima da compiere quando si è da soli, come sa ognuno di coloro che ha parlato al convegno. Si rimane isolati, emarginati, si pagano le conseguenze in termini materiali, psicologici, economici, sociali. Eppure è l’unica via possibile e utile alla collettività per poter cambiare le cose nei sistemi di reclutamento, visto che il mondo accademico, nella sua maggior parte, ha dimostrato di non riuscire da solo ad autoriformarsi e ad autoregolamentarsi, in modo particolare, in tema di reclutamento e modalità di selezione.

Ciò deve avvenire nell’interesse dell’Università stessa, quella buona, quella che noi vogliamo. Quando non si è più da soli, ma si è in tanti, come si è visto all’incontro del 24 febbraio a Roma, allora quella scelta può diventare non soltanto coraggiosa, ma anche dirompente e decisiva. Noi l’abbiamo fatta, portata avanti, perseguita con tenacia e costanza, con coraggio credo, e spirito di sacrificio. Ci stiamo coordinando e stiamo iniziando a collaborare anche con l’ “Osservatorio indipendente dei concorsi universitari”.

Si tratta adesso di proseguire, tutti insieme, in numero sempre maggiore, coinvolgendo sempre più colleghi, personalità del mondo accademico, del mondo della cultura, associazioni e quelle forze politiche che hanno colto il senso di questa importantissima battaglia. Per essere credibili agli occhi dell’opinione pubblica, prima di chiedere un aumento dei sempre minori fondi per ricerca e università, occorre rendere assolutamente trasparenti, limpide, cristalline le modalità di selezione dei docenti e dei ricercatori. Altrimenti non si è credibili. Se dovesse servire , oltre alle denunce alla magistratura, si possono ipotizzare ulteriori passi, in alcuni casi più eclatanti, fino a portarli all’attenzione , se necessario, della Corte europea dei diritti del ricercatore. Affinché la tensione morale e di giustizia che proviene da una parte del mondo accademico (ben rappresentata dai fondatori, dagli associati e dagli iscritti dell’associazione, ma non solo), abbia la meglio sulle pulsioni di irregolarità, favoritismi, abusi a scopi personali con risorse pubbliche, che si perpetrano nell’indifferenza e nel silenzio generale. Ma per far ciò c’è bisogno di un gruppo sempre più forte e coeso, veramente deciso a cambiare le cose nel reclutamento universitario del nostro paese. In pratica, c’è bisogno di tutti voi.

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