E’ la Russia a bandire l’export agroalimentare italiano, non l’Europa

La precisazione a molti risulterà inutile. Ma quando ieri mi sono sentito dire: "Maledetta l'Europa che vieta l'export agroalimentare verso la Russia", ho pensato che si tratti di precisazione dove...

La precisazione a molti risulterà inutile. Ma quando ieri mi sono sentito dire: “Maledetta l’Europa che vieta l’export agroalimentare verso la Russia”, ho pensato che si tratti di precisazione doverosa.

Bene: non è l’Europa a vietare l’export agroalimentare verso la Russia. E’ la Russia a metterlo al bando.

La sequenza degli eventi è nota:

– il 21 novembre 2013 l’annuncio del congelamento della firma dell’accordo di associazione con l’UE da parte del Presidente filorusso Janukovic innesca un’ondata di proteste che il 22 febbraio 2014 porta il Parlamento ad approvare l’impeachment del presidente;

– a sostegno di Janukovic insorge la Crimea, al tempo regione ucraina russofila e il governo locale coglie l’occasione per indire un referendum per staccarsi da Kiev;

– nel frattempo Mosca, che non riconosce il nuovo esecutivo europeista dell’Ucraina, invia forze armate e mezzi blindati a presidiare le principali città della Crimea; il governo di Kiev denuncia l’invasione e si apre la crisi ufficiale;

– il referendum del 18 marzo 2014 (quello con i soldati russi per le strade) sancisce con maggioranza bulgara il distacco della Crimea da Kiev e la Federazione russa procede all’incorporazione della penisola;

– seguono le sanzioni europee, che dapprima colpiscono i beni di una serie di persone direttamente coinvolte nello scoppio della crisi e poi limitano gli scambi economici con la Russia in settori militarmente sensibili (divieto di esportazione e di importazione di armi; divieto di esportazione di beni comunque impiegabili per scopi militari o da parte di utilizzatori finali militari in Russia); a queste si aggiungono restrizioni rispetto a determinati servizi e tecnologie che possono essere utilizzati per la produzione e la prospezione del petrolio e limitazioni dell’accesso ai mercati dei capitali dell’UE per talune banche e società russe.

Nessun divieto per le imprese commerciali europee, tanto meno per le PMI o le imprese agricole.

E’ Putin che, come forma di ritorsione, colpisce le imprese europee dell’agroalimentare.

Il 6 agosto 2014 emana il Decreto presidenziale (Ukaz) n. 560 “Sull’applicazione di singole misure economiche speciali atte a garantire la sicurezza della Federazione Russa” introducendo il divieto di importare in Russia alcune categorie di alimenti.

Il giorno seguente il Governo della Federazione Russa emana il Decreto “Sui provvedimenti di attuazione del Decreto del Presidente della Federazione Russa del 6 agosto 2014 n. 560” n. 778 del 7 agosto 2014, con il quale viene formalizzato il divieto di importare nella Federazione Russa determinati prodotti agricoli, materie prime e prodotti alimentari, tra i quali figurano carni bovine e suine, pollame, pesce, formaggi e latticini, frutta e verdura prodotte (come attestato dal certificato di origine della merce) dagli Stati Uniti d’America, dai paesi dell’Unione europea, dal Canada, dall’Australia e dalla Norvegia.

Giudicate voi se il bando russo all’agroalimentare (che colpisce direttamente i lavoratori e le PMI europee) sia giustificabile in considerazione del bando europeo sul settore militare e su altri settori macroeconomicamente più sensibili (bando, questo, che colpisce l’apparato pubblico russo e le imprese degli oligarchi).

Dovremmo forse piegarci?

Lo chiedo ai nazionalisti.

Piero Cecchinato

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