Il presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker mi ricorda quegli studenti “affannati” che arrivano sempre in ritardo a scuola anche quando in certi giorni di calendario si entra a lezione più tardi. Insomma, se la campanella si sposta in avanti il simpaticone ritardatario sposta il suo ritardo per coerenza con il proprio modo di essere. Sono persone a cui voler bene e magari far entrare a lezione ma due righe di ammonizione sul diario possono essere scritte a beneficio di chi si mette in sintonia con i propri impegni.
Questa sorta di “a-sincronia” dei pensieri del presidente Juncker raggiunge spesso livelli surreali e a tratti anche involontariamente comici.
https://twitter.com/EmmanuelMacron/status/986186207511138304?ref_src=twsrc%5Etfw
Leggendole ultime da Bruxelles sono rimasto – per usare un eufemismo – abbastanza perplesso: per la cronaca il presidente francese Emmanuel Macron ha tenuto un discorso alto e non privo di abrasivo realismo rispetto allo stato delle cose nel continente.
«Appartengo a una generazione – ha affermato Macron – che non ha conosciuto la guerra, a una generazione che si sta permettendo il lusso di dimenticare: ma io non voglio appartenere a una generazione di sonnambuli che ha dimenticato il proprio passato e non vede i tormenti del proprio presente». E l’Europa dei tormenti, vista con gli occhi del capo di stato francese, deve ritrovare lo spirito delle radici e farli crescere nel concreto delle politiche continentali (riforma dei trattati di Dublino, questione epocale dei migranti ma anche riforma eurozona, consultazione dei cittadini) ribaltando lo schema dei populismi a favore invece dei popoli dell’unione, per «reinventare» positivamente e qualitativamente il concetto di sovranità Ue: sicurezza e difesa, sfida climatica e ai giganti del web, salute alimentare e dimensione sociale dei problemi.
Macron ha perciò detto molte cose più che condivisibili e ti aspetteresti il plauso di chi conta.
E invece Juncker che fa? Dapprima parla di una nuova Francia e poi (ecco il momento a-sincrono) da la sua stoccata stoccatta precisando che la Ue è a 28 e non una diarchia Francia-Germania. Come a dire una cosa vera ma nel momento sbagliato. Ma – mi domando sommessamente – cosa c’entra con quanto detto a Bruxelles da Macron? Su quali basi la risposta piccata? E poi – già che ci siamo – tutto questo senso della comunità europea, Juncker quando mai l’ha messo in campo, specie nella questione migranti avendo lasciato la pecorella smarrita Italia per stare con le altre 27 pecore al sicuro nell’ovile? In quali occasioni nel concreto Juncker ha dato prova di fare terzo “incomodo” nell’asse franco tedesco per europeizzare tutti i dossier più importanti? A quando l’allineamento tra pensiero e azione nella commissione europea nel merito reale delle questioni?
Quella di Juncker è stata – a mio avviso – l’ennesima occasione per arrivare in orario al suono della campanella. E nel frattempo il prof Macron ha ha già chiamato l’appello… Dai su, scriviamo l’ammonizione sul diario.