Senza quote rosaQuell’Artemisia che vive e parte dal Sud

Questa non è la storia di una donna soltanto. È la vicenda di un nome, di tutto quello che lo circonda e lo riempie, come accade per l’identità di ciascuno di noi: specialmente quelli che, fra noi...

Questa non è la storia di una donna soltanto.

È la vicenda di un nome, di tutto quello che lo circonda e lo riempie, come accade per l’identità di ciascuno di noi: specialmente quelli che, fra noi, lasciano nella Storia un alone così importante che la sua, di storia personale, si reincarna milioni di volte.

Artemisia Gentileschi non è un nome qualsiasi, e i fiumi di retorica profusi sulle sue vicissitidini personali, oltre che sulla sua arte, non sono il centro del nostro interesse. Ma ricapitoliamo: talentuosa, originalissima pittrice del diciassettesimo secolo, Artemisia fu violentata dal pittore Agostino Sassi. E in tempi di sensibilizzazione all’importanza delle denunce, a seguito di episodi di violenza, forse val la pena ricordare che quelli, di tempi, non vedevano questo genere di denunce come la prassi, la routine, la normalità. Di denunce di stupri, all’epoca, probabilmente non ce n’erano mai. Basti rammentare che la pittrice fu sottoposta in tribunale allo schiacciamento dei pollici per dimostrare l’attendibilità delle sue accuse.

La denuncia, la fiducia in qualcuno e qualcosa che, dopo un’aggressione fisica, possano riconsegnare una donna alla libertà. Secondo un rapporto Eures, una donna su due tra quelle uccise da mano maschile nel 2017, in effetti aveva denunciato. Eppure i femminicidi dello scorso anno risultano 114, cioè oltre uno ogni tre giorni. Ma Artemisia rivive, caparbia e fiera della verità, nelle ragazze che, come lei, provano a dipingere la tela del loro futuro proprio chiedendo aiuto, esponendosi come fece lei, nel peggiore dei tempi possibili. Artemisia Gentileschi è il nome di un’associazione a favore delle vittime di violenza, nata dalla tenacia di un giovane avvocato (Rosangela Cassano) e di una psicoterapeuta (Simona Nigro).

E quel che ha in comune una simile associazione (che, come spesso ha chiarito la presidente Rosangela Cassano, offre supporto psicologico e legale anche alle primissime avvisaglie di una relazione pericolosa) condivide con la coraggiosa Artemisia, è anche la peculiarità, la controversia, la cultura non ancora così preparata e avvezza alla rottura di certi silenzi

E quel che ha in comune una simile associazione (che, come spesso ha chiarito la presidente Rosangela Cassano, offre supporto psicologico e legale anche alle primissime avvisaglie di una relazione pericolosa) con la coraggiosa Artemisia, è anche la peculiarità, la controversia, la cultura non ancora così preparata e avvezza alla rottura di certi silenzi: il cuore della Calabria. Perché è qui, in una cittadina sul mare (Paola, sulla costa tirrenica cosentina), che nasce questo punto di riferimento unico nel suo genere. E a dir poco raro in tutto il Sud. Con le testimonianze di Vera Squatrito (madre “orfana” di Giordana Di Stefano, vittima a vent’anni di femminicidio), di Giovanna Zizzo, che ha perso una delle sue figlie per mano dell’ex marito (padre della ragazzina), proprio come quanto accaduto in questi giorni a Cisterna di Latina, l’Artemisia Gentileschi di Paola è un’associazione viva, proattiva, adesso pronta a divulgare la disponibilità di una casa di fuga sicura e segreta per quelle donne che, aggredite, terrorizzate, sole, non hanno un posto nel quale vivere. O forse rinascere. Progetto, quest’ultimo, che sarà presentato il prossimo 7 marzo, in un convegno nel Cosentino al quale parteciperà Filomena Lamberti, sfigurata con l’acido dall’ex marito.

Si parte da un territorio difficilissimo – lo ripetiamo – ma si punta a diventare un riferimento nazionale. “A cominciare da un possibile stand nella Capitale, per esempio”, spiega Cassano. Una lotta all’omertà che, collaudata proprio in psicologie sociali come quella del profondo Sud, può essere quanto mai esemplare per estendersi al Paese intero.

Il prossimo appuntamento, in particolare, s’intitola “Lo spazio bianco”, e sarà una discussione a più voci (istituzioni, testimonianze di cronisti, medici, legali, e, appunto, vittime di violenza) su cosa accade alla media delle donne che subiscono un’aggressione, subito dopo l’aggressione stessa. “È quello il momento in cui tutto può accadere – commenta Cassano – . Il momento in cui, statisticamente, risulta più frequente il pericolo di un femminicidio. Ma cosa può fare una donna per mettersi in salvo, in quel momento? Come si può colmare questo ‘spazio bianco’?”.

Forse, proprio coi pennelli e col coraggio di Artemisia.

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