From Paris with blogAnche Macron dichiara guerra ai “fannulloni”

Gennaio 2016: “La vita di un imprenditore è molto spesso più dura di quella di un dipendente”; maggio 2016, rispondendo a due uomini in maglietta: “Il modo migliore per pagarsi una giacca è lavorar...

Gennaio 2016: “La vita di un imprenditore è molto spesso più dura di quella di un dipendente”; maggio 2016, rispondendo a due uomini in maglietta: “Il modo migliore per pagarsi una giacca è lavorare”; luglio 2017: “Una stazione è un luogo in cui si incontrano le persone che ce l’hanno fatta e quelli che non sono nessuno”; settembre 2017: “Sarò di una determinazione assoluta e non concederò mai nulla né ai fannulloni, né ai cinici, né agli estremisti”.

Ma chi è? Brunetta? La Fornero? L’ex ministro Poletti? No. È il Presidente francese Emmanuel Macron, uno che – al contrario vostro – ce l’ha fatta e che i poveracci, a quanto pare, proprio non li può vedere.

In queste ore, l’enfant prodige della politica francese, coerente da sempre con se stesso – è il minimo che si possa dire -, sta studiando con padronato e sindacati un piano di attacco per “controllare i disoccupati”. Avete capito bene: non per fare in modo che ce ne siano sempre meno, ma per impedire a quelli che ci sono di sottrarre il loro (meritato) sussidio di disoccupazione alle casse dello Stato stando lì a girarsi i pollici invece di accettare la prima proposta di lavoro che gli viene fatta dalle agenzie di collocamento (i cosiddetti “Pôle emploi”).

Per il Presidente è una battaglia sacrosanta. Stando ai calcoli del Governo, infatti, le frodi di chi riceve un sussidio di disoccupazione costerebbero allo Stato 40 milioni di euro all’anno, non è quindi uno scandalo che si cominci da loro e non dalle frodi fiscali, le cui stime sarebbero – chissà perché – troppo fumose: dai 20 agli 80 miliardi. D’altronde, sostiene Macron, nei Paesi scandinavi – che siano benedetti i Paesi scandinavi! – hanno messo in atto già da tempo l’obbligo per i disoccupati di accettare i posti di lavoro proposti dalle agenzie. Un’iniziativa talmente tanto umana e democratica che sarebbe un delitto non applicarla anche qui da noi, in Terronia. Come tutti sappiamo, tra l’altro, è da sempre buona abitudine confrontare un Paese di 66 milioni di abitanti come la Francia con uno di 9 milioni come la Svezia, dove da qualche anno, tra l’altro, le disuguaglianze sociali sono direttamente proporzionali alla crescita economica del Paese. Ma se proprio vogliamo farlo, perché non si parla mai dei ministri svedesi che danno le dimissioni per un bicchiere di troppo? En passant, ne approfittiamo per ricordare a Sua Maestà che uno dei suoi ministri è stato da poco accusato di stupro e aggressione sessuale. Facciamo come i Paesi scandinavi anche in questo caso oppure no?

Insomma, se sei un ingegnere di più di 50 anni e hai perso il lavoro perché l’azienda in cui lavoravi ha fallito o ha delocalizzato e tu non hai voluto abbandonare la tua famiglia, non puoi permetterti di rifiutare un posto di lavapiatti nel retrobottega di un ristorante cinese. L’umiltà prima di tutto. Umiltà e olio di gomito. È così che Sua Maestà Macron è diventato il numero uno.

Ma ora torniamo al mondo reale. Alla fine del 2016 i controllori di Pôle emploi hanno analizzato circa 270mila dossier. L’86% dei disoccupati appartenenti a quel campione risultava soddisfare i criteri previsti di ricerca attiva di lavoro. Il restante 14%, invece, raggruppava casi di diversa natura: quelli che erano scoraggiati dai tanti rifiuti, quelli in attesa di lavori più stabili o più idonei alle loro competenze o quelli che – una minoranza – uscendo da un lavoro precario, usurante e malpagato, scelgono di approfittare del sussidio per tirare il fiato o per occuparsi di progetti personali più interessanti. Infine, ci sono quelli che fanno finta di essere disoccupati e lavorano in nero: una piccola, piccolissima parte di quel 14% che, invece, viene presa per il tutto.

Quella di Macron e della classe dirigente che lo affianca, dunque, è una scelta politica facile, con la quale ci si illude di giustificare le crescenti disuguaglianze sociali cedendo all’inopportuno razzismo di classe tipico di chi, per dirla con il sociologo Norbert Elias, considera se stesso e quelli del proprio gruppo come i migliori e tutti gli altri come i peggiori, perdendo di vista le sfumature e rinunciando sistematicamente a mettersi in discussione.

“Voglio rivolgermi a tutti i cittadini francesi, desidero diventare il vostro presidente, il presidente di tutto il popolo di Francia”, aveva detto Sua Maestà subito dopo l’ultimo e decisivo faccia a faccia con Marine Le Pen. Un semplice momento di debolezza, probabilmente, alla vigilia dell’incoronazione.