Hanno suscitato un certo scalpore, qualche giorno fa, le dichiarazioni di Maria Elisabetta Alberti Casellati, riguardo il femminile di alcuni termini professionali: «Non c’è bisogno di mettere un articolo o vocaboli cacofonici come “ministra”» ha affermato la seconda carica dello Stato, «mi sembrano battaglie veterocomuniste». La questione era già stata affrontata dall’esponente di Forza Italia e riportata da Libero che utilizzava, e non a caso, parole poco gentili nei confronti dell’ex presidente della Camera, che ha fatto dell’eguaglianza (anche) formale tra uomini e donne un elemento di punta della sua azione politica: «La Casellati polverizza Laura Boldrini: “Presidentessa? Per favore…”» titolava il quotidiano, il 27 marzo scorso.
Ho già trattato di questo tema, qualche tempo fa, e credo sia utile tornarvi adesso. Anche perché ciò che per Casellati è vezzo ideologico, altro non è che stretta – e, per dirla tutta, anche abbastanza semplice – osservanza delle regole grammaticali di base: quelle che si imparano alle elementari, per capirsi. E che forse sarebbe bene che qualcuno/a facesse ripassare sia ai vertici di Palazzo Madama, sia alla redazione del giornale diretto da Vittorio Feltri. Non si vorrebbe che un domani dai banchi della presidenza del Senato (e col supporto di certa stampa) si bollasse come castrista la consecutio temporum, maoista il congiuntivo accompagnato dal “se” e più genericamente bolscevichi altri fatti eminentemente linguistici, che nulla c’entrano con la falce e martello.
Concludo riprendendo il discorso sulla scomposizione della materia in intime particelle, anche quelle che si depositano sui mobili se non si ha la cura di pulirli spesso, e ritornando sul titolo e il contenuto di Libero, che dichiarava trionfante: «La declinazione al femminile tanto cara a Laura Boldrini […] può tranquillamente andare in panchina». Boldrini, tuttavia, sui social ha tenuto a precisare quanto segue: «Non ho mai chiesto di essere chiamata “Presidenta” né “Presidentessa”, ma la Presidente, come peraltro stabilito dall’ @AccademiaCrusca. Per il vostro giornale, invece, non riesco a trovare appellativi, nè al maschile nè al femminile. #Credibilitàzero». Genere al genere e polvere alla polvere, insomma: l’unico commento possibile a tutta questa vicenda.